Il Senato pakistano si divide sulla sentenza ad Asia Bibi
Un dibattito al Senato sul caso di Asia Bibi evidenzia la violenza dello scontro politico in atto in Pakistan. In aula si chiede conto di eventuali ingerenze occidentali
Il ministro federale per gli Affari religiosi e l’armonia interreligiosa del Pakistan, Noorul Haq Qadri, parlando con i giornalisti il 6 novembre ha detto che sarà la corte a decidere se il nome di Asia Bibi deve essere inserito nella lista delle persone non autorizzate a lasciare il paese come richiesto dal querelante nel caso di blasfemia a carico di Asia, l’imam Qari Muhammad Saalam autore inoltre di una petizione contro la sentenza di assoluzione della Corte Suprema alla quale il governo pakistano si è impegnato a non opporsi. L’accordo tra il governo e il Tlp, il principale partito islamista del paese, ha messo fine alle violente proteste che per tre giorni hanno quasi bloccato la vita delle principali città costringendo i cristiani a restare in casa e le forze di sicurezza a presidiare chiese e altri edifici religiosi. “Difendiamo l’accordo e agiremo di conseguenza” ha detto il ministro Qadri, spiegando che il ruolo dello stato e del governo è come quella di una madre e che la prima responsabilità del governo è riportare la pace. Il ministro inoltre ha detto che il governo sta elaborando strategie da adottare nel caso che si verifichino situazioni analoghe in futuro. Infine, alla domanda se il governo intende bandire il Tlp ha risposto che non esistono procedimenti in tal senso. Nel frattempo al Senato era in corso un acceso dibattito sulla vicenda. Il partito all’opposizione Ppp, Pakistan Peoples Party, ha deplorato che la Costituzione e lo stato siano stati infangati e ha rimproverato il governo accusandolo di essere “solo parole e niente azione”. “Lo stato deve proteggere i giudici, giuste o sbagliate che siano le loro sentenze li deve sostenere – ha detto il senatore Sherry Rehman – chi si è apertamente ribellato contro la legge e contro la Costituzione ne deve rispodere. Questo è un momento difficile per il Pakistan, il governo non deve tentare di aggirare il parlamento”. Di diverso avviso si è detto il partito Jamiat Ulema-i-Islam-Fazl che ha definito la sentenza della Corte Suprema “la morte della giustizia”. Il partito ha partecipato alle manifestazioni per chiedere che la condanna a morte di Asia Bibi venga eseguita malgrado che la Corte Suprema abbia giudicato palesemente inconsistenti le dichiarazioni dei testimoni a carico di Asia Bibi e abbia criticato altri aspetti del caso. “Vogliamo sapere – ha detto il senatore Maulana Abdul Ghafoor Haideri – se gli Stati Uniti o l’Occidente hanno interferito nel procedimento giudiziario. Che cosa ha indotto la Corte Suprema a impiegare così tanto tempo per decidere? Il presidente della Corte Suprema dice di amare il Santo Profeta, la pace sia con Lui, e poi lascia andare una persona che lo ha insultato”.