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EDITORIALE

Il Papa mi ha detto che...

È ormai il tormentone dell’anno: non passa settimana che non ci sia qualcuno che esterna presunte affermazioni del Papa. E a noi c'è chi rimprovera di voler fare finta di nulla. Ma il nocciolo vero della questione è decidere cosa è il Papa per noi.

Editoriali 12_05_2014
Papa Francesco al telefono

«Il papa mi ha detto che…» è ormai il tormentone dell’anno: non passa settimana che non ci sia qualcuno – dai cardinali all’ultimo dei fedeli – che non si senta in dovere di comunicare al mondo una frase che papa Francesco avrebbe detto loro durante un’udienza privata o nel corso di una telefonata.

A volte peraltro sono anche frasi di segno opposto: a un vescovo raccomanda di lottare nel suo paese contro chi vuole distruggere la famiglia e a un altro di considerare normale qualsiasi tipo di unione. In gran parte però sono citazioni che vanno in direzione – diciamo così – “progressista”.

L’ultimo in ordine di tempo è il cardinale Walter Kasper, di cui abbiamo già parlato nei giorni scorsi, che addirittura ha voluto presentare un Papa che si fa beffe di altri cardinali e delle loro fisse sull’ortodossia. C’è poi il drappello di coloro a cui papa Francesco pare abbia affidato dei compiti particolari che, ovviamente, se ne vantano. In particolare sono già usciti almeno due prelati che dicono di essere stati chiamati per lavorare ad una prossima enciclica su ambiente e povertà (clicca qui e qui), e addirittura ne lasciano intendere i contenuti rivoluzionari per poi affermare che «farà molto rumore». Anche questo è un fatto senza precedenti: ogni Papa, per scrivere un’enciclica chiede aiuto a persone che ritiene esperte, ma finora chi collaborava lo faceva con la massima discrezione, senza vantarsi in pubblico, soprattutto prima che l’enciclica venisse pubblicata. Ora invece sembra che ci sia una gara a chi vanta maggiore prossimità e influenza sul Papa.

Non dovrebbe esserci neanche il bisogno di un ordine vaticano per consigliare il silenzio e la discrezione, ma forse sarà il caso di cominciare a pensarci. Anche perché sono proprio queste frasi citate fuori contesto e per motivi tutti da verificare che fanno notizia e creano opinione.  

Questo mi dà però l’opportunità di tornare sull’argomento dell’editoriale del 24 aprile (“Chi specula sulle telefonate del Papa”) che aveva creato qualche perplessità nei lettori e si era addirittura meritato una lettera aperta al sottoscritto da parte di don Ariel Levi di Gualdo, pubblicata su un altro sito. In quell’editoriale si faceva riferimento al caso della donna argentina, sposata con un divorziato, a cui il Papa avrebbe detto di comunicarsi tranquillamente, magari andando in un’altra parrocchia, e al caso del battesimo – sempre in Argentina – del figlio di due lesbiche con madrina d’eccezione il presidente dell’Argentina Cristina Kirchner. Nell’occasione sottolineavo che si trattava di speculazioni interessate visto che si trattava di telefonate riportate o di episodi che con il Papa direttamente non c’entravano nulla.

L’obiezione che mi veniva mossa è che comunque questo Papa è spesso ambiguo, e in particolare don Ariel mi rimprovera di «parlare della buccia senza andare al nocciolo». E il nocciolo sarebbe, detto in estrema sintesi, che è il Papa a creare confusione e ad essere fonte di equivoci con le sue uscite «ambigue e vaghe».

Personalmente credo invece che la buccia sia sprecare fiumi di inchiostro su “presunte” frasi del Papa, tanto più che poi si ignora quello che il Papa dice veramente esercitando il suo ministero. Nel caso poi della telefonata alla donna argentina, il giorno dopo il portavoce della Santa Sede oltre a ricordare che si tratta di rapporti personali del Papa e quindi non ci sono commenti pubblici, nel caso della telefonata alla donna argentina affermava che «Ciò che è stato diffuso a questo proposito, uscendo dall’ambito proprio dei rapporti personali, e la sua amplificazione mediatica conseguente, non ha conferma di attendibilità ed è fonte di fraintendimenti e confusione. È perciò da evitare di trarre da questa vicenda conseguenze per quanto riguarda l’insegnamento della Chiesa». 

La domanda allora è: posso esprimere giudizi e costruire teorie su una frase attribuita al Papa e che il suo portavoce non solo non conferma ma ne toglie attendibilità alla fonte? E questo vale per tutti i «il Papa mi ha detto che…». La scorsa settimana, ad esempio, anche l’ex segretario di Stato, il cardinale Tarcisio Bertone, a proposito degli attacchi ricevuti per la storia dell’appartamento da 700 mq in cui andrebbe a vivere, ha affermato che papa Francesco non solo non è arrabbiato con lui – come per giorni hanno detto giornali e tv -, ma addirittura gli ha fatto una telefonata di solidarietà per gli attacchi ricevuti. Se usassimo lo stesso metro usato per la donna sposata con un divorziato dovremmo concluderne che il Papa “copre” Bertone, magari sostenere che predica bene (la povertà) ma razzola male (sostenendo cardinali che vivono nel lusso). 

Ma si può perdere tempo così? Correre dietro ai “mi ha detto….”, e ignorare quello che il Papa ha veramente detto in pubblico o nell’esercizio del suo Magistero? Pensiamo semplicemente a questi giorni: il Papa ha parlato alle agenzie dell’Onu, ha parlato ai preti e ha parlato al mondo della scuola. Discorsi importanti, in cui ha anche affermato princìpi importanti come la centralità della famiglia e il valore della vocazione sacerdotale. Eppure, vediamo alcuni cattolici agitarsi per le telefonate riportate da altri. Per me è questo il “parlare della buccia”.

E’ vero che è la grande stampa laica a cogliere ogni volta l’occasione per dare l’impressione che la Chiesa stia sul punto di cambiare la dottrina, e di questo è giusto che tenga conto anche la Santa Sede, ma almeno i preti e i giornalisti cattolici dovrebbero cercare di ristabilire la verità anziché correre dietro a Repubblica e Corsera.

Noi più volte abbiamo ribadito che c’è una differenza tra ciò che è Magistero - e quindi impegna tutti i fedeli a seguirlo - e opinioni personali o interviste o, addirittura, conversazioni riportate su cui si possono avere legittimamente idee diverse o che possono essere facilmente manipolate. Noi intendiamo seguire il Magistero, dare conto di ciò che effettivamente il Papa dice e fa, senza per questo chiudere gli occhi su aspetti che possono anche essere controversi. Il resto lo lasciamo volentieri ad altri.

Ma qui veniamo anche al vero nocciolo della questione: il Papa non ci interessa perché è simpatico o perché è un fine teologo o perché è d’accordo con noi. Il Papa ci interessa perché è il punto d’unità della Chiesa, perché si è cattolici solo in quanto si è uniti al Papa, perché egli è la garanzia di essere nella Tradizione. Non si può avere nei confronti del Papa – di qualsiasi Papa – l’atteggiamento che abbiamo nei confronti del presidente del Consiglio o della Repubblica. Ripeto: si può benissimo criticare o esprimere perplessità, ad esempio, sul modo in cui si sta riformando la Curia o su alcune nomine (ma questo valeva anche per i predecessori), ma è assurda la tendenza a fare l’esame di ogni parola che dice per coglierlo in fallo.

Il nocciolo è dunque che dobbiamo anzitutto decidere cos’è il Papa per noi, e se davvero crediamo che a guidare la Chiesa sia Cristo, come soleva ripetere Benedetto XVI.