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Intervista / P. Abdo Raad

Il rapporto con le Chiese orientali, una sfida per il prossimo Papa

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I rapporti degli ultimi tre Papi con le Chiese cattoliche d'Oriente e con quelle ortodosse. Un nuovo Papa dall'Oriente? Opportunità (contro le persecuzioni e le guerre) e limiti per il momento attuale. La Nuova Bussola intervista padre Abdo Raad.

Ecclesia 08_05_2025
Chiesa di san Marone a Beirut

Quasi ogni giorno nel mondo si registrano crimini d'odio nei confronti dei cristiani: basti pensare alla grave situazione in Medio Oriente e all'oppressione della Chiesa in Paesi, tra i tanti, quali Siria, Pakistan, Cina, Nigeria. Le Chiese cattoliche di rito orientale, diffuse principalmente in Asia e Africa, soffrono una recrudescenza di persecuzioni come forse non accadeva da anni. Nell'ultimo messaggio Urbi et Orbi, nel giorno di Pasqua, papa Francesco ha ricordato diversi Paesi in cui professarsi cristiani può costare la vita; sarebbe auspicabile che anche il prossimo Pontefice prendesse a cuore la tematica, misconosciuta alle nostre latitudini ma non per questo meno grave. Sarebbe opportuno che il futuro Papa fosse inoltre un profondo conoscitore dell'islam, la cui migrazione da Oriente a Occidente non può più essere ignorata, e delle Chiese ortodosse, con cui la Chiesa cattolica lavora da anni per raggiungere la tanto desiderata comunione. Ne parliamo con padre Abdo Raad, sacerdote libanese di rito greco-bizantino della Chiesa melchita, attualmente fidei donum presso la Diocesi di Campobasso-Bojano.

Padre Abdo, che rapporto hanno avuto gli ultimi tre Pontefici con le Chiese cattoliche d'Oriente?
Tutti e tre gli ultimi Papi hanno cercato di rafforzare la presenza cristiana cattolica in Oriente, soprattutto in contesti di guerra e persecuzione.

Dopo lavori durati anni, nel 1990 Giovanni Paolo II promulgò il Codice dei Canoni delle Chiese Orientali (CCEO), che stabilì e uniformò identità e tradizione delle Chiese cattoliche orientali, con conseguenze positive per la vita di queste Chiese e per il rapporto con le Chiese ortodosse. Poi, nel 1995 papa Wojtyła indisse il Sinodo per il Libano, al quale ho avuto l’occasione di partecipare, e visitò il Paese nel 1997 consegnando l’esortazione apostolica post-sinodale Una speranza nuova per il Libano. Il viaggio fu occasione di sostegno alla presenza cristiana in Medio Oriente e di apertura verso tutti i cristiani della regione. Nel 2001 Wojtyła visitò la Siria, fermandosi alla Grande moschea degli Omayadi di Damasco dove si trova il sepolcro di San Giovanni Battista. Giovanni Paolo II dette un energico sostegno ai cristiani orientali incoraggiandoli a restare nelle loro terre d’origine nonostante le difficoltà e aiutandoli ad affrontare il dialogo ecumenico e interreligioso con le Chiese ortodosse.

Benedetto XVI promosse il Sinodo speciale per il Medio Oriente nel 2010 e l'esortazione apostolica post-sinodale Ecclesia in Medio Oriente, in cui si affrontavano le sfide dei cristiani orientali. In continuità con la strada tracciata dal suo predecessore, visitò il Libano nel 2012, quando ebbi l’occasione di incontrarlo. Tuttavia, il discorso di Ratisbona del 2006 è stato inteso da alcuni come un'accusa all’islam, cosa che ha perturbato il rapporto tra cristiani occidentali e orientali.

Papa Francesco aveva un affetto particolare verso i cattolici orientali e verso tutti i cristiani orientali in generale, specialmente in periodi di guerre e di persecuzione, soprattutto in Siria e in Iraq. Per esprimere il suo sostegno non esitò a visitare l’Iraq nel 2021; ha riunito più volte i capi delle Chiese orientali per pregare insieme e si è espresso in molte occasioni per la pace in Medio Oriente. Ha fatto cose importanti per agevolare la presenza dei cristiani orientali nei loro territori e anche in Occidente, e ha lanciato appelli continui per aiutare le comunità cristiane soprattutto nei momenti di turbolenza, come l’esplosione del porto di Beirut e la guerra a Gaza. Avrebbe voluto visitare il Libano, ma la visita non si è realizzata. D'altro canto, le idee di papa Francesco sull’omosessualità sono state accolte con cauta diffidenza dai cristiani orientali, che vivono in una cultura diversa dall’Occidente.

E con le Chiese ortodosse?
Tutti e tre i Pontefici hanno tenuto all’ecumenismo. Ci sono state dichiarazioni comuni su temi teologici importanti e volontà di collaborazione e di cooperazione tra la Chiesa cattolica e quella ortodossa. Tuttavia, permangono divergenze importanti che rallentano una piena comunione. Il cammino è molto lento, e infatti non si è arrivati nemmeno all'unificazione della data della Pasqua.

