Il recovery può attendere, l'importante è tenere a casa gli italiani
Il piano italiano di utilizzo delle (incerte) risorse del Recovery Fund non arriva. In compenso si profilano nuove restrizioni per gli italiani, anche durante le vacanze natalizie, nonostante il netto miglioramento dei dati sulla pandemia. Il Governo, peraltro, sembra più impegnato a gestire gli equilibri interni tra le forze politiche che lo sostengono - non è causale l’insistenza con cui si parla di imminente rimpasto subito dopo la manovra - che non ad affrontare in modo incisivo la crescente disperazione delle categorie produttive.
Il piano italiano di utilizzo delle (incerte) risorse del Recovery Fund non arriva. In compenso si profilano nuove restrizioni per gli italiani, anche durante le vacanze natalizie, nonostante il netto miglioramento dei dati sulla pandemia. Il Governo, peraltro, sembra più impegnato a gestire gli equilibri interni tra le forze politiche che lo sostengono - non è causale l’insistenza con cui si parla di imminente rimpasto subito dopo la manovra - che non ad affrontare in modo incisivo la crescente disperazione delle categorie produttive.
Nonostante il clima di “solidarietà nazionale” assicurato dal centrodestra, che ha votato lo scostamento di bilancio, si profilano molteplici scogli burocratici, destinati ad allungare non poco i tempi tecnici di attuazione dei provvedimenti in campo socio-economico. L’ombra di 83 decreti attuativi, con scadenza tra la fine di gennaio e gli inizi di marzo, si allunga sul disegno di legge di bilancio, che dovrà essere approvato in Parlamento. Quegli atti (che peraltro potrebbero aumentare durante la discussione parlamentare) vanno a sommarsi alle 185 misure che ancora mancano per attuare i decreti anti-Covid, che dunque risultano inattuate per il 63%, come ha documentato ieri il quotidiano Il Sole 24 ore. La legge di bilancio dello scorso anno era arrivata a 74 decreti, poi lievitati a 134 dopo il passaggio alle Camere. Questi passaggi procedurali sono destinati a rendere ancora più incerta e laboriosa l’attivazione di alcuni meccanismi di aiuto e l’erogazione di fondi per attutire gli arti della crisi.
Intanto dall’Europa arrivano altre bacchettate al Governo Conte per l’inconcludenza dimostrata in queste settimane sul versante della definizione dei programmi di utilizzo delle risorse del Recovery Fund, che peraltro rimangono sospese a causa dei veti di alcuni Stati. L’europarlamentare Sandro Gozi, cresciuto alla scuola politica di Romano Prodi e ora macroniano, ieri ha sferzato l’Italia ricordando che Francia e Germania hanno già definito le loro priorità in vista del Recovery Plan, a differenza del nostro Paese, che è ancora impantanato nelle divisioni sulla cabina di regia. In altre parole, in Italia si litiga su chi debba gestire le ingenti somme sotto forma di aiuti europei, ma in pochi nei palazzi del potere si interrogano seriamente sulle destinazioni d’uso più intelligenti di quei fondi.
Ieri a Milano la Presidente della Commissione europea, Ursula von der Leyen, intervenendo all’inaugurazione dell’anno accademico dell’Università Bocconi, ha manifestato apprezzamento per il capoluogo lombardo, ma ha sollecitato il Governo italiano a promuovere in tempi brevi le riforme necessarie per la ripartenza: «Milano, così bella e così ferita, è una capitale europea. Dove solo un anno fa fervevano la vita e un’economia sana, musica e artisti, il virus ha portato silenzio e dolore nelle strade di Milano. Ma è anche una città della resilienza, dove vivono molti eroi del quotidiano. Milano, città di arte e moda, è oggi una città di solidarietà, dove migliaia di persone si sono mobilitate per aiutare i propri vicini. Il Recovery Fund è un'opportunità per l'Italia di decidere come dovrà essere il suo futuro. Questa è la posta in gioco, mentre il governo italiano sta preparando il piano di ripresa e resilienza dell'Italia. Spetta all'Italia proporre come investire queste nuove risorse. Il Next Generation Eu porterà un'ondata di investimenti pubblici senza precedenti per l'economia italiana, risorse europee per la ripresa e le riforme dell'Italia. Ma Next Generation Eu avrà successo solo se l'Italia collaborerà».
A quanto è dato sapere, però, questi aiuti inizieranno ad arrivare in Italia solo d’estate, e quindi bisognerà nel frattempo parare i colpi delle incalzanti sofferenze di piccoli e medi imprenditori, commercianti, artigiani, partite Iva, lavoratori autonomi e altri lavoratori. A Milano, tanto per citare alcune stime attendibili di Confcommercio, un negozio su tre rischia di chiudere entro il 31 dicembre se le riaperture attive da oggi non produrranno gli esiti sperati in termini di risalita del fatturato. La chiusura quasi certa delle piste da sci in tutt’Italia è destinata ad affossare il settore e a bruciare altre migliaia di posti di lavoro. I ristoratori sono sul piede di guerra perché lo smart working e le chiusure scolastiche riducono i coperti a pranzo e, senza le aperture serali, ristoranti e trattorie non coprono neppure i costi di materie prime e personale. I lavoratori stagionali del turismo prenderanno un ristoro di appena mille euro, che non contribuirà in alcun modo a risollevare le loro sorti. E l’elenco delle categorie scontente e in ginocchio potrebbe allungarsi ulteriormente. Il rinvio delle scadenze fiscali non risolve in alcun modo l’emergenza, la allontana solo di qualche mese.
I sondaggi dicono peraltro che il Governo è in caduta libera e che le forze di opposizione, in particolare la Lega, sono in crescita (sondaggio Ipsos, pubblicato ieri sul Corriere della Sera). La gente si fida sempre meno della politica e dei virologi e confida sempre più nella creatività delle imprese e degli individui e nella ricerca (sondaggio Demos-Libera, pubblicato ieri su Repubblica).
Le voci insistenti su un imminente rimpasto non fanno che confermare la distanza siderale tra la politica e l’opinione pubblica. Le urgenze che turbano il sonno degli italiani e provocano un progressivo scadimento della qualità della vita anche psichica delle persone sono destinate ad esplodere, con o senza Covid. Pericoloso continuare a scaricare sugli italiani le colpe del Covid, imponendo crescenti restrizioni, anche a fronte di un miglioramento dei dati sui contagi. Chissà se qualcuno si fermerà in tempo.