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L'EDITORIALE

Il Papa: c'era una volta Erode. E c'è ancora

C'è un po' di Erode anche in noi, che siamo ciechi di fronte ai segni che Dio ci dona. A differenza dei magi, i quali non sono rimasti chiusi nella loro scienza e conoscenza, ma seguendo la stella si sono imbattuti nel Bambino...

Editoriali 06_01_2011


Nella densa omelia che ha pronunciato per la festa dell’Epifania Benedetto XVI ci ha fatto scoprire un nostro contemporaneo: il re Erode. Non solo infatti c’era una volta questo re malvagio, ma c’è ancora. Rappresenta un atteggiamento sbagliato nei confronti di Dio e della religione che è ancora tragicamente diffuso, e di cui tutti qualche volta siamo vittima. «Erode – come lo ha descritto il Papa – è un uomo di potere, che nell’altro riesce a vedere solo un rivale da combattere.

In fondo, se riflettiamo bene, anche Dio gli sembra un rivale, anzi, un rivale particolarmente pericoloso, che vorrebbe privare gli uomini del loro spazio vitale, della loro autonomia, del loro potere; un rivale che indica la strada da percorrere nella vita e impedisce, così, di fare tutto ciò che si vuole». Erode è l’icona del potere che non vuole riconoscere nessun limite in alto, nella legge morale e in Dio autore di quella legge, per potere ignorare qualunque limite in basso, nella libertà e nei diritti delle persone e dei corpi intermedi. Per Erode «allora Dio stesso deve essere offuscato e le persone devono ridursi ad essere semplici pedine da muovere nella grande scacchiera del potere».

Erode c’è ancora, e forse c’è più ancora che ai suoi tempi, perché è precisamente nella modernità che il potere ha rifiutato i suoi due limiti, quello in alto e quello in basso. Né si tratta solo del potere politico. Tutti esercitiamo qualche piccolo potere, almeno sulla nostra stessa vita, e tutti rischiamo di vedere in Dio un ostacolo alla natura, che ci piacerebbe fosse illimitata, di questo potere. Allora «dovremmo chiederci: forse c’è qualcosa di Erode anche in noi? Forse anche noi, a volte, vediamo Dio come una sorta di rivale? Forse anche noi siamo ciechi davanti ai suoi segni, sordi alle sue parole, perché pensiamo che ponga limiti alla nostra vita e non ci permetta di disporre dell’esistenza a nostro piacimento?».

Al servizio del potere di Erode stanno i chierici che hanno tradito: «gli studiosi, i teologi, gli esperti che sanno tutto sulle Sacre Scritture, che ne conoscono le possibili interpretazioni, che sono capaci di citarne a memoria ogni passo». Potrebbero essere «un prezioso aiuto per chi vuole percorrere la via di Dio». Invece, come «afferma sant’Agostino [354-430], essi amano essere guide per gli altri, indicano la strada, ma non camminano, rimangono immobili. Per loro le Scritture diventano una specie di atlante da leggere con curiosità, un insieme di parole e di concetti da esaminare e su cui discutere dottamente».

Così, partendo dalla riduzione delle Scritture da Parola di Dio a semplice oggetto di curiosità intellettuale, finiscono per diventare intellettuali di corte di Erode. Anche questi chierici che tradiscono e si consegnano a Erode ci sono ancora ai nostri giorni. Oggi «nuovamente possiamo domandarci: non c’è anche in noi la tentazione di ritenere le Sacre Scritture, questo tesoro ricchissimo e vitale per la fede della Chiesa, più come un oggetto per lo studio e la discussione degli specialisti, che come il Libro che ci indica la via per giungere alla vita? Penso – afferma il Papa – che, come ho indicato nell’Esortazione apostolica Verbum Domini, dovrebbe nascere sempre di nuovo in noi la disposizione profonda a vedere la parola della Bibbia, letta nella Tradizione viva della Chiesa (n. 18), come la verità che ci dice che cosa è l’uomo e come può realizzarsi pienamente, la verità che è la via da percorrere quotidianamente, insieme agli altri, se vogliamo costruire la nostra esistenza sulla roccia e non sulla sabbia».

Ci sono poi i dotti di corte, anche loro al servizio di Erode. La stella cometa è visibile a tutti, e infatti la vedono anche loro. Ma non ne capiscono il significato. Questi dotti della corte di Erode in parte sono così pieni della loro scienza umana che non comprendono il vero significato del creato come orma e segno di Dio, in parte sono astrologi superficiali che riducono pericolosamente la scienza a superstizione «per cercare di “leggere” negli astri il futuro, eventualmente per ricavarne un guadagno».

