Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
AIUTO ALLO SVILUPPO

Il Piano Mattei può funzionare, solo se l’Africa vuole

Ascolta la versione audio dell'articolo

Oltre 5,5 miliardi di dollari iniziali per il progetto di cooperazione proposto dall’Italia all’Africa. Ma l’incognita è la stessa da 50 anni: quanti governi africani sono disposti ad abbandonare la corruzione e favorire lo sviluppo.

Economia 30_01_2024
Italia-Africa (foto ImagoEconomica)

Si è aperto a Roma il 29 gennaio il vertice internazionale “Italia-Africa. Un ponte per la crescita comune” organizzato per illustrare ai leader dei Paesi africani convenuti il Piano Mattei, il progetto strategico di cooperazione allo sviluppo che l’Italia propone all’Africa e all’Unione Europea. Hanno accettato l’invito del nostro governo e sono presenti a Roma capi di Stato, capi di governo e ministri di 25 Stati africani, il presidente dell’Unione Africana, il presidente della Commissione dell’Unione Africana, i vertici dell’Unione Europea, il vicesegretario dell’Onu, i rappresentanti della African Development Bank, della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, della Banca europea per gli investimenti e, ancora, di Fao, Ifad (Fondo internazionale per lo sviluppo agricolo), Fmi, Oim (Organizzazione internazionale per le migrazioni), Irena (Agenzia internazionale per le energie rinnovabili), Ocse, Unesco, Unhcr (Alto commissariato delle Nazioni Unite per i rifugiati), Unicef, Unido (Organizzazione delle Nazioni Unite per lo sviluppo industriale), Undp (Programma delle Nazioni Unite per lo Sviluppo), Unodc (Ufficio delle Nazioni Unite per il controllo della droga e del crimine), Banca Mondiale. È stato inoltre invitato come osservatore il segretario di Stato Vaticano, cardinale Pietro Parolin.

I lavori del vertice, che dureranno due giorni, si articolano in cinque sessioni. La prima, dopo il saluto istituzionale del presidente del Senato, Ignazio La Russa, e l’iniziale seduta plenaria, è dedicata alla “Cooperazione in campo economico e infrastrutturale” e vi partecipano il ministro delle infrastrutture e dei trasporti, Matteo Salvini, il ministro dell’economia e delle finanze, Giancarlo Giorgetti, e il ministro delle imprese e del made in Italy, Adolfo Urso. La seconda sessione è sulla “Sicurezza alimentare” e per l’Italia prevede gli interventi del ministro degli affari esteri e della cooperazione, Antonio Tajani, e del ministro dell’agricoltura, della sovranità alimentare e delle foreste, Francesco Lollobrigida. La terza sessione tratta di “Sicurezza e transizione energetica” e vi partecipa il ministro dell’ambiente e della sicurezza energetica, Gilberto Pichetto Fratin. “Formazione professionale e cultura” è il tema della quarta sessione, alla presenza del ministro dell’istruzione e del merito, Giuseppe Valditara, del ministro dell’università e della ricerca, Anna Maria Bernini, e del ministro della cultura, Gennaro Sangiuliano. Chiuderà i lavori la quinta sessione, sul tema “Migrazioni, mobilità e questioni di sicurezza”, con interventi del ministro dell’interno, Matteo Piantedosi, e del ministro della difesa, Guido Crosetto. Una conferenza stampa concluderà i lavori.

In apertura del vertice sono state ricordate le motivazioni che hanno portato all’elaborazione del Piano Mattei. «L’obiettivo – ha detto il primo ministro Giorgia Meloni – è presentare la nostra visione di sviluppo, un approccio nuovo, non predatorio, non paternalistico, ma neanche caritatevole, un approccio da pari a pari, per crescere insieme. Abbiamo stabilito delle materie prioritarie sulle quali lavorare e dei Paesi pilota nei quali avviare i primi progetti. E poi vogliamo dialogare con tutti gli altri Paesi». «Ci sfidano cause comuni che vedono a rischio il valore della pace e, quindi, del destino dell'umanità – ha detto il presidente della Repubblica, Sergio Mattarella –. L’intendimento e l’auspicio sono di poter realizzare, dopo il dialogo intenso avviato negli anni scorsi con le conferenze ministeriali Italia-Africa, un rapporto ancora più forte e strutturato tra il continente africano e il nostro Paese».

Durante la sessione plenaria nell’aula del Senato il primo ministro Meloni ha anche fornito indicazioni concrete. «Il Piano Mattei – ha spiegato – può contare su una dotazione iniziale di oltre 5,5 miliardi di euro tra crediti, operazioni a dono e garanzie. Circa tre miliardi arriveranno dal fondo italiano per il clima e circa 2,5 miliardi dalle risorse della cooperazione allo sviluppo. Certo non basta e per questo vogliamo coinvolgere le istituzioni internazionali e altri Stati donatori».

Non basta, ma se i leader africani che partecipano al vertice decideranno di condividere gli obiettivi di sviluppo proposti dal nostro primo ministro e agiranno di conseguenza impegnandosi a utilizzare a tal fine le risorse che il Piano Mattei metterà a loro disposizione, allora potranno finalmente fare altrettanto con le altre loro risorse che invece adesso vanno in così tanta parte sprecate: quelle prodotte nei loro Paesi e l’enorme quantità di denaro che ogni anno si riversa sul continente africano, miliardi di dollari donati, prestati, investiti e destinati a creare e migliorare infrastrutture e servizi, ridurre la disoccupazione, far superare la soglia di povertà a decine di milioni di famiglie, in altre parole a creare sviluppo.

L’incognita e la sfida del Piano Mattei è questa – che cosa vogliono realmente gli africani – considerando che la cooperazione internazionale per 50 anni si è fondata sul presupposto di un intento condiviso – la crescita economica e lo sviluppo umano del continente africano – sennò non si sarebbe chiamata “cooperazione”. Il governo italiano promette e garantisce un «approccio non predatorio». L’incognita è quanti governi africani sono pronti ad abbandonare il loro approccio predatorio, quanti africani non sono più disposti a tollerare la corruzione eretta a sistema e le casse statali usate come patrimoni personali a cui attingere, quanti in sostanza vogliono lo sviluppo dei loro Paesi.

Trent’anni fa una studiosa africana, Axelle Kabou, ha scritto un libro nel quale ha posto un interrogativo: «E se l’Africa rifiutasse lo sviluppo?». Alla luce di quanto è successo nel frattempo in Africa, è una domanda ancora attuale e che esige una risposta.