Il papà è nei panni di Dio, ma non è Padreterno
"Fin dal primo figlio ti ritrovi a vestire i panni di Dio, ma il suo vero Genitore è un Altro, e a Lui hai il compito di rimandarli". Il nuovo libro di Andrea Torquato Giovanoli, Papà senza controllo – O dell’essere padri e non Padreterni. La Nuova BQ lo ha intervistato.
Andrea Torquato Giovanoli, scrittore in carriera con un passato da artigiano, ha dato alle stampe il suo settimo libro: Papà senza controllo – O dell’essere padri e non Padreterni. In uscita per i tipi della Berica Editrice, all’interno della collana UomoVivo, il testo prende spunto da situazioni familiari quotidiane per andare ad approfondire il senso pieno dell’essere genitori, riscoprendosi innanzitutto figli bisognosi del Padre, cui continuare a guardare per non rimanere invischiati nella miseria dell’umano ma anche cui si è chiamati a fare da riflesso per i figli vivi in terra. Abbiamo scambiato alcune battute con l’Autore, che ci ha dato qualche assaggio dei contenuti del libro.
Andrea, sei un eptapapà, con tre figli in Cielo, tre in terra e uno in arrivo. Cosa ti hanno insegnato i tuoi bambini sull’essere figlio di Dio?
Fin dal primo figlio ti ritrovi a vestire i panni di Dio, poiché nell'osservare come egli ti guarda scopri che ai suoi occhi tu sei, volente o nolente (e almeno fino all'adolescenza), la prima immagine di Lui che egli abbia, e ciò ti dona l'opportunità di comprendere un po' meglio non solo la Sua paternità a te, ma anche, di converso, la tua figliolanza a Lui.
Prima di diventare padre pensavi che sarebbe stato sufficiente essere un genitore anche di poco migliore al tuo. È ancora questa la tua opinione sulla paternità?
Anche se come ragionamento rimane valido, accontentarsi di ciò equivale a vivere una genitorialità ridotta al minimo sindacale, e con il tempo e l'esperienza hai modo di renderti conto che ciò non basta affatto, poiché presto ti ritrovi a constatare che in te stesso non hai un amore sufficiente ad adempiere a quell'immane responsabilità che è crescere dei figli, ma puoi solo mutuarlo da Colui che è Amore e del quale, come abbiamo detto, tu sei l'immagine per la tua prole.
La responsabilità di un genitore è crescere dei figli “perfetti” agli occhi del mondo?
Affatto: chi è perfetto a questo mondo? Quale genitore ha il potere di garantire una vita non intersecata dalla sofferenza ai propri figli? La prima responsabilità verso la propria prole è quella di favorirne la salute dell'anima, prima ancora di quella del corpo, poiché essi ti sono stati dati in affidamento, ma il loro vero Genitore è un Altro, e a Lui hai il compito di rimandarli.
Viviamo oggi in un’epoca in cui il codice paterno è in difficoltà. Quanto è invece importante, per l’educazione, che in famiglia vi sia un garante delle regole, capace anche di punire, quando serve?
Se privi un bambino dei giusti limiti, lo privi di punti di riferimento certi entro cui identificare se stesso, condannandolo a diventare un adulto senza coscienza di sé, incline a presumersi onnipotente e allo stesso tempo divorato dal terrore di un incolmabile vuoto interiore che prima o poi lo consumerà. Usando una figura retorica riduttiva, se il figlio è una pianticella, la madre è la terra che lo sostenta e il padre è l'asticella che lo fa crescere dritto.
Nella parte del tuo libro dove parli del dolore affermi che «anche la sofferenza è un talento». Potresti spiegare meglio cosa intendi?
Dio, in Cristo, ha assunto nella Sua divinità l'umanità tutta intera dei Suoi figli, comprensiva di gioie e dolori, ultimamente della morte, per trasfigurarla nella Risurrezione, ecco che allora all'uomo è data la possibilità di offrire a Dio in Cristo ogni circostanza della vita, anche quella più drammatica, comprendendo infine che, se la sofferenza, la malattia e la morte sono sì realtà ineluttabili, ribellarvisi è stoltezza, ignorarle è vanità ed accettarle è rassegnazione, ma accoglierle invece in Cristo è, in verità, scoprirne il senso trascendente.
Un’ultima domanda: cosa ti ha regalato scrivere questo libro?
La possibilità di condividere con altri genitori la mia povera esperienza, costatando di ritorno come mia moglie ed io non siamo da soli ad ostinarci a nuotare quotidianamente contro la corrente di questo mondo occidentale ormai impregnato da una cultura della morte che rischia realmente di condurci all'estinzione.