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ITALICUM

Il partito trasversale del voto anticipato

E’ trasversale il partito delle elezioni anticipate. Ne fanno parte l’ex premier Matteo Renzi, con, almeno a parole, la maggioranza del Pd; Salvini, Meloni e Toti, quindi gran parte del centrodestra; il Movimento Cinque Stelle. Avrebbe la maggioranza assoluta, ma tra il dire e il fare c'è di mezzo il mare.

Politica 29_01_2017
Matteo Renzi

E’ trasversale il partito delle elezioni anticipate. Ne fanno parte l’ex premier Matteo Renzi, con, almeno a parole, la maggioranza del Pd; Salvini, Meloni e Toti, quindi gran parte del centrodestra; il Movimento Cinque Stelle. Avrebbe quindi i numeri, anche nell’attuale Parlamento, per imporre lo showdown e costringere il Presidente Mattarella a sciogliere le Camere per consentire l’immediato ricorso alle urne.

Ma tra il dire e il fare c’è di mezzo il mare, rappresentato da una serie di emergenze economico-finanziarie, di calamità naturali, di storici appuntamenti internazionali, che sconsigliano, in base al buon senso, di lasciare il nostro Paese privo di stabilità di governo nel 2017. Senza contare l’attaccamento alla poltrona di centinaia di parlamentari che hanno la quasi certezza di non riottenere una ricandidatura e che, dunque, vorrebbero mettere al sicuro il vitalizio, restando in carica almeno fino a settembre.

Nonostante avesse dichiarato che, in caso di sconfitta al referendum del 4 dicembre scorso, si sarebbe ritirato dalla scena, l’ex premier Matteo Renzi continua a ritenersi l’azionista di maggioranza della politica italiana. E forse, in mancanza di leadership alternative, lo è anche. Tuttavia, si è ulteriormente indebolito dopo la sentenza della Consulta che ha smontato l’Italicum, legge elettorale sulla quale aveva pervicacemente messo la fiducia dopo averla definita la migliore legge elettorale del mondo.

Renzi è intervenuto ieri a Rimini all’assemblea degli amministratori locali del Pd e ha replicato indirettamente a Massimo D’Alema che, nelle stesse ore, a Roma, rilanciava la sfida per un nuovo centrosinistra, evocando lo spettro della scissione in caso di elezioni anticipate e quindi di “opa” renziana sulle liste. Non lo ha nominato e ha provato a snobbarlo, chiarendo che il vero avversario è il Movimento Cinque Stelle, non D’Alema: <L’avversario è chi gioca le carte della superficialità e della paura e non chi cerca di fare polemica all’interno della nostra area. Noi vinciamo le elezioni confrontandoci sul programma, il salto nel buio nella scelta Cinque Stelle, che alcuni cittadini hanno fatto, come a Roma, porta diretto nel tunnel delle scie chimiche>.

L’ex sindaco di Firenze ha lasciato intendere di puntare segnatamente al voto anticipato e ha provato a serrare le file come fece in occasione delle europee del maggio 2014, quando però potè giocare, da Palazzo Chigi, la carta degli ottanta euro, e conquistò così il 40,8% dei consensi: <C’è un modo per evitare il caos: arrivare al 40%. Possiamo farlo noi, possono farlo gli altri. Noi ci siamo già arrivati: una volta è stata una vittoria, una volta una sconfitta. Siamo abituati ad arrivare al 40% se smettiamo di guardare al nostro ombelico e parliamo dei veri problemi dell’Italia. Le prossime elezioni segneranno la sfida tra chi pensa che fare politica sia fare le cose e chi pensa che sia solo gridare rabbia>.

Ma Renzi sa bene che per arrivare al 40% ha una sola possibilità: compattare tutto il suo partito, concedendo ai bersaniani e alle altre opposizioni interne un certo numero di candidature, e inserire in un unico listone anche gli alfaniani e tutta la nuova sinistra che si coagula attorno a Pisapia e Boldrini. Ma quest’ultima accetterà di farsi intruppare in un contenitore indistinto con i postdemocristiani?

Cantieri aperti anche sull’altro fronte, quello del centrodestra. In piazza a Roma si sono dati appuntamento Lega e Fratelli d’Italia (erano presenti molti esponenti forzisti, tra cui il capogruppo alla Camera, Renato Brunetta e il governatore della Liguria, il forzista Giovanni Toti), per chiedere a gran voce il ritorno alle urne, passando per le primarie nel centrodestra. "Qui c’è l’Italia che vuole tornare a votare e difendere la sua identità –ha tuonato Giorgia Meloni- e che ha bisogno di più sicurezza e che chiede di chiudere le frontiere e vuole investire sulla famiglia". Matteo Salvini ha insistito: "Qui bisogna andare a votare il prima possibile, con qualunque legge elettorale". Brunetta, invece, ha frenato: "Prima una legge elettorale che renda governabile il Paese". D’altronde, con il nuovo processo sul caso Ruby-Olgettine, il leader Silvio Berlusconi avrà altre gatte da pelare da aprile in poi e, anziché sperare nella riabilitazione da Strasburgo, dovrà parare nuovi colpi giudiziari. Il che rende anche più debole l’asse Renzi-Berlusconi che punterebbe a  larghe intese dopo il voto. Nel centrodestra c’è stata ieri anche l’iniziativa di Raffaele Fitto, “Direzione Italia”, che punta a elezioni primarie con date certe.

Nonostante il caso-Raggi, l’unica forza politica che appare oggi pronta alle urne, pur essendo percorsa anch’essa da profonde divisioni interne, è il Movimento Cinque Stelle, che spera di potersi presentare agli elettori come l’unica forza politica anti-casta e anti-inciuci per sfondare il tetto del 40% e conquistare il premio di maggioranza.

Ma sono tutte considerazioni teoriche. Il pallino resta saldamente nelle mani del Quirinale, che, con la sua moral suasion, indicherà la strada migliore per il bene del Paese, che potrebbe anche essere quella di chiedere ai partiti e al Parlamento un prolungato appoggio all’attuale esecutivo Gentiloni, in nome dell’interesse nazionale. Con buona pace del partito del voto anticipato.