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EDITORIALE

Il Papa non lo dice? E glielo facciamo dire lo stesso

I servizi sulla visita del Papa ad Assisi tradiscono la sorpresa per interventi ben diversi da quelli attesi. Ma in molti hanno piegato le parole del Papa all'immagine di "giustiziere" dei predecessori che si vuole dare.

Editoriali 06_10_2013
Rai Radio Uno

Dicevamo ieri che papa Francesco ha spiazzato tutti i giornalisti accorsi ad Assisi in gran numero per essere testimoni di quello che veniva annunciato da giorni come un gesto eclatante di spogliazione della Chiesa. E il Papa, nella Sala della Spogliazione che sarebbe dovuto essere il teatro del gesto rivoluzionario, si è un po’ preso gioco di loro iniziando così: «In questi giorni, sui giornali, sui mezzi di comunicazione, si facevano fantasie. “Il Papa andrà a spogliare la Chiesa, lì!”. “Di che cosa spoglierà la Chiesa?”. “Spoglierà gli abiti dei Vescovi, dei Cardinali; spoglierà se stesso”».  Per poi spiegare che tutti i battezzati sono chiamati a spogliarsi dello spirito del mondo, che porta vanità, prepotenza, orgoglio, e che alla fine è responsabile di tante tragedie, come quella appena compiutasi a Lampedusa. Si deve semplicemente scegliere tra Dio e il mondo, non c'è possibilità di mescolanze. Di qui o di là, e i cristiani non possono seguire il mondo.

Il colpo è stato chiaramente accusato dai media, che si sono trovati sbertucciati e improvvisamente alla ricerca di titoli per sostituire quelli che avevano già in testa. Soprattutto nelle versioni online dei quotidiani si sono visti titoli che tradivano la sorpresa, dal banale “Il Papa condanna la mondanità” - che di fronte alla bellezza di quanto accaduto e alla ricchezza dei discorsi, faceva cascare le braccia – al grottesco “No ai cristiani da pasticceria”, che letto così poteva suonare come una preferenza per il semplice bar sotto casa, un caffè e una brioche e via.

Ma alla fine quel clima di attesa per una Chiesa da mettere in liquidazione, che si era creato nei giorni precedenti, non poteva essere cancellato come se niente fosse. Ecco allora che in tanti servizi si è provato a far dire al Papa ciò che non aveva affatto inteso dire.

Clamoroso al proposito il servizio del vaticanista di lungo corso Raffaele Luise al Gr1 ascoltato ieri mattina alle 8. Il servizio esordiva così: “La Chiesa deve rifiutare radicalmente la lebbra della mondanità spirituale  e farsi povera e per i poveri. Nel suo intensissimo pellegrinaggio nella terra del poverello, Francesco ha voluto così voltare pagina rispetto agli ultimi 1700 anni di cristianesimo collaterale al potere”. Insomma, non fa  niente cosa dice il Papa, quello che deve passare è l’immagine di un Bergoglio in totale rottura con la Chiesa del passato (durata ovviamente fino a Benedetto XVI incluso), un giustiziere deciso a fare piazza pulita di una Chiesa collusa, che ha tradito la sua missione praticamente quasi dall’inizio. Ovviamente i 1700 anni di collusione con il potere non hanno niente a che vedere con quanto il Papa ha detto e fatto ad Assisi, sono tutti farina del sacco di Luise che peraltro dovrebbe spiegarci come mai, così ammanicati con il potere, i cattolici subiscano in tutto il mondo violente persecuzioni con decine di migliaia di martiri ogni anno.

Ma non basta, il Papa non è solo quello che rompe con il passato, deve essere anche quello della solidarietà universale, del “volemose bene” tutti quanti, nessuno escluso, e ovviamente anti-capitalista. E allora ecco la sintesi di Luise: «Molti ci chiedono di essere cristiani da pasticceria alieni dalla solidarietà e dalla fraternità, ha stigmatizzato Francesco». Cioè, secondo Luise, il Papa avrebbe detto che il cristiano da pasticceria è quello che non è solidale. E ci si chiede: cosa c’entra la pasticceria con la solidarietà e la fraternità?

Tutto si chiarisce se si prende ciò che il Papa ha effettivamente detto: «Dal primo battezzato, tutti siamo Chiesa, e tutti dobbiamo andare per la strada di Gesù, che ha percorso una strada di spogliazione, Lui stesso. E’ diventato servo, servitore; ha voluto essere umiliato fino alla Croce. E se noi vogliamo essere cristiani, non c’è un’altra strada. Ma non possiamo fare un cristianesimo un po’ più umano – dicono – senza croce, senza Gesù, senza spogliazione? In questo modo diventeremo cristiani di pasticceria, come belle torte, come belle cose dolci! Bellissimo, ma non cristiani davvero!».

I cristiani di (e non “da”) pasticceria sono quelli che vorrebbero fare a meno della Croce e di Gesù, altro che «alieni dalla solidarietà». I cristiani di pasticceria sono quelli di un cristianesimo sentimentale e buonista, che poi il Papa bacchetterà ancora durante l’omelia in piazza, quando farà a pezzi quell’immagine falsa di un San Francesco «sdolcinato» che semplicemente non esiste. Ma che ovviamente Luise ripropone nel suo servizio ricordando la «vocazione di pace e di amore alle creature di san Francesco».

In tutto il servizio è semplicemente mancata quell’unica cosa che il Papa ha voluto sottolineare per tutto il giorno, in tutti gli incontri che ha fatto: Gesù Cristo. Tutto ruota attorno a lui, San Francesco si capisce soltanto a partire da questo amore per Gesù. Eppure dalla bocca dell’inviato Rai il nome Gesù non è uscito neanche per sbaglio, l’importante era non rovinare quell’immagine di papa Francesco giustiziere dei suoi predecessori che con tanta cura era stata costruita nei giorni precedenti. Che tristezza.