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CINQUE STELLE

Il processo a Pizzarotti smaschera lo stile grillino

Cinque Stelle sotto processo e non tanto e non solo perché i sindaci pentastellati sono stati raggiunti da avvisi di garanzia o hanno deluso le aspettative di chi li aveva votati. Le riserve vengono dopo l’epurazione del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, che ha ricevuto dal direttorio grillino un trattamento inspiegabile.

Politica 16_05_2016
Federico Pizzarotti sindaco di Parma

Anche chi aveva creduto alla novità del fenomeno Cinque Stelle e sperava che quel movimento potesse incarnare un reale cambiamento oggi fa delle riflessioni. Non tanto e non solo perché i sindaci pentastellati sono stati raggiunti da avvisi di garanzia o hanno deluso le aspettative di chi li aveva votati. Le riserve che molti simpatizzanti esprimono in queste ore nella Rete, luogo simbolo dell’aggregazione politica grillina,riguardano più che altro la democraticità dei meccanismi di selezione (ed epurazione) dei quadri dirigenti.

É per questo motivo che la vicenda del sindaco di Parma, Federico Pizzarotti, rischia di coincidere con l’inizio della fase discendente della parabola del Movimento Cinque Stelle, proprio alla vigilia di una tornata amministrativa assai delicata. In queste ore tra direttorio pentastellato e primo cittadino di Parma volano gli stracci e non sono da escludere strascichi anche a colpi di carte bollate. Pizzarotti è stato sospeso dal Movimento per non avere comunicato in modo trasparente la notizia di un avviso di garanzia di cui sapeva da febbraio. Lui si difende pubblicando i numerosi messaggini nei quali chiedeva accoratamente e invano un incontro al vicepresidente della Camera, Luigi Di Maio. La giunta sta con lui, il mondo grillino della città emiliana sembra stringersi attorno al suo sindaco, che secondo alcuni mediterebbe di creare un movimento alternativo con tutti i fuoriusciti dalle fila grilline.

Ma perché “due pesi e due misure” da parte di Grillo e dei vertici del Movimento? Con il sindaco di Livorno, destinatario di un avviso di garanzia, piena indulgenza e massima solidarietà, con quello di Parma una purga stalinista. La verità è che da tempo Pizzarotti non era amato dal direttorio, sia per il suo spirito autonomo sia per alcune sue scelte, come quella di nominare, all’indomani della sua insperata elezione, quattro anni fa, un city manager sgradito a Casaleggio. Di Maio, Grillo e, oggi, anche Davide Casaleggio, figlio del guru scomparso di recente, non vedevano l’ora di mettere alla porta Pizzarotti, ma lo fanno nel peggiore dei modi e in piena campagna elettorale.

Mossa azzardata? Lo pensano molti parlamentari grillini, che non nascondono i propri mugugni e  un’assemblea nella quale fare chiarezza. Fanno invece buon viso a cattivo gioco le due candidate Virginia Raggi, che sogna di conquistare il Campidoglio, e Chiara Appendino, che potrebbe scalzare Piero Fassino dalla poltrona di primo cittadino di Torino. Entrambe sono preoccupate e sanno che quest’episodio potrebbe offuscare in tutt’Italia l’immagine del Movimento e rianimare un Pd tramortito dalle inchieste e dalle profonde divisioni interne. 

Cacciare un sindaco con una mail anonima non può dirsi una prassi propriamente democratica, soprattutto quando all’esterno si trasmette l’idea di una gestione verticistica, oligarchica e addirittura dinastica del Movimento (pare che Davide Casaleggio conti davvero molto in queste scelte, pur non essendo stato designato da nessuno). Pizzarotti non intende cadere nella trappola di attaccare frontalmente il Movimento, alimentando i sospetti di chi lo vorrebbe da tempo in marcia di avvicinamento verso il Pd. Per ora preparerà le controdeduzioni che il direttorio gli ha chiesto e aspetterà il verdetto elettorale. Dopo il 20 giugno deciderà cosa fare. Fra un anno potrebbe ricandidarsi a sindaco con una lista civica, quasi certamente alleata dei dem e del centrosinistra.

Negli ultimi tre anni il Movimento Cinque Stelle ha perso molti pezzi, ma l’emorragia, sia nei gruppi parlamentari che in ambito locale, è stata gestita in modo silenzioso. A Parma, invece, potrebbe consumarsi una scissione “rumorosa”, destinata a far esplodere il malcontento che serpeggia da tempo tra i dirigenti e tra i militanti pentastellati. La vittoria di Pizzarotti, nel maggio 2012, favorita dall’appoggio al ballottaggio di ampi settori del centrodestra, fu un simbolo. E aprì la strada ad altre vittorie grilline nel resto d’Italia. Rinnegare quell’esperienza attraverso un’epurazione affrettata come questa può rivelarsi un boomerang per una forza politica che aspira a governare grandi città e a conquistare, fra due anni, Palazzo Chigi.