Il profeta Isaia nel commento di san Tommaso
Il Super Isaiam è il primo commento esegetico dell’Aquinate alla Sacra Scrittura. L’expositio ad litteram è corredata da note che consentono di cogliere i molteplici dettagli delle immagini e similitudini proposte dall’autore sacro. Una traduzione del Commento a Isaia, curata da padre Giuseppe Barzaghi, è stata pubblicata di recente da Edizioni Studio Domenicano e Edizioni San Clemente.
I santi sono stelle, gigli e aquile. Come le stelle sono numerose nel cielo, ordinate nel loro moto e disposte circolarmente, differenti per grado di luminosità eppure intensamente splendide, così i santi godono in Paradiso di una beatitudine assoluta e nel contempo proporzionata ai loro meriti. I santi sono assimilabili anche a dei gigli dallo stelo alto «per la costanza nelle tribolazioni», forti «per la linfa dello Spirito che scorre in loro» e col «profumo della buona fama». Cristo «li veste quanto ai doni delle virtù, tra di essi riposa compiaciuto e li raccoglie per i premi eterni». I santi nel Cielo sono anche aquile che volano in alto e in modo veloce, per l’altezza della contemplazione e per la prontezza e operosità della loro carità. Aquile che cambiano il piumaggio, segno dell’impegno costante dei santi nell’autocorrezione; aquile maestose per la bellezza delle virtù e sollecite verso i piccoli come lo sono i santi nei confronti del prossimo.
Queste splendide similitudini sono alcune delle immagini contenute nel Commento a Isaia di san Tommaso d’Aquino, pubblicato recentemente nella pregevole collana “I Talenti” delle Edizioni Studio Domenicano e delle Edizioni San Clemente con testo latino a fronte, grazie al paziente e accurato lavoro di traduzione di padre Giuseppe Barzaghi.
Quello Super Isaiam è di fatto il primo commento esegetico dell’Aquinate alla Sacra Scrittura.
L’expositio ad litteram, ossia il commento versetto per versetto del libro del grande profeta, è corredata da note “a margine” essenziali che consentono di cogliere i molteplici dettagli delle immagini e similitudini proposte dall’autore sacro mentre lasciano trasparire l’animo speculativo e contemplativo del Dottore Angelico, il quale si sofferma volentieri su di esse perché i fedeli possano trarne linfa per la propria meditazione spirituale.
Le ricche similitudini presenti nel testo del profeta Isaia sono, secondo Tommaso, «belle e gradevoli e ci sono necessarie a causa della connaturale disposizione del senso alla ragione: per natura infatti la nostra ragione apprende dalle cose sensibili, per cui essa capisce in modo più chiaro le cose di cui vede una somiglianza nell’ordine sensibile». Tra gli elementi naturali, per esempio, l’acqua allude al «refrigerio della consolazione contro il caldo della tribolazione»; è immagine di benedizione e sapienza divina oltre che della purificazione battesimale; «risana chi è infermo, purifica chi è impuro, disseta l’assetato».
Relativamente ai peccati del popolo d’Israele e all’esigenza di una sua purificazione (cfr. Is 1, 18), Tommaso sottolinea che non è sufficiente fuggire il male attraverso la «purificazione del passato», ma occorre evidentemente anche «la cautela rispetto al futuro», ossia è necessario che «il cuore non pensi il male e non dia compimento con le opere ai suoi pensieri», bensì «si adoperi nella sequela del bene e nel soccorso ai miseri».
Rispetto alla profezia dell’avvento di un virgulto dal tronco di Iesse (Is 11, 1), il Messia discendente dalla stirpe di Davide, Cristo è presentato come restauratore che manifesta un perfetto uso di tutti i doni dello Spirito Santo «secondo il modo più alto del loro esercizio, così come lo si avrà in paradiso» per i beati. La rettitudine del Signore nell’operare e nel giudicare dà luogo a una «sovrabbondanza di pace» e a un banchetto di grasse vivande preparato su di un monte (Is 25, 6), perché «lì Cristo ha patito e di lì sono pervenuti a noi tutti i beni».
Riguardo al tempo della promessa della consolazione per Israele, nel primo canto del Servo del Signore (Is 42), il profeta «mostra l’amore divino in base al figlio che ha promesso» e nel contempo la sua «equità e verità nel giudizio». Ciò comporta inesorabilmente «la caduta dei malvagi e la risurrezione dei buoni». Di qui egli invita il popolo a innalzare al Padre un canto di lode e ringraziamento per tale disegno di salvezza che, «in senso mistico, riguarda la conversione delle genti alla fede».
Tale mistero di salvezza ha la croce quale via privilegiata per attuarsi e comunicarsi agli uomini. Pertanto nei celebri canti del Servo sofferente emerge la «perfetta obbedienza» del Figlio che «indica la difesa già pronta», ossia la fiducia nel Padre rispetto a quanto lo attende nella sua Passione (Is 50). Nello stesso tempo traspare «la sua umiltà quanto al nascondimento della sua maestà, rispetto all’abbondanza dei beni interni ed esterni» che restano celati lungo la salita dolorosa al Calvario del Cristo, per cui Egli non ha apparenza né bellezza, «nascosta a causa della debolezza assunta», per attirare gli sguardi degli astanti (Is 53, 2-3).
San Tommaso commenta dunque il libro del profeta Isaia mediante un’esegesi che collega sapientemente ogni versetto ad altri riferimenti scritturali, nella radicata consapevolezza che sostanzialmente solo la Parola può spiegare la Parola, sebbene sia necessario coniugare la conoscenza biblica con le argomentazioni razionali per favorirne un’interpretazione più feconda. Lo sottolinea egli stesso in una nota: «Le parole di Dio sono utili per rischiarare l’intelletto, per il dilettarsi dell’affetto, per suscitare l’amore, per dirigere l’azione, per conseguire la gloria e per istruire gli altri».