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UNA PROPOSTA DI LEGGE BIZZARRA

Il Pd si mette il camice e inventa la medicina di genere

Uomo e donna reagiscono diversamente alle patologie a seconda del gender. Il Pd deposita una PdL per promuovere la Medicina di genere, che si dice essere una nuova branca della scienza. Ma che nelle intenzioni conferma, senza volerlo, ciò che gli ideologi gender hanno sempre rifiutato: maschio e femmina sono diversi.

Educazione 12_05_2016
Un medico

Nel Pd sembrano aver trovato un’altra vasta prateria per portare avanti la battaglia sul gender. La chiamano Medicina di genere e secondo i deputati Dem che hanno presentato martedì un'apposita proposta di legge alla Camera è una nuova branca della medicina, che si propone lo scopo di arrivare ad una appropriatezza terapeutica per maschi e femmine. Le cui patologie, o risposte farmacologiche sono diverse proprio perché diverso è il sesso e diverso è il genere. Qui genere sta per l’insieme dei fattori relativi all'ambiente, alla società, all'educazione, alla cultura e alla psicologia dell’individuo che necessitano di trattamenti diversi a seconda della tipologia che si presenta davanti. 

A presentarla in sala stampa è stata l’onorevole Paola Boldrini che il 16 febbraio ha depositato la proposta di legge 3603 “Disposizioni per favorire l’applicazione e la diffusione della medicina di genere”. 

Questa la premessa: «Con il termine “genere” - si legge - facciamo riferimento ad una costruzione sociale di norme, comportamenti, attività, relazioni e attributi che una data società considera appropriata per uomo e donna, riferendosi allo specifico momento storico e alla propria cultura, sulla base di tipologie sociali condivise e accettate».

Da qui l’affermazione che «le differenze di sesso e genere hanno un forte impatto sull’incidenza e sul decorso delle patologie di tutti gli organi e di tutte le parti del corpo e spesso presentano sintomatologia, decorso clinico, risposta ai farmaci ed esiti diversi nell’uomo e nella donna».

Ora, se per le differenze di sesso tutto ciò è assolutamente e scientificamente comprensibile, diversamente avremmo andrologi specializzati in menopausa, è per quelle di genere che la cosa si complica. Dire che una costruzione sociale come il gender abbia incidenza sul decorso delle patologie di tutti gli organi sembra alludere che una tracheite, ad esempio, possa essere curata diversamente se quel giorno, il paziente si sentisse uomo invece che donna. O che un ictus potrebbe insorgere più facilmente se un maschio quel giorno si sentisse donna. 

Il costrutto però si articola su più pagine e vengono offerte anche posizioni dell’OMS e di alcune riviste scientifiche che hanno dedicato molte pagine alla medicina di genere oltre a un congresso nazionale sul tema.

Ma il sospetto che si tratti di una trappola, di quelle che magari servono per affermare pretese ideologiche e non evidenze cliniche, è dietro l’angolo. Basta leggere questa frase per farsi venire qualche dubbio: «Quello che stiamo definendo come approccio di salute pubblica si basa sul modello bio-sociale di salute che riconosce il genere tra i fattori strutturali che determinano la salute ed enfatizza l’importanza della prevenzione primaria. Considera, ad esempio, la violenza di genere non solo una questione dell’individuo, né di sola criminalità, né solo un problema medico e nemmeno il risultato di un singolo fattore, ma il prodotto di più fattori di rischio, che interagiscono tra loro a diversi livelli e che richiedono l’interesse della collettività». In questo caso la medicina di genere dovrebbe curare la vittima o il cosiddetto omofobo? Urge risposta della comunità scientifica. 

E ancora: «Il Presidente del Consiglio dei ministri, avvalendosi del Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei ministri e dell’Ufficio nazionale antidiscriminazioni razziali, emana indicazioni per la valutazione dell’attuazione della presente legge, in conformità alle norme europee in materia di antidiscriminazione». Cioè: con tutto il potere che adesso ha, Renzi dovrebbe anche stabilire come e quando diagnosticare un caso in cui a intervenire è la Medicina di genere?

La confusione è tanta, soprattutto, se partiamo da questa banale riflessione: la "medicina di genere" sostiene, anzi afferma che uomini e donne sono diversi. Che non è una grande novità: da sempre il reparto di ostetricia è riservato alle donne, con grave discriminazione nei confronti degli uomini. 

Ma dato che ormai il gender è una moda il Pd non vuole togliere ai medici il diritto di essere anche loro gender oriented ed essere così à la page

Così si ricorre alla “medicina di genere", anche se afferma il contrario di quanto dice l’ideologia. Siccome non potevano chiamarla Medicina di sesso, perché avrebbe confermato ciò che da sempre gli ideologi del genere aborrono e cioè che maschio e femmina sono diversi, l’hanno chiamata medicina di genere confidando nella bontà del mainstream, il quale però basterebbe si ponesse questa semplice domanda per intuire il tranello: se il genere è "una costruzione sociale" o per lo meno qualcosa che non attiene alla biologia, come può esistere una medicina "di genere”? 

 

A patto ovviamente che questo non serva ad ottenere cattedre universitarie o primariati in qualche ospedale. In questo caso capiremmo almeno le (buone?) intenzioni.