Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi

La lettera

Il rumore di un cuore

Nella nostra società sempre più inumana, il battito del cuore di un bambino fa una gran paura, tanto che la proposta “Un cuore che batte” viene vista come uno scandalo. Ma difendere la Vita rimane l’unica possibilità.

Caro direttore,

nel frastuono assordante di questa società consumistica e ormai inumana, c'è qualcosa che nel silenzio fa una gran paura: il battito di un cuoricino. Già, perché sentire il cuore di qualcuno significa che quella persona è viva, ha un corpo, una dignità, e soprattutto un'anima. Ed è così che la proposta di fare sentire, alle madri che vogliono abortire, il cuore del loro figlio, diventa uno scandalo che fa gridare all'ingiustizia. Eh sì, perché uccidere deliberatamente una vita non è un'ingiustizia, men che meno un atto di violenza, mentre quello di fare vedere che nel grembo c'è una persona con un cuore che batte, sì.

Ben sappiamo che oggi viviamo nel mondo profetato da Chesterton, nulla di ciò che è evidente è vero, mentre ciò che è menzogna va appoggiato e difeso. Quanta paura può fare un cuoricino. Riesce addirittura a smuovere un Paese che da anni ha accettato una legge assassina contro i suoi figli, ma che non si risparmia dal denunciare il calo di nascite. E tutti quei bambini che la legge 194/1978 ha fatto uccidere? Dove mettiamo quei milioni di vite che ogni anno vengono brutalmente stroncate in uno sterminio senza pietà? Una moltitudine di bambini che vanno incontro alla morte senza alcuna possibilità di difesa. Una shoah che non ha fine.

All'Italia rimane un'unica possibilità: abolire la legge assassina 194/1978 ed ergersi a paladina della Vita. Un'utopia? Intanto appoggiare la proposta “Un cuore che batte” può e deve essere un inizio per riscoprire il valore e la dignità della vita.

La scusa degli aborti clandestini e della libera scelta della donna sono cliché che non hanno alcun fondamento, utilizzati come cavalli di Troia per sostenere un male.

Nessuno deve essere detentore della vita o morte di una persona. Indi Gregory, un'altra vittima della cultura della morte, è stata condannata a morire senza alcuna possibilità di essere trasferita dall'Inghilterra per venire curata in Italia. Questo vuole la cancel culture, eliminare chi è ostacolo per un mondo perfetto e privo di persone malate e non desiderate. Noi però non vogliamo questo, e combatteremo fino all’ultimo per la verità e per la cultura della Vita.

Maria Bigazzi