Il ritorno del terrorismo suicida in Inghilterra
Un attentato è stato sventato domenica, a Liverpool, grazie all'eroismo del taxista che (inconsapevolmente) aveva dato un passaggio al terrorista suicida. Nonostante la riluttanza di autorità e media a dare i dettagli, sappiamo già che si trattava di un terrorista mediorientale. E il tutto avviene ad appena un mese dall'assassinio di David Amess.
Domenica 14 novembre, non sono ancora le 11 locali, un taxi esplode in una zona di sosta vicino all'ingresso del Women's Hospital, ospedale di Liverpool, nord-ovest dell'Inghilterra. È il più grande ospedale specializzato in ginecologia e ostetricia in Europa ed è poco distante dalla Cathedral Church of Christ, in cui si stanno tenendo le celebrazioni del Remembrance Sunday - la domenica in cui il Regno Unito ricorda i caduti in guerra. Basta poco perché per le autorità l’esplosione venga catalogata come “incidente terroristico”. Per la prima volta, però, la stampa impiega quasi 24 ore prima di raccontare e denunciare l’accaduto.
Il conducente del taxi, David Perry, aveva fatto salire il passeggero a Rutland Avenue, nei pressi di Sefton Park, a circa 10 minuti di macchina dall’ospedale dove sarebbe poi avvenuta l’esplosione. L’attentatore è morto sul colpo. Il tassista, David Perry, ha intuito per tempo le intenzioni del terrorista e lo ha bloccato in auto riuscendo a fuggire. Perry, è stato così dichiarato eroe nazionale dal sindaco di Liverpool, Joanne Anderson, sventando certamente una strage. E la cosa ha galvanizzato non poco i tabloid inglesi. È il tassista ad indicare agli inquirenti, nella giornata di lunedì, che il luogo scelto dall'attentatore fosse la cattedrale anglicana della città, lontana solo pochi chilometri dall’ospedale. A quell’ora erano radunate 1200 persone per la funzione liturgica del “Poppy Day”. Di lì a pochi minuti, alle 11 in punto, tutto il Paese si sarebbe fermato per i tradizionali due minuti di silenzio per ricordare i caduti delle due guerre.
Mentre scriviamo, sono ancora tanti gli aspetti da chiarire. Non solo il movente, ma anche se il congegno esplosivo fosse veramente artigianale. Nella serata di lunedì apprendiamo che l’attentatore si sarebbe trasferito in Gran Bretagna alcuni anni fa dal Medio Oriente e che gli uomini dell'MI5 - i servizi interni britannici - non lo conoscevano prima dell'attentato di ieri. È certo, però, che il cliente del tassista-eroe era un aspirante kamikaze. Ufficialmente le autorità hanno iniziato a parlare di terrorismo solo nel corso della mattinata di lunedì. Ma l’allarme era stato lanciato ben prima. Mentre l’Inghilterra si riscopre ancora vulnerabile e si interroga sullo stato della sicurezza nazionale, già domenica pomeriggio la pista jihadista era la più battuta.
Nella notte tra domenica e lunedì sono stati fatti evacuare otto appartamenti vicini a quello dell’attentatore nel sospetto che avesse trasformato casa propria in una fabbrica di bombe. L’attenzione degli inquirenti si è sposta, poi, dal Women’s Hospital al quartiere di Kensington, uno dei sobborghi più pericolosi di Liverpool. Là, da anni, oltre a spaccio e prostituzione, la minaccia si chiama radicalizzazione. Molti giovani abitanti della zona sono stati arrestati negli ultimi tempi per adesione ai gruppi jihadisti. E così quando la polizia, già domenica pomeriggio, prendeva di mira alcune abitazioni di Kensington, s’è intuito che l’esplosione non era da catalogare tra i normali incidenti.
