Il politically correct rivaluta anche gli dei aztechi
Nella cultura del politicamente corretto, dilagante negli Stati Uniti, avanzano anche proposte bizzarre. Come quello di introdurre nei programmi scolastici della California canti comunitari che inneggiano alle divinità azteche. E nascondendo, al contempo, la storia di violenza estrema di quelle religioni, di cui si scoprono sempre più prove.
Nella cultura del politicamente corretto, dilagante negli Stati Uniti, si assiste sempre più spesso a notizie bizzarre. Molte volte sono smentite o ridimensionate, ma altre volte vengono confermate. Così, ad esempio, non è stata smentita, quantomeno, la notizia che il Dipartimento dell’istruzione dell’Oregon (Stato sulla costa del Pacifico) ha incoraggiato gli insegnanti ad aggiornarsi sulla “etno-matematica”. Tema del corso è quello di evitare manifestazioni di suprematismo bianco nello studio della matematica, fra cui l’ossessione, a quanto pare solo “bianca”, di dare la risposta esatta ad un’operazione. In matematica. Ma a dominare il dibattito, dalla fine di marzo, è un’altra decisione presa dal Dipartimento dell’istruzione del gigantesco Stato della California, che ha proposto programmi scolastici di studi etnici (Ethnic Studies Model Curriculum, ESMC) che includono canti comunitari inneggianti agli dei aztechi. La proposta, che può essere volontariamente accolta o meno dalle scuole della California, ha suscitato non poche perplessità e grandguignolesche domande dei media popolari conservatori: i nostri bambini si limiteranno ad inneggiare a divinità pre-colombiane o verrà loro insegnato anche a come praticare i sacrifici umani, come ai bei vecchi tempi? Estrarranno il cuore ai cristiani? In generale, si tratta di un approfondimento allo studio di civiltà antiche e scomparse o è un altro modo per estirpare il cristianesimo e la cultura europea sin dalla scuola elementare?
Ovviamente non si insegnerà la pratica dei sacrifici umani e il programma di studi è volontario. Fra i canti che i ragazzini dovranno imparare ci sono inni basati su In Lak Ech che insegna “amore, unità, rispetto reciproco” e Panche Be che descrive il “trovare le radici nella verità”. Sono concetti nobili ed eterni, che però nascondono una realtà storica e religiosa estremamente crudele. Secondo i proponenti del nuovo programma di studi, nomi come Tezkatlipoca e Huitzilopochtli verranno presentati solo come concetti che, nei popoli indigeni, racchiudevano il significato di riflessione e di azione. Ma, se le parole hanno un senso, Tezkatlipoca è anche il nome di una divinità azteca, potentissima quanto capricciosa, che chiedeva sacrifici umani. In suo nome, prigionieri venivano sacrificati in grotteschi combattimenti gladiatorii. Huitzilopochtli era il dio azteco del Sole e della guerra. E nei riti si estraeva il cuore della vittima sacrificale.
In un programma scolastico multiculturalista probabilmente non lo si studierà mai, ma le scoperte archeologiche confermano le più drammatiche testimonianze dei primi coloni e conquistatori spagnoli. L’anno scorso, a Città del Messico, i ricercatori hanno trovato una tomba reale. Al suo interno, come in molti altri casi, c’è una schiera di ossa delle vittime sacrificali. Sacrifici umani, non solo di adulti, ma anche di bambini. Uno degli scheletri, secondo i ricercatori, appartiene ad un maschio di 9 anni, vestito coi panni di Huitzilopochtli, come usava prima di subire l’estrazione del cuore.
Nel 2015, archeologi messicani hanno scoperto una delle torri di teschi costruite nei pressi del Tempio Maggiore. La torre è interamente edificata con i resti delle vittime sacrificali, contiene almeno 650 teschi e migliaia di altre ossa umane. I tre quarti dei teschi analizzati sono appartenenti a uomini adulti, fra i 20 e i 35 anni di età. Un quinto dei teschi apparteneva a donne e gli altri sono di bambini sacrificati agli dei aztechi. I ricercatori hanno stabilito che tutte le ossa appartenessero a persone “in buona salute”. Ancora nel 2012 gli archeologi messicani avevano scoperto lo scheletro di una donna sacrificata, circondata da pile formate da quasi 1800 ossa umane, sempre nell’area del Tempio Maggiore.
Non solo gli aztechi praticavano sacrifici umani. Testimonianze e prove riguardano anche analoghi riti negli altri regni pre-colombiani, quelli degli inca e dei maya. L’ultima drammatica scoperta riguarda un popolo finora ritenuto più pacifico (e meno noto al grande pubblico), quello dell’impero Chimu, insediatosi nella costa dell’oceano Pacifico nell’attuale Perù. Nei pressi della loro antica capitale, a Las Llamas, nel 2016 i ricercatori locali hanno trovato le prove del più grande sacrificio di massa di bambini di cui finora si hanno notizie: 140 assassinati in un solo rito. L’eccidio degli innocenti, secondo il test al carbonio 14, risale a un periodo fra il 1400 e il 1450, alla vigilia della distruzione dell’impero Chimu. Per mano degli Inca e non degli spagnoli.
Se nel nuovo programma si studieranno anche tutti questi orrori, potrebbe essere di pubblica utilità. Se non altro qualche ragazzino si consolerà: non viviamo nella peggiore delle civiltà possibili. Ma certamente non verranno studiati. O peggio, se ne parlerà, ma “contestualizzando” quegli orrori. Lo scopo di programmi scolastici come quello californiano è infatti quello di combattere “l’oppressione”, cioè l’apporto della civiltà europea cristiana ai popoli nativi americani. Quando, per paradosso, si dice che demonizzando l’arrivo di Cristoforo Colombo si finisce per sdoganare i sacrifici umani agli dei aztechi, si pensa male. Ma talvolta ci si azzecca.