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L'ANGELUS

Il Papa agli sposi: Il matrimonio non è una fiction

Domenica 14 settembre 2014, festa dell’Esaltazione della santa Croce, Papa Francesco ha proposto all’Angelus una meditazione sul rapporto fra la Croce di Cristo e il male. Papa Francesco è tornato su un tema per lui molto frequente, quello del Diavolo che oggi tenta le coppie riducendo il matrimonio tra i coniugi a una semplice fiction.

Ecclesia 15_09_2014
Papa Francesco

Domenica 14 settembre 2014, festa dell’Esaltazione della santa Croce, Papa Francesco ha proposto all’Angelus una meditazione sul rapporto che intercorre fra la Croce di Cristo e il male, dopo avere concelebrato una Messa dedicata al matrimonio in cui è tornato su un tema per lui frequente, quello del Diavolo che oggi tenta le coppie riducendo il matrimonio a una semplice «fiction» superficiale.

La Croce, ha detto all’Angelus, si è resa necessaria «a causa della gravità del male che ci teneva schiavi. La Croce di Gesù esprime tutt’e due le cose: tutta la forza negativa del male, e tutta la mite onnipotenza della misericordia di Dio. La Croce sembra decretare il fallimento di Gesù, ma in realtà segna la sua vittoria». La Croce continua oggi nel martirio di tanti cristiani perseguitati nel mondo. «Mentre contempliamo e celebriamo la santa Croce», «pensiamo con commozione a tanti nostri fratelli e sorelle che sono perseguitati e uccisi a causa della loro fedeltà a Cristo». Ci sono molti Paesi «dove la libertà religiosa non è ancora garantita o pienamente realizzata», e non dobbiamo pensare solo all’Africa e all’Asia. La persecuzione, ha affermato il Pontefice, oggi «accade anche in Paesi e ambienti che in linea di principio tutelano la libertà e i diritti umani, ma dove concretamente i credenti, e specialmente i cristiani, incontrano limitazioni e discriminazioni». È un tema su cui Papa Francesco torna spesso. Ci sono diverse forme di persecuzione, che certamente non sono sullo stesso piano ma che derivano dalla stessa matrice di avversione al cristianesimo: persecuzione violenta in certi Paesi, tentativo a un tempo sottile e brutale di trascinare i cristiani in quelle che in Corea ha chiamato «le sabbie mobili del relativismo» in altri.

Di questa perdurante dittatura del relativismo, un’espressione di Benedetto XVI che anche Papa Francesco ha utilizzato e fatta sua nel suo primo incontro del 2013 con il Corpo Diplomatico, fa le spese anche la famiglia. E delle difficoltà delle famiglie il Papa ha parlato nell’omelia della Messa nel corso della quale è stato celebrato il matrimonio di venti coppie della Diocesi di Roma. ll Pontefice è partito dalla lettura del giorno, sul cammino del popolo d’Israele nel deserto, che è un cammino di famiglie. «Pensiamo a quella gente in marcia, guidata da Mosè; erano soprattutto famiglie: padri, madri, figli, nonni; uomini e donne di ogni età, tanti bambini, con i vecchi che facevano fatica…». Anche la Chiesa, «Popolo di Dio che è composto in maggior parte di famiglie», si trova «in cammino nel deserto del mondo di oggi».

Le famiglie oggi sembrano deboli, ma sono anche forti, Anzi, «è incalcolabile la forza, la carica di umanità contenuta in una famiglia: l’aiuto reciproco, l’accompagnamento educativo, le relazioni che crescono con il crescere delle persone, la condivisione delle gioie e delle difficoltà…». Le famiglie sono «il primo luogo in cui noi ci formiamo come persone e nello stesso tempo sono i “mattoni” per la costruzione della società». Ma che cosa succede al popolo di Dio nel deserto? La Scrittura ci dice che a un certo punto «il popolo non sopportò il viaggio» (Nm 21,4). «Sono stanchi, manca l’acqua e mangiano solo la “manna”, un cibo prodigioso, donato da Dio, ma che in quel momento di crisi sembra troppo poco». Ecco allora che sono presi dai dubbi, vorrebbero tornare indietro o addirittura non essere mai partiti. Si rivoltano contro Mosé e contro Dio stesso: «Perché ci avete fatto partire?» (Nm 21,5). È «la tentazione di tornare indietro, di abbandonare il cammino». Se questo popolo è figura della famiglia, e il deserto del «mondo» mondano che non ama la famiglia, ecco che la tentazione degli ebrei nel brano biblico corrisponde alla tentazione delle coppie di coniugi nel mondo di oggi.

Il riferimento è proprio «alle coppie di sposi che “non sopportano il viaggio”, il viaggio della vita coniugale e familiare. La fatica del cammino diventa una stanchezza interiore; perdono il gusto del matrimonio, non attingono più l’acqua dalla fonte del Sacramento. La vita quotidiana diventa pesante, e tante volte, “nauseante”». Ascoltiamo ancora la Bibbia. Che cosa succede quando il popolo d’Israele cede alla tentazione di abbandonare il cammino insieme e vorrebbe separarsi o tornare indietro? «In quel momento di smarrimento», dice la Bibbia, «arrivano i serpenti velenosi che mordono la gente, e tanti muoiono». Allora capiscono di avere sbagliato. «Questo fatto provoca il pentimento del popolo, che chiede perdono a Mosè e gli domanda di pregare il Signore perché allontani i serpenti. Mosè supplica il Signore ed Egli dà il rimedio: un serpente di bronzo, appeso ad un’asta; chiunque lo guarda, viene guarito dal veleno mortale dei serpenti».

Sembra una storia fantastica tipica di popