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IL CASO

Il “popolo” di Francesco? Io me lo immagino così

In uno dei suoi tanti interventi a braccio papa Francesco ha parlato del “popolo”, a cui vanno le sue preferenze, come di una «categoria quasi mistica». Da qui le interpretazioni a un tanto al chilo: chi parla di populismo peronista e chi addirittura di comunismo. Ma io l’ho capita così e mi spiego con un esempio.

Ecclesia 08_05_2016
Il "popolo mistico"

In uno dei suoi tanti interventi a braccio papa Francesco ha parlato del “popolo”, a cui vanno le sue preferenze, come di una «categoria quasi mistica». Da qui le interpretazioni a un tanto al chilo: chi parla di populismo peronista e chi addirittura di comunismo. Senza aver pretesa di aggiungere un’ulteriore interpretazione, cerco di capire e comincio da un punto fermo: il Papa è un prete. 

Ricordo, diversi anni fa, un mio conoscente, cattolico impegnato (come si suol dire). Sua moglie a un certo punto diede di fuori e lui si ritrovò separato in attesa di divorzio. E senza casa (che era di lei). Gli amici del cattolicesimo impegnato, imbarazzati, dopo qualche incertezza, uno alla volta, presero le distanze. Si ritrovò solo, pieno di debiti e depresso. Aveva ancora il suo lavoro, sì, ma non poteva permettersi di pagare un affitto. Nessuno, per un motivo o per un altro, poteva ospitarlo a tempo indeterminato. Per caso incontrò un’antica conoscenza, una persona che aveva, a suo tempo, smesso di frequentare perché trattavasi di personaggio molto lontano dallo stile di vita cattolico. 

Era uno che aveva sempre sbarcato il lunario passando di mestiere in mestiere, uno che aveva sempre considerato la vita un giocattolo e non un compito. Pochi studi, appena racimolava qualche soldo quest’ultimo finiva in serate al night, tra champagne ed entraîneuses. Regolarmente divorziato, conviveva con una molto più giovane di lui, con la quale aveva avuto un figlio. Lei, cameriera saltuaria, aveva già una figlia da una precedente unione. Proprio il loro disordine esistenziale, però, li rendeva disponibili ad accogliere in casa uno che la sorte aveva messo in strada. Così, quello andò a stare da loro. 

La vita quotidiana era contrassegnata dalla spensieratezza e dall’allegria, tipiche di chi vive praticamente alla giornata senza preoccuparsi del futuro. Non si facevano mancare nulla, nemmeno le griffes. Il sistema era questo: si vestivano di tutto punto nel negozio di uno che accettava la dilazione del pagamento. La dilazione diventava eterna, fino a che quello, disperato, accettava almeno un acconto. Il versamento dell’acconto era occasione per fare nuova incetta di vestiario. E così via. Al nuovo ospite, talvolta, toccava aprire la porta all’ufficiale giudiziario. Il quale se ne andava a mani vuote perché non c’era alcun valore da requisire. 

L’ospite, cui i suoi debiti non davano sonno, chiedeva agli allegri inquilini come diavolo facessero, loro, a dormire. La risposta era: sono i miei creditori a doversi preoccupare, mica io. Gli amici che frequentavano la casa erano dello stesso stampo; per chiunque, in qualunque momento, c’era un posto a tavola ed era sempre festa, con torme di bambini, uno più illegittimo dell’altro, tutt’attorno. Insomma, in questo ambiente il mio sfortunato conoscente aveva trovato quella solidarietà che un cattolicesimo individualista e imborghesito gli aveva negato.

Penso che sia questo il “popolo” che ha in mente Francesco, un “popolo” che, di fatto, pratica le virtù cristiane dell’accoglienza e della condivisione, con quella spensieratezza evangelica da «gigli del campo e uccelli del cielo» che rende la vita più leggera. Tuttavia, il mio conoscente vedeva anche l’altra faccia della medaglia. Promiscuità, legami incerti e sempre periclitanti, prole allo stato simil-brado e pronta a imitare i genitori appena raggiunta la pubertà. Religione? Zero. Anzi, no: quel tanto che basta a implorare una grazia quando serve, poi ricomincia la festa. 

Già: la religione implica doveri, sacrifici e assunzione di responsabilità. Chi se ne fa carico, subisce la tentazione dell’imborghesimento e della rispettabilità sociale. Chi li rifiuta, finisce col vivere alla Brutti, sporchi e cattivi, film di Ettore Scola del 1976 non caso ambientato in una delle “periferie” metropolitane. Il cristianesimo è la religione dell’et-et (come non manca di ricordare Messori), cioè la composizione degli opposti. Insegna a essere rispettabili e solidali, morali e spensierati, austeri e allegri. Sia in centro sia in periferia. A questo servono i preti.