Schegge di vangelo a cura di don Stefano Bimbi
GENDER

"Il pelo nell'uovo", ombre pedofile sul festival gay

Il festival Gender Bender, alla sua undicesima edizione, ha anche una valenza "pedagogica", con spettacoli rivolti ai bambini. Ma rischia di passare un confine invalicabile, alludendo e strizzando l'occhio alla pedofilia.

Famiglia 27_10_2013
"Lolita"

“Il pelo nell’uovo” è il titolo dell’undicesima edizione del Gender Bender, festival gay-lesbico che si svolgerà dal 23 ottobre all’8 novembre a Bologna. Sul sito della manifestazione si spiega il significato del titolo: “Con buona pace dei pignoli (è nato prima l'uovo o la gallina? uomini, donne, transessuali, etero, gay, lesbiche si nasce o si diventa?), il festival saluta con vigore l'inaspettata scoperta e attende con curiosità quell'attimo in cui, dalla forma chiusa, erompe finalmente la preziosa varietà di ogni singola storia”. Daniele Del Pozzo, direttore del festival, poi aggiunge: “L’identità di genere può diventare un tema fastidioso, come un pelo nell’uovo ma noi, come sempre, l’abbiamo inteso come un’immagine di bellezza. Inoltre, l’uovo rappresenta un momento di cambiamento”.

Il festival si snoda attraverso un intenso programma composto da 25 prime teatrali, 23 film e documentari, 22 repliche di spettacoli, tre mostre, cinque party, 19 incontri, sei concerti. La manifestazione, che coinvolge 102 ospiti e 30 volontari, si avvale della collaborazione di 50 enti, sia pubblici e privati ed è finanziata dall’Unione europea.

Nel pentolone arcobaleno che gli organizzatori hanno messo sul fuoco si trovano alcuni ingredienti davvero sgraditi e non solo per palati da educande. Tralasciamo le “infinite vite di Bambi, splendida anziana transessuale” alla quale o al quale va l’augurio che la senescenza porti consiglio e fermiamoci su "La bella Rosaspina addormentata", spettacolo teatrale per i ragazzi dagli otto anni in su. Con buona pace dei fratelli Grimm autori di questa fiaba, Rosaspina svegliatasi dal lungo sonno si innamorerà di un’azzurrissima principessa. E’ una favola "dedicata alla crescita e alla scoperta di sé - si legge sul sito del teatro Testoni - al momento critico che segna il passaggio dall'infanzia all'età adulta", insomma al momento in cui, pare che ci suggeriscano gli autori, devi decidere se vuoi essere etero o omosessuale. Lei sceglie un’altra lei perché i tempi sono cambiati. Infatti mentre dormiva 100 anni il mondo ha vissuto la "Prima e seconda Guerra mondiale, gli anni '70, i Beatles, la televisione, i matrimoni gay, Facebook". Vien da dire che sarebbe stato meglio per la povera bella addormentata non svegliarsi più. “Rosaspina” si inserisce nel progetto Teatro Arcobaleno, “dedicato all'infanzia per promuovere attraverso il teatro il rispetto delle differenze”, progetto che durerà un anno intero.

Due note di commento a questo progetto “pedagogico” omosessualista in cui si carpisce la fiducia dei più piccoli per poi sedurli – non sessualmente – ma ideologicamente. Simili operazioni di rivisitazione in chiave gay dei classici per bambini lasciano la sgradevole impressione che la purezza di queste fiabe sia come stata stuprata, violata nell’intimo. La fiaba ha una sua importanza per la sua capacità di ridurre la complessità del reale a categorie morali semplici: da una parte il bene e dall’altra il male. L’efficacia di tale strumento narrativo è stato qui (ab)usato per inserire nella casellina “bene” i rapporti omosessuali, forti del fatto che i piccoli spettatori non hanno sufficienti filtri critici per giudicare da se stessi ciò che vedono e che se “un grande” gli dice che questo è buono c’è da credergli ad occhi chiusi. L’innocenza è stata violata.

Gli organizzatori del festival Gender Bender però non perseguono solo l’intento di indottrinare i bambini al credo gay, ma – se non andiamo errando - si spingono ben più in là e pare che strizzino l’occhio alla pedofilia. In cartellone infatti c’è anche lo spettacolo di danza “Lolita” tratto dal famigerato romanzo di Vladimir Nabokov, la cui interprete è una bambina di soli 11 anni. Lo spettacolo forse non andrà in scena perché la Direzione Territoriale del lavoro ha sentito puzza di pedofilia. Un comunicato della compagnia di danza infatti spiega che “la Direzione Territoriale del lavoro di Bologna, Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, a cui abbiamo regolarmente depositato la richiesta di autorizzazione al lavoro minorile per Olga Bercini, l’interprete di 11 anni dello spettacolo ci ha chiesto una variazione del copione per garantire la salute fisica e salvaguardare la moralità della minore nella parte di protagonista” (variazione ritenuta inaccettabile per la compagnia che al momento ha preferito far saltare lo spettacolo). Insomma una mossa politicamente corretta per evitare lo scandalo. La compagnia però obietta che non si deve leggere nel loro spettacolo nessun accento morboso perché si tratta semplicemente di “un lavoro che riflette sull’immagine di bambini-adulti, bambini-sexy e bambini di successo che tutti i giorni i media ci propongono. Un lavoro che si interroga su cosa significhi essere bambino oggi, che modello venga loro proposto e cosa loro introiettino”. E perché allora proporlo all’interno di un festival omosessuale? E perché usare proprio la vicenda di Lolita, bambina vittima di un rapporto pedofilo e incestuoso, per parlare d’altro come la reificazione, la banalizzazione e lo sfruttamento dell’immagine dei più piccoli? Ma forse, come ammoniscono gli organizzatori della manifestazione, queste sono solo domande da pignoli moralisti.

A conferma che il tema della pedofilia è un’ombra minacciosa che grava su questo gaio festival c’è anche “Victor”, coreografia del ballerino Jan Martens dove danzano un adulto e un bambino. Così il commento sul sito del festival: “Un uomo e un bambino danno vita a un duetto di corpi. Il primo ha già percorso un lungo cammino; il secondo vuole crescere il più in fretta possibile. Il risultato è una prova di potere giocata con armi impari. A fronteggiarsi sono la grandezza e l'onestà, la forza e l'innocenza, che in fondo non desiderano altro che incontrarsi a metà strada”. Speriamo solo che il punto mediano di incontro non sia il letto dell’adulto. Qui ci pare che siamo ben oltre all' "educazione" del rispetto delle differenze e non ci sembra che così dicendo siamo andati alla ricerca del “pelo nell’uovo”.