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IL DISCORSO

Il Papa ai diplomatici: la pace si fonda sul diritto alla vita

Il discorso di Papa Francesco al corpo diplomatico è incentrato sui diritti umani, rifacendosi ai settant’anni trascorsi dalla pubblicazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo. Critico nei confronti dei "nuovi diritti", nati nel '68 e portatori di "colonizzazioni ideologiche", il Papa afferma la centralità del diritto alla vita.

Ecclesia 09_01_2018
Papa Francesco, discorso al corpo diplomatico

Il diritto alla vita, ha detto ieri Papa Francesco, non è attaccato soltanto da «guerra e violenza», ma «ci sono forme più sottili: penso anzitutto ai bambini innocenti, scartati ancor prima di nascere; non voluti talvolta solo perché malati o malformati o per l’egoismo degli adulti». E’ questo uno dei passaggi più rilevanti del lungo discorso che il Papa ha rivolto ieri al corpo diplomatico accreditato alla Santa sede.

Ha parlato di diritti umani, rifacendosi ai settant’anni trascorsi dalla pubblicazione della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, quindi ci sono passaggi sulla pace, il diritto al lavoro, la migrazione e la custodia del creato, ma soprattutto è stato forte l’affondo contro i contraffattori di diritti. «Per la Santa Sede», ha specificato in avvio, «parlare di diritti umani significa anzitutto riproporre la centralità della dignità della persona, in quanto voluta e creata da Dio a sua immagine e somiglianza». Un passaggio chiave, a cui ha fatto seguito l’affermazione che i «diritti traggono il loro presupposto dalla natura che oggettivamente accomuna il genere umano». Dentro quella parola “natura” non si può non scorgere un riferimento a quella legge naturale che dovrebbe essere il fondamento pre politico a qualsivoglia diritti positivo.

Il '68 e le colonizzazioni ideologiche

«…Nel corso degli anni, soprattutto in seguito ai sommovimenti sociali del “Sessantotto”, l’interpretazione di alcuni diritti è andata progressivamente modificandosi», ha detto Francesco, «così da includere una molteplicità di “nuovi diritti”, non di rado in contrapposizione tra loro». E’ il frutto di una «visione riduttiva della persona umana», che sempre più spesso constatiamo in quella cosiddetta dittatura dei desideri che spesso fa capolino come ratio in molte norme delle società secolarizzate.

Il Papa ha sottolineato che «si sono affermate nozioni controverse dei diritti umani che contrastano con la cultura di molti Paesi, i quali non si sentono perciò rispettati nelle proprie tradizioni socio-culturali, ma piuttosto trascurati di fronte alle necessità reali che devono affrontare. Vi può essere quindi il rischio – per certi versi paradossale – che, in nome degli stessi diritti umani, si vengano ad instaurare moderne forme di colonizzazione ideologica dei più forti e dei più ricchi a danno dei più poveri e dei più deboli».

Vita e famiglia

Oltre alla vita scartata fin dal grembo materno, il Papa ha anche sottolineato la necessità di custodire gli «anziani, anch’essi tante volte scartati, soprattutto se malati, perché ritenuti un peso». Poi ha indicato la violenza sulle donne e il dramma della tratta delle nuove schiavitù, quindi ha auspicato «che, nei fori internazionali competenti, ci si adoperi per favorire anzitutto un facile accesso per tutti alle cure e ai trattamenti sanitari».

Un «pensiero speciale» lo ha riservato alla famiglia. Il riferimento all’Occidente dove la famiglia viene «ritenuta un istituto superato» è importante: «Alla stabilità di un progetto definitivo, si preferiscono oggi legami fugaci. Ma non sta in piedi una casa costruita sulla sabbia di rapporti fragili e volubili. Occorre piuttosto la roccia, sulla quale ancorare fondamenta solide. E la roccia è proprio quella comunione di amore, fedele e indissolubile, che unisce l’uomo e la donna, una comunione che ha una bellezza austera e semplice, un carattere sacro e inviolabile e una funzione naturale nell’ordine sociale». Il disinteresse per le famiglie porta poi con sé un’altra conseguenza drammatica – e particolarmente attuale in alcune Regioni – che è il calo della natalità. Si vive un vero inverno demografico! Esso è il segno di società che faticano ad affrontare le sfide del presente e che divengono dunque sempre più timorose dell’avvenire, finendo per chiudersi in se stesse».

Migrazioni, accoglienza e prudenza

Occorre evitare di sollevare «paure ancestrali» sul tema degli immigrati, ha detto il Papa, e ricordarsi che «davanti a noi ci sono innanzitutto persone». Perciò «praticando la virtù della prudenza, i governanti sapranno accogliere, promuovere, proteggere e integrare, stabilendo misure pratiche, “nei limiti consentiti dal bene comune rettamente inteso, [per] permettere quell’inserimento” (Pacem in terris, 57)». In materia di integrazione «la Santa Sede non intende interferire nelle decisioni che spettano agli Stati, i quali, alla luce delle rispettive situazioni politiche, sociali ed economiche, nonché delle proprie capacità e possibilità di ricezione e di integrazione, hanno la prima responsabilità dell’accoglienza. Tuttavia, essa ritiene di dover svolgere un ruolo di “richiamo” dei principi di umanità e di fraternità, che fondano ogni società coesa ed armonica».

Pace, disarmo e crisi coreana

«La continua produzione di armi sempre più avanzate e “perfezionate”», ha detto Francesco citando Giovanni XXIII, «e il protrarsi di numerosi focolai di conflitto – di quella che più volte ho chiamato “terza guerra mondiale a pezzi” – non può che farci ripetere con forza le parole del mio santo Predecessore: “Riesce quasi impossibile pensare che nell’era atomica la guerra possa essere utilizzata come strumento di giustizia”». Da questo presupposto la crisi coreana deve essere affrontata con «ogni tentativo di dialogo» al fine di trovare «nuove strade per superare le attuali contrapposizioni, accrescere la fiducia reciproca e assicurare un futuro di pace al popolo coreano e al mondo intero».

Allo stesso modo in Siria il Papa chiede finalmente una ricostruzione pacifica in cui anche le minoranze religiose vengano rispettate «tra le quali vi sono i cristiani, che da secoli contribuiscono attivamente alla storia della Siria».

Gerusalemme mantenga lo status quo

Dopo la decisione degli Stati Uniti di trasferire la loro ambasciata a Gerusalemme (l’Onu ha poi votato contro), il Vaticano si era già espresso per il mantenimento dello status quo. Francesco ai diplomatici ribadisce la posizione della Santa Sede, rinnovando «il suo pressante appello a ponderare ogni iniziativa affinché si eviti di esacerbare le contrapposizioni, e invita ad un comune impegno a rispettare, in conformità con le pertinenti risoluzioni delle Nazioni Unite, lo status quo di Gerusalemme, città sacra a cristiani, ebrei e musulmani».