Prima ancora che si iniziasse a parlare di terrorismo, domenica notte venivano fermati a Sutcliffe Street, a Kensington, tre giovani di 29, 26 e 21 anni, ai quali s’è aggiunto un quarto 20enne fermato lunedì a Rutland Avenue, Sefton Park. Il fermo è stato motivato dal Terrorist Act. Ma i blitz non si sono fermati e le pattuglie sono arrivate a Sefton, altro quartiere difficile. Là gli agenti muniti di megafoni hanno consigliato ai residenti di non uscire di casa per motivi di sicurezza. Già nel pomeriggio di lunedì 15, le autorità britanniche hanno innalzato il livello della minaccia terroristica nel Paese “da sostanziale a grave”, come ha confermato il ministero dell'Interno, Priti Patel, al termine della riunione d'emergenza del Cobra: “è il secondo incidente” in un mese, dopo l'accoltellamento a morte il 15 ottobre del deputato Tory, David Amess.
Nei giorni scorsi, attentati al grido di “Allah Akbar” si sono verificati in Francia e in Norvegia. In Germania, invece, domenica 7 novembre, un 27enne siriano armato di coltello attaccava i passeggeri del treno ad alta velocità che va da Ratisbona a Norimberga, ferendo gravemente tre passeggeri. Tutti segnali che evidenziano quella recrudescenza del fenomeno jihadista già annunciata. E che sembra quasi una replica della fine del 2020, quando, terminata la fase dei lockdown, ci furono la decapitazione del professore Samuel Paty il 16 ottobre, l’attentato di Nizza del 29 ottobre 2020 e quello di Vienna del 2 novembre successivo. Anche quest’anno s’intensificano con l’avvicinassi del Natale.
Se la Francia, in Europa, è il Paese con più attentati terroristici, è la Gran Bretagna cerca a tutti i costi di tenere il passo. Uno dei soprannomi più recenti che i media americani hanno dato a Londra è quello di “Stub-City”, la città delle pugnalate. È questo il nuovo metodo del terrorismo islamico a basso costo che si è diffuso prima in Inghilterra e poi nel resto d’Europa. E se persino da New York si sono accorti che Londra è diventata un Far West, vuol dire che la situazione è davvero grave.
L’annus horribilis dei crimini da coltello è stato il 2018, con un aumento degli episodi del 14% rispetto all’anno precedente. In totale nel 2018 vennero registrati oltre 1.880 attacchi con coltello, nei quali 272 persone persero la vita in tutta la Gran Bretagna. Nel 2019, metal detector iniziano a comparire al centro dei marciapiedi nel West End di Londra. E nelle scuole vengono introdotti programmi di primo soccorso alle vittime di accoltellamenti. L’ONS, l'Office for National Statistics, ha registrato che, nell’anno conclusosi a marzo 2021, in Inghilterra e Galles, si sono verificati 41.000 crimini da coltello. E il numero più alto di episodi s’è registrato in prossimità delle stazioni di polizia. Un fenomeno che ricorda tanto i più recenti attentati islamici ai danni delle forze dell’ordine in Francia.
Eppure, d’improvviso, sono tornati i kamikaze in luogo dei coltelli. L’Inghilterra oggi vive l’effetto del “modello Londra” portato ai massimi livelli. È il sistema ideato dal sindaco Khan, ora più in crisi che mai. La società inglese è attraversata da tensioni etniche che si sommano alle ben più impellenti questioni economiche, con gap enormi tra centro e periferia. Sadiq Khan ha sempre sostenuto che una maggiore integrazione tra stranieri e residenti fosse necessaria per ridurre la criminalità. In realtà il sindaco di Londra, imitato in lungo e in largo, ha ottenuto l’effetto contrario: ha frammentato il contesto sociale locale creando veri e propri ghetti. Ognuno isolato dall’altro, con i propri valori, con la propria cultura, religione ed etnia.
L’episodio di Liverpool non deve però suonare come un allarme soltanto per la Gran Bretagna. Al contrario, dovrebbe testimoniare uno stato d’allerta per tutta Europa. E, dopo le minacce rivolte al ministro degli Esteri, valevole anche per l’Italia. Sebbene, ad oggi, e dopo i più recenti attentati in Francia, il Belpaese resta solo un viale di passaggio per i terroristi.