I Magi, invece, non sono seguaci di un’astrologia deterministica. Scrutano gli astri piuttosto come «uomini “in ricerca” di qualcosa di più, in ricerca della vera luce, che sia in grado di indicare la strada da percorrere nella vita». I Magi non sono meno dotti dei sapienti di corte di Erode, ma a differenza di questi non sono rinchiusi nella loro scienza come in una trappola. Sono invece «persone certe che nella creazione esiste quella che potremmo definire la “firma” di Dio, una firma che l’uomo può e deve tentare di scoprire e decifrare». Per questo, capiscono il significato della stella.

Questa, ricorda il Papa, non è estranea alla scienza e nei secoli «è stata oggetto di discussione tra gli astronomi. [Giovanni] Keplero [1571-1630], ad esempio, riteneva che si trattasse di una “nova” o una “supernova”, cioè di una di quelle stelle che normalmente emanano una luce debole, ma che possono avere improvvisamente una violenta esplosione interna che produce una luce eccezionale». «Certo, cose interessanti – commenta Benedetto XVI – ma che non ci guidano a ciò che è essenziale per capire quella stella».

Se vogliamo capire i Magi, «dobbiamo riandare al fatto che quegli uomini cercavano le tracce di Dio; cercavano di leggere la sua “firma” nella creazione; sapevano che “i cieli narrano la gloria di Dio” (Sal 19,2); erano certi, cioè che Dio può essere intravisto nel creato. Ma, da uomini saggi, sapevano pure che non è con un telescopio qualsiasi, ma con gli occhi profondi della ragione alla ricerca del senso ultimo della realtà e con il desiderio di Dio mosso dalla fede, che è possibile incontrarlo, anzi si rende possibile che Dio si avvicini a noi. L’universo non è il risultato del caso, come alcuni vogliono farci credere. Contemplandolo, siamo invitati a leggervi qualcosa di profondo: la sapienza del Creatore, l’inesauribile fantasia di Dio, il suo infinito amore per noi. Non dovremmo lasciarci limitare la mente da teorie che arrivano sempre solo fino a un certo punto […] ma non riescono a spiegare il senso ultimo della realtà». Ci sono, infine, i consiglieri politici di Erode. A costoro sfugge un segno fondamentale: «sopra la grande città la stella sparisce, non si vede più».

Eppure questo segno, in un certo senso, è fatto apposta per loro, convinti che il futuro re d’Israele non possa che essere «nel palazzo reale, dove si trovavano i saggi consiglieri di corte». Invece, «quel neonato non si trovava nei luoghi del potere»; anzi «a volte, il potere, anche quello della conoscenza, sbarra la strada all’incontro con quel Bambino». Sul palazzo di Erode, per quanti intellettuali ci siano, la stella non brilla. Anche loro, anche questi consiglieri politici sono nostri contemporanei.

Infatti, nota Benedetto XVI, «se ci venisse chiesto il nostro parere su come Dio avrebbe dovuto salvare il mondo, forse risponderemmo che avrebbe dovuto manifestare tutto il suo potere per dare al mondo un sistema economico più giusto, in cui ognuno potesse avere tutto ciò che vuole. In realtà, questo sarebbe una sorta di violenza sull’uomo, perché lo priverebbe di elementi fondamentali che lo caratterizzano. Infatti, non sarebbero chiamati in causa né la nostra libertà, né il nostro amore.

La potenza di Dio si manifesta in modo del tutto differente: a Betlemme, dove incontriamo l’apparente impotenza del suo amore. Ed è là che noi dobbiamo andare, ed è là che ritroviamo la stella di Dio». Questo vuol dire che la scienza, la cultura, la politica non servono a nulla? No, risponde il Papa: «il linguaggio del creato ci permette di percorrere un buon tratto di strada verso Dio». Il punto è però che la scienza umana fa sì un po’ di luce, ma «non ci dona la luce definitiva. Alla fine, per i Magi è stato indispensabile ascoltare la voce delle Sacre Scritture: solo esse potevano indicare loro la via. E’ la Parola di Dio la vera stella, che, nell’incertezza dei discorsi umani, ci offre l’immenso splendore della verità divina».

La differenza fra i saggi che si sono messi al servizio di Erode e i Magi è tutta qui. I Magi sanno che in Dio c’è «una luce che nessun altro segno può darci». La scienza umana può compiere un tratto di strada ma, se non riconosce i suoi limiti, si rovescia in puro orgoglio e produce la violenza di Erode. I Magi invece proseguono la strada e – come ha aggiunto il Papa all’Angelus del 6 gennaio – a Betlemme incontrano l’immagine piena del progetto di Dio, che spinge anche ad annunciare ad altri quello che si è visto, ad evangelizzare: la Madonna.

La Vergine Maria, ha detto Benedetto XVI, «è la Stella dell’evangelizzazione. “Respice Stellam”, ci dice san Bernardo [1090-1153]: guarda la Stella, tu che vai in cerca della verità e della pace; volgi lo sguardo a Maria, e Lei ti mostrerà Gesù, luce per ogni uomo e per tutti i popoli».