Con Giovanni Paolo II il movimento ecumenico ha fatto molti passi in avanti, sia attraverso il dialogo teologico tra Chiesa cattolica e Chiesa ortodossa che attraverso visite e incontri. La dichiarazione secondo cui «la Chiesa respira con due polmoni, quello orientale e quello occidentale» ha dato uno slancio importante al dialogo. Tra i gesti più significativi di Wojtyła, la lettera enciclica Ut Unum Sint del 1995 che invitava le altre Chiese a dialogare anche sul primato del Papa, la richiesta di perdono per i peccati commessi dalla Chiesa cattolica, l’apertura al Patriarcato di Costantinopoli e a quello di Mosca, gli incontri con il patriarca ecumenico Bartolomeo I, lo storico bacio del Santo Sepolcro insieme al patriarca Diodoro a Gerusalemme nel 2000.

Il pontificato di Benedetto XVI ha visto progressi nel dialogo teologico con le Chiese ortodosse; papa Ratzinger ha promosso incontri con il patriarca ecumenico Bartolomeo I e ha partecipato attivamente a commissioni teologiche per l'auspicata piena comunione tra le due Chiese.

Francesco ha stretto rapporti fraterni con Bartolomeo I, rapporti basati su questioni come immigrazione e pace. L’incontro con il patriarca Kirill di Mosca ha segnato la storia delle due Chiese. La visita in Egitto, l’incontro con il patriarca di Alessandria e il riconoscimento del martirio dei copti ortodossi uccisi in Libia hanno segnato la via di quello che è stato chiamato l’ecumenismo del sangue.

Dalle Chiese orientali provengono cinque cardinali elettori che siedono nel conclave in corso: l'indiano Baselios Cleemis, 65 anni, arcieparca della Chiesa cattolica siro-malankarese, creato cardinale nel 2012 da Benedetto XVI; l'etiope Berhaneyesus Souraphiel, 76 anni, arcivescovo metropolita della Chiesa etiopica copta dal 1999, creato cardinale nel 2015 da Francesco; l'iracheno Louis Raphael Sako, 76 anni, patriarca della Chiesa cattolica caldea dal 2013, creato cardinale da Francesco nel 2018; l'indiano George Jacob Koovakad, 51 anni, appartenente alla Chiesa siro-malabarese, creato cardinale nel 2024 da Francesco e dallo stesso nominato prefetto del Dicastero per il dialogo interreligioso nel gennaio 2025; e Mykola Petrovych Bychok, il più giovane cardinale elettore in assoluto, di 45 anni, eparca dell'Eparchia dei Santi Pietro e Paolo di Melbourne di rito ucraino greco-cattolico, creato cardinale nel 2024 da Francesco. Secondo lei è possibile che il nuovo Pontefice provenga dall'Oriente?
Tutto è possibile. Indubbiamente l'elezione di un Papa proveniente dalle Chiese orientali sarebbe un messaggio importante contro la persecuzione e le guerre e per il dialogo e la pace. Non dimentichiamo che non pochi dei primi Papi vennero dall'Oriente: san Pietro stesso è orientale. Dopo lo scisma tra Chiesa orientale e occidentale tutto è cambiato.

In effetti nei primi secoli sono saliti al soglio pontificio cinque siriani, tra cui due, Aniceto e Gregorio III, il Papa che si batté contro l'iconoclastia, venerati come santi; due provenienti dalla Terra Santa oltre a san Pietro, cioè Evaristo e Teodoro I; due dall'Asia Minore, odierna Turchia, Conone e Giovanni VI; e tre nordafricani, Vittore I, Milziade e Gelasio I, in linea con l'origine mediorientale del cristianesimo.
Oggi però i problemi che il nuovo Papa dovrà affrontare nascono più dalla Chiesa occidentale che da quella orientale. Le questioni del celibato dei sacerdoti, del sacerdozio femminile, dell'omosessualità, le divergenze tra cardinali romani e tedeschi hanno bisogno di un Papa occidentale per trovare la via della concordia. Inoltre i cardinali orientali sono di solito patriarchi, cioè già capi di una Chiesa apostolica, senza esperienza nella guida di una Chiesa differente di rito, di tradizione e di organizzazione. Per questo a mio avviso un nuovo Pontefice proveniente dall'Oriente potrebbe essere solamente di rito latino, pur vivendo la realtà orientale.

Con questi requisiti ci sarebbe il cardinal Pizzaballa, patriarca latino di Gerusalemme.
Il cardinal Pizzaballa è giovane, e non sappiamo quale sia la politica dei cardinali in merito all'età del nuovo Pontefice.

In quali Paesi i cristiani soffrono attualmente più persecuzioni?
Le Chiese cattoliche orientali oggi soffrono persecuzioni gravi e i cristiani diminuiscono in modo massiccio: la realtà è che la presenza cristiana in molti Paesi sta venendo meno. La situazione in Siria è attualmente molto pericolosa per i cristiani; negli anni, in Siria e in Iraq, moltissimi cristiani sono già stati uccisi o costretti a fuggire dall'ISIS. In Iraq la situazione non è stabile; in Arabia Saudita non è ancora permesso dichiararsi cristiani. In Libano, dove si respira da sempre un po’ più di libertà, i conflitti hanno gravemente indebolito la presenza cristiana, e così in Israele e Palestina. In quasi tutta l'Africa e in Medio Oriente ci sono persecuzioni a diversi livelli, a causa del fanatismo religioso, della guerra, della corruzione dei governanti, della povertà. Ciò nonostante, le Chiese continuano a dare la loro testimonianza; credo però che la situazione peggiorerà se, oltre alla Santa Sede, la politica internazionale non deciderà di proteggere i cristiani.