Il piano di protezione per i luoghi di culto? Aria fritta
Un Piano d’azione per la protezione dei luoghi religiosi è stato presentato dall’Alleanza delle civiltà, un organo dell’Onu attivatosi solo dopo gli attentati contro gli islamici a Christchurch. Il problema è che il documento contiene solo raccomandazioni generiche e non ha valore prescrittivo, come l’Onu si premura di precisare. Come dire che la libertà di culto interessa meno della congettura del riscaldamento globale d'origine antropica…
È in corso al Palazzo di Vetro di New York la 74^ Assemblea generale delle Nazioni Unite. Fervono i lavori. Tra i temi affrontati c’è anche la sicurezza dei luoghi di culto. Il 12 settembre il segretario generale Antonio Guterres ha presentato un Piano d’azione per la protezione dei luoghi religiosi, un testo di 29 pagine redatto dall’Alleanza delle civiltà, l’organo Onu fondato nel 2005 su iniziativa dell’ex segretario generale Kofi Annan con la missione di elaborare programmi di intervento per favorire il dialogo tra società e culture.
È stato lo stesso Guterres a incaricare l’alto rappresentante dell’Alleanza, Miguel Angel Moratinos, di proporre una strategia di lotta contro l’odio e la violenza religiosi. Gli attacchi ai luoghi di culto sono frequenti, ma a indurre il segretario generale dell’Onu ad attivarsi sono stati quelli del 15 marzo scorso, a Christchurch, in Nuova Zelanda, contro una moschea e un centro islamico, che hanno causato 50 morti. Sette giorni dopo il segretario generale chiedeva all’Alleanza delle civiltà di mettersi al lavoro. “Il mondo assiste all’intensificarsi dell’antisemitismo, dell’odio contro i musulmani, degli attacchi ai cristiani e dell’intolleranza verso altri gruppi religiosi”, ha detto Guterres presentando il Piano d’azione. I luoghi di culto “sono il simbolo della nostra coscienza collettiva, quando delle persone vengono attaccate a causa della loro religione o delle loro convinzioni, tutta la società ne è danneggiata. In tutto il mondo i luoghi di culto devono essere sicuri centri di riflessione e pace, non luoghi di sangue e terrore”.
Non è il caso di obiettare che c’è voluto un attentato a luoghi di culto islamici perché le Nazioni Unite decidessero di prendere in considerazione il problema della libertà di culto, mentre le vittime più numerose dall’intolleranza religiosa sono i cristiani. Quel che importa è che la libertà di culto sia difesa e tutelata. Con questo Piano d’azione, dice il segretario generale, le Nazioni Unite “compiono un importante passo avanti verso il conseguimento di questo fondamentale obiettivo e verso la risoluzione di quella che si è rivelata essere una delle principali sfide globali della nostra era”.
Ma i contenuti del Piano d’azione rendono difficile condividere la fiducia di Guterres. Il documento non è neanche un vero piano d’azione. Non contiene altro che una serie di raccomandazioni di carattere generale, alcune delle quali di incerta efficacia, rivolte a soggetti – governi, autorità religiose, società civile, le Nazioni Unite stesse – che già dovrebbero proteggere i luoghi di culto e il diritto dei fedeli di frequentarli senza rischi e che, se no, difficilmente lo faranno solo perché un organo dell’Onu glielo suggerisce. Eccone qualche esempio.
L’Alleanza delle civiltà invita gli Stati a incoraggiare il dialogo interreligioso, ad assicurarsi che i luoghi di culto siano classificati come possibili bersagli e siano inclusi nelle strategie e nei piani nazionali, a cooperare con i leader religiosi per promuovere rispetto e comprensione reciproci attraverso attività interreligiose, a sviluppare dei piani pluridimensionali di lotta contro l’estremismo violento che porta al terrorismo: piani ancorati agli Obiettivi di sviluppo sostenibile, questo il nome del programma globale di lotta alla povertà e alle ineguaglianze articolato in 17 obiettivi e 169 traguardi, varato nel 2015 dall’Onu e che gli Stati membri si sono impegnati a realizzare entro il 2030.
Alle autorità religiose rivolge tra l’altro l’invito a proseguire sulla strada tracciata da Papa Francesco e dall’imam di Al-Azhar con la dichiarazione di Abu Dhabi proponendo, ad esempio, in occasione della Giornata internazionale di commemorazione delle vittime di violenza per motivi religiosi e di credo, che si celebra il 22 agosto, una preghiera comune per le vittime e per sostenere il dialogo e la solidarietà interreligiosi. Inoltre raccomanda ai leader di tutte le maggiori religioni e fedi di convergere su un testo concordato che rafforzi i credo condivisi e l’unità. Alla società civile chiede di promuovere iniziative di dialogo intra e inter religioso, che favoriscano la reciproca comprensione e aiutino a superare le differenze, e di collaborare con i leader religiosi e le autorità governative per informare su come prepararsi e rispondere agli attacchi contro i luoghi di culto.
Infine alle Nazioni Unite consiglia, ad esempio, di sviluppare una campagna mondiale in favore del rispetto e della comprensione reciproci, di sostenere la realizzazione della Strategia dell’Unesco per il rafforzamento delle iniziative per la protezione della cultura e la promozione del pluralismo culturale in casi di conflitto armato, di redigere una mappa mondiale dei siti religiosi al fine di predisporre uno strumento interattivo online che rappresenti l’universalità dei luoghi religiosi e contribuisca al rispetto e alla comprensione del loro profondo significato per gli individui e le comunità in tutti i continenti.
Nel presentare il documento, la portavoce dell’Alleanza delle civiltà, Nihal Saad, ha precisato che il Piano non ha valore prescrittivo e che non sono previste misure coercitive per la sua attuazione: “Si tratta di un documento non vincolante, la sua realizzazione dipende dalla volontà politica degli Stati membri”. Documenti, dichiarazioni e piani delle Nazioni Unite dipendono in effetti dalla volontà degli Stati membri di rispettarli. Un’ovvia perplessità suscita il fatto che per la difesa di un diritto fondamentale come la libertà di religione l’Onu si premuri di specificare che quelli che propone sono suggerimenti non vincolanti e che nessun provvedimento coercitivo è contemplato, mentre minaccia e pretende sanzioni per la mancata adesione a piani fondati su mere congetture come quella del riscaldamento globale di origine antropica.