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II GIORNATA DI SUMMIT

Il ritorno di O'Malley: «Alla trasparenza non c'è alternativa»

Collegialità e sinodalità. Sono queste le due parole più utilizzate nel corso del secondo giorno di Summit in Vaticano sulla tutela dei minori. E intanto si rivede il cardinale O'Malley: «La trasparenza rappresenta il futuro, la strada da seguire è sempre quella della denuncia».

Ecclesia 23_02_2019

Collegialità e sinodalità. Sono queste le due parole più utilizzate nel corso del secondo giorno di Summit in Vaticano sulla tutela dei minori. In particolare, i due concetti sono stati protagonisti delle relazioni pronunciate nella mattinata di ieri dai cardinali Oswald Gracias e Blase Cupich. L'arcivescovo indiano ha insistito sull'esigenza di una maggiore collegialità nella Chiesa per affrontare anche la sfida posta dallo scandalo abusi: «Dovremmo chiederci - ha detto - se un certo centralismo romano non tenga abbastanza conto della diversità nella fratellanza, se le nostre competenze e capacità come pastori responsabili delle Chiese locali non siano usati in modo appropriato, con la conseguente sofferenza di una collegialità vissuta in modo pratico».

Secondo Gracias, specialmente nella gestione delle relazioni con le autorità civili di fronte a questi casi, emerge il bisogno di una Chiesa che sia collegiale. Una linea condivisa dal cardinale Cupich che nel suo intervento successivo ha messo in relazione i «fallimenti sistematici» registrati dalla Chiesa nell'ultimo anno - in riferimento probabilmente allo scandalo statunitense - con i «difetti del modo in cui interagiamo e comunichiamo gli uni con gli altri nel collegio dei vescovi, in unione con il successore di Pietro». L'arcivescovo di Chicago, dunque, pare individuare l'«insufficiente comprensione e attuazione di realtà teologiche chiave, come la relazione tra il Papa e i vescovi, i vescovi tra loro stessi» come una delle cause degli errori commessi dalla Chiesa nella gestione delle denunce per abusi commessi da prelati.

Alla luce di queste due relazioni, la richiesta di un maggior «spirito di collegialità e di sinodalità» sembra aver preso la scena del Summit in corso. Era già successo nei Sinodi sulla famiglia del 2014 e del 2015 e in quello sui giovani dello scorso anno. «Due parole su cui occorre soffermarsi», ha affermato nel briefing quotidiano anche monsignor Scicluna, membro del comitato organizzativo, rivendicando la loro importanza per «l'essere ed il benessere della Chiesa».

E sempre l'arcivescovo di Malta è stato chiamato ad esprimersi, invece, su uno dei temi che attira di più l'interesse dell'opinione pubblica, quello del legame tra omosessualità nel clero e scandalo abusi. Giovedì Scicluna aveva invitato a non generalizzare, sostenendo che «non ci sono condizioni come l’omosessualità e l’eterosessualità che predispongono al peccato». Ieri, sollecitato da una giornalista durante l'incontro con la stampa all'Istituto Patristico Augustinianum è ritornato sull'argomento ed ha voluto puntualizzare che, a suo modo di vedere, «tutto questo non ha nulla a che vedere con gli abusi su minori», pur affermando che «non è possibile ignorare una condotta peccaminosa, ma qui si parla di altro».

Il tema, però, è arrivato sul tavolo dei lavori: a renderlo noto, sempre durante il briefing, è stato il prefetto del Dicastero per la Comunicazione, Paolo Ruffini, confermando che al Summit «si è parlato del rapporto tra omosessualità ed abusi sessuali» con alcuni dei partecipanti che «l'hanno definita una questione da approfondire, mentre secondo altri è mal posta».

La conferenza di ieri all'Augustinianum ha visto anche la significativa presenza del cardinale Sean O'Malley, presidente della Pontificia Commissione per la Tutela dei minori. La sua non partecipazione al comitato organizzativo del Summit, infatti, non era passata inosservata ed aveva generato voci sulle ragioni del suo «ridimensionamento». Nelle dichiarazioni rilasciate ieri alla stampa, l'arcivescovo di Boston ha confermato ancora una volta la sua determinazione nel voler perseguire un'opera di pulizia morale radicale all'interno della Chiesa per quanto riguarda lo scandalo abusi. Sul caso statunitense, il cappuccino ha parlato apertamente di «lacune gravi da affrontare rapidamente» ed ha definito la vicenda McCarrick un «momento molto triste».

Non ci deve essere nessuno spazio per giustificazioni o per reticenze, secondo O'Malley che ha anche affermato, riferendosi al fenomeno dei vescovi negligenti: «Abbiamo degli obblighi reciproci tra di noi, spero che chiunque venga a conoscenza di questo tipo di comportamenti informi la Santa Sede». In risposta proprio ad una domanda su McCarrick, dunque, il presidente della Commissione per la Tutela dei minori ha sostenuto che non è ammissibile nessun insabbiamento perché «la trasparenza rappresenta il futuro» della Chiesa. In tal senso, secondo il porporato americano la strada da perseguire è sempre e comunque quella della denuncia, definita un «obbligo morale». E anche la denuncia di quei vescovi che sono stati negligenti costituirebbe - secondo O'Malley - una priorità per la Conferenza Episcopale Usa. «La Chiesa - ha affermato l'Arcivescovo di Boston - deve cominciare ad aiutare la società facendo ordine a casa propria».