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ROSA PARKS

Il razzismo, uscito dalla porta, rientra dalla finestra

Il 4 febbraio di 109 anni fa nasceva Rosa L. McCauley, ricordata dai più con il cognome del marito: Rosa Parks, icona della lotta per i diritti civili negli Usa. La sua fu una protesta non-violenta che segnò l'inizio della fine della segregazione razziale. Ma oggi, il razzismo, buttato fuori dalla porta, rientra dalla finestra.

Editoriali 04_02_2022
Rosa Parks, sull'autobus

Il 4 febbraio di 109 anni fa, nel 1913, nasceva a Tuskagee nell’Alabama, Rosa L. McCauley, ricordata dai più con il cognome del marito: Rosa Parks, icona della lotta per i diritti civili negli Usa. Divenne attivista nel 1943, nel pieno della guerra mondiale, ma anche nel pieno della segregazione razziale negli Stati del Sud, retaggio tardivo dello schiavismo. La sua celeberrima protesta non-violenta avvenne il 1° dicembre 1955. Gli autobus della città di Montgomery, nell'Alabama, erano divisi in zone destinate ai bianchi, zone destinate ai neri e zone miste. Rosa Parks si sedette in quest’ultima, come era suo diritto, mentre tornava da una giornata di lavoro (era sarta in un grande magazzino). Dopo tre fermate, l’autista l’avvertì che avrebbe dovuto alzarsi e cedere il posto a un bianco, perché le sedie della zona bianca erano esaurite e la legge locale prescriveva che i neri avessero il dovere di cedere il posto ai bianchi, nella zona mista, se la zona bianca si fosse riempita. Lei però non rispose e rimase seduta. Venne quindi fatta scendere dal bus da due agenti, chiamati dall’autista. E venne arrestata all'istante, per condotta impropria. Il giorno stesso, l’avvocato e attivista Clifford Durr pagò la cauzione per scarcerarla, il processo che ne seguì cambiò il corso della storia.

Il semplice gesto di Rosa Parks passò alla storia, non perché fosse il primo nel suo genere (nove mesi prima era stata un’altra donna nera, Claudette Colvin, ad essere arrestata per la stessa protesta), ma perché ebbe una maggior risonanza mediatica e provocò un inasprimento della protesta, con il boicottaggio dei mezzi pubblici. Il processo a Rosa Parks arrivò fino alla Corte Suprema che, nel 1956, dichiarò incostituzionale la segregazione razziale nei mezzi pubblici dell’Alabama. Fu l’inizio della fine della segregazione negli Stati del Sud. Rosa Parks, che dal 1954 collaborava con Martin Luther King, era convinta che, nel nome dei diritti naturali, tutti gli uomini dovessero essere uguali di fronte alla legge, a prescindere dal colore della pelle. La causa del movimento di King era profondamente cristiana e mirava realmente alla fine del razzismo. Era “color blind” cieca di fronte al colore.

A più di mezzo secolo di distanza, si può ben affermare che il razzismo, buttato fuori dalla porta, sia rientrato dalla finestra. E vi sia rientrato proprio grazie alle persone che maggiormente hanno beneficiato della causa anti-razzista di Martin Luther King. Due episodi della cronaca di questa settimana lo dimostrano molto bene.

Il primo riguarda l’attrice, cantante, presentatrice e scrittrice afro-americana Whoopi Goldberg che, in occasione del Giorno della Memoria, durante la sua trasmissione The View ha detto della Shoah: “La razza non c’entrava nulla. Non era una questione di razza. Fu una vicenda di inumanità dell’uomo sull’uomo, ecco cosa fu”. Alle obiezioni del suo collega di trasmissione, ha risposto “Ma erano due gruppi di bianchi”, intendendo che sia i tedeschi ariani che gli ebrei erano bianchi. Dunque, dal suo punto di vista non era una questione di razzismo, ma solo “inumanità”. Invitata a spiegarsi meglio, nello show di Stephen Colbert, ha anche detto: “Vede, quel che è interessante per me è che i nazisti hanno mentito. Non lo era (una questione razziale, ndr), avevano un problema con l’etnia, non con la razza. La maggior parte dei nazisti era bianca, così come bianca era la maggioranza delle loro vittime perseguitata. Dunque, dal mio punto di vista, pensavo: come si può parlare di razze, se si combattevano fra di loro?”.

Il discorso è (neanche troppo sottilmente) razzista. La Goldberg (l’attrice non ha un cognome ebraico, in realtà, si tratta di un nome d’arte scelto negli anni Ottanta) distingue etnie da razze, fa la differenza fra un razzismo “autentico”, quello contro i neri, da uno “ideologico” contro gli ebrei, anch’essi bianchi. In questo modo, afferma che le “razze” umane esistono. Il fondamento, anche scientifico, che ha minato il razzismo e le leggi razziali, basate sul darwinismo sociale, è proprio la scoperta dell’inesistenza di razze umane. Esiste un’unica razza umana, dal punto di vista biologico. Curioso che sia proprio un’afro-americana a far resuscitare il razzismo biologico nel discorso televisivo. Ma l’episodio non dovrebbe stupire, perché è proprio negli ambienti culturali progressisti afro-americani e bianchi che si sta riaffermando l’idea che occorrano leggi differenti per differenti “razze”, sempre con l’idea fissa della separazione, ma giustificata dal risarcimento per i torti subiti in passato.

Il secondo episodio riguarda proprio il presidente Joe Biden, un progressista “moderato” (almeno così si presentava alle elezioni primarie del 2020) che ha annunciato di voler nominare una nuova giudice per la Corte Suprema, donna e nera. Non ha indicato il nome, durante la sua campagna. Ha indicato il sesso e la “razza”. E una volta che è giunto il momento della nomina, perché il giudice supremo Stephen Bryer è giunto al termine della sua carriera, Biden ha confermato ancora una volta che a sostituirlo sarebbe stata una donna nera. Non si sa ancora chi sarà, mentre questo articolo va online. Il presidente democratico, dunque, non ha in mente un particolare magistrato, scelto in base alla sua esperienza e professionalità e neppure in base alle sue idee. Pensa solo al colore della pelle (neanche troppo al sesso, perché di donne, anche conservatrici, ce n’è già nella Corte Suprema). Ed è esattamente l’opposto della lezione di Rosa Parks e di Martin Luther King, il quale diceva: “Ho un sogno: che i miei quattro figli siano giudicati, non in base al colore della loro pelle, ma sul contenuto delle loro idee”.