Il patriarca Pizzaballa tra i cristiani a Gaza: «Siete la luce di Cristo»
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Dopo un lungo tira e molla cone le autorità israeliane, il cardinale ha ricevuto il permesso di celebrare la Messa nella chiesa della Sacra Famiglia, dove ha valorizzato la testimonianza dei cristiani di Gaza sostenendoli nella speranza. Polemica tra il Papa e l'ambasciata israeliana presso la Santa Sede.
Ha attraversato il posto di blocco tra Israele a Gaza a bordo di un’auto guidata da un sacerdote. Dopo minuziosi controlli, i militari israeliani, che sorvegliano notte e giorno quel passaggio, hanno dato il via libera al cardinale Pierbattista Pizzaballa, patriarca di Gerusalemme dei Latini per poter transitare e raggiungere la parrocchia della Sacra Famiglia nel cuore di Gaza. Ad accoglierlo, oltre ai sacerdoti del Verbo Incarnato, c’era un gran numero di cristiani che si era riunito dentro la chiesa. Un lungo applauso ha accolto il patriarca. Sia prima che dopo la messa, la gente gli si è stretta attorno. Non chiedeva aiuti materiali, ma preghiere. «Sayyedna, prega per me!, «Prega per la nostra famiglia»; «A Betlemme, quando terrai tra le mani il Bambino Gesù chiedigli che ci protegga e che faccia finire questa guerra».
Il cardinale Pizzaballa è afflitto e addolorato. Pensa a quanto ha visto durante il tragitto che dal confine porta alla parrocchia. Solamente distruzione. Villaggi che ora sono solo un cumulo di rovine e tra le macerie uomini e donne che cercano i loro cari che ancora mancano all’appello o qualche oggetto che potrebbe tornare utile. Il patriarca benedice i presenti, ai bambini e agli anziani fa il segno di croce sulla fronte. Ha una parola di speranza per tutti: «Tutti volevano venire e stare con voi, portare doni, ma non abbiamo potuto portarvi molto. Siete diventati la luce della nostra Chiesa nel mondo intero», dice nell'omelia. Nella parrocchia c’è un silenzio tombale. Molti hanno la corona tra le mani. Il loro sguardo è rivolto alla statua della Madonna. «A Natale – ha detto Pizzaballa - celebriamo la luce e chiediamo: dov'è questa luce? La luce è qui, in questa chiesa».
Durante l’omelia, il cardinale guarda i volti degli astanti e dice: «Viviamo in un tempo pieno di oscurità e non c'è bisogno di dilungarci perché lo sapete bene. In questi momenti, dobbiamo prima guardare a Gesù, perché Lui ci dà la forza di sopportare questo periodo buio. Nell'ultimo anno, abbiamo imparato che non possiamo fare affidamento sugli uomini. Quante promesse sono state fatte e mai mantenute? E quanta violenza e odio sono sorti a causa delle persone? Ma non dobbiamo permettere all'odio di infiltrarsi nei nostri cuori. Se vogliamo rimanere una luce, dobbiamo rendere i nostri cuori disponibili solo a Gesù».
Mentre il patriarca parla, il rumore prodotto dai droni sovrasta la sua voce: «Non abbiate paura! Non abbiate paura! Non vi abbandoneremo mai». E ha proseguito: «Non so quando o come finirà questa guerra, e ogni volta che ci avviciniamo alla fine, sembra che si ricominci da capo. Ma prima o poi, la guerra finirà e non dobbiamo perdere la speranza. Quando le ostilità finiranno, ricostruiremo tutto: le nostre scuole, i nostri ospedali e le nostre case. Dobbiamo rimanere uniti e pieni di forza». E citando una considerazione fatta da un parrocchiano, l’ultima volta che aveva visitato Gaza a guerra già iniziata, ha così proseguito: «Come cristiani, non c'è violenza nel nostro sangue. Vogliamo rimanere cristiani e rimanere la luce in questo luogo». Ha poi concluso: «Non abbiate paura, perché nessuno può toglierci la luce di Cristo. Continuate a dare la buona testimonianza della fede cristiana».
Pizzaballa è giunto a Gaza dopo una polemica a distanza tra Papa Francesco e l’Ambasciata israeliana accreditata presso la Santa Sede. Il pontefice, incontrando sabato scorso i cardinali e i vescovi e vari collaboratori di curia, per i tradizionali auguri di Natale, ha ricordato, tra l’altro, tutti i conflitti sparsi nel mondo. In particolare si è soffermato sulla Terra Santa dicendo: «Ieri - 20 dicembre - al Patriarca [di Gerusalemme dei Latini, ndr] non è stato concesso di entrare a Gaza, come avevano promesso; e ieri sono stati uccisi dei bambini sotto i bombardamenti. Questa è crudeltà. Questa non è guerra. Voglio dirlo perché tocca il mio cuore». Immediata la reazione dall’ambasciatore israeliano presso la Santa Sede, Yaron Sideman, che ha dichiarato: «È falso. Il patriarca Pizzaballa è stato autorizzato ad entrare a Gaza». Ma le autorità israeliane, ad onor del vero, solamente in tarda serata hanno comunicato alla cancelleria del Patriarcato l’autorizzazione per il cardinale Pizzaballa ad entrare nella Striscia di Gaza.
Ma è stato Yisrael Katz, ministro degli Esteri del governo Netanyahu, a usare espressioni dure in disapprovazione delle parole del Papa: «La colpa dovrebbe essere imputata esclusivamente ai terroristi, non alla democrazia che si difende da loro. Basta con i due pesi e le due misure e con l’accanimento contro lo Stato ebraico e il suo popolo. La crudeltà è che i terroristi si nascondono dietro i bambini, mentre cercano di uccidere i bambini israeliani. La crudeltà è tenere cento ostaggi per 442 giorni, tra cui un neonato e dei bambini».
Ma sono i fatti a smentire quanto sostiene il ministro. In un video, pubblicato dall'agenzia Unrwa, sul suo canale Telegram, proprio lo scorso venerdì sera, si vede il personale dell’agenzia mentre recupera le vittime da sotto le macerie della casa della famiglia Khallah a Jabalia. L’attacco aereo israeliano, nella parte settentrionale della Striscia, ha ucciso dodici membri della stessa famiglia, tra cui sette bambini. L'esercito israeliano (Idf), tramite un comunicato, ha diffuso la notizia di aver colpito diversi terroristi che operavano in una struttura militare appartenente ad Hamas e che rappresentavano una minaccia per le truppe dell'Idf che operano nella zona. Ma secondo un primo esame dei soccorritori, il numero riportato di vittime risultanti dall'attacco non corrisponde alle informazioni in possesso delle forze armate israeliane.
Nel frattempo proseguono a singhiozzo le trattative per un cessate il fuoco. Israele avrebbe accettato di rilasciare circa 200 prigionieri palestinesi che scontano l'ergastolo come parte di un accordo. Hamas, da parte sua, avrebbe accettato di rilasciare undici lostaggi nella prima fase "umanitaria" della tregua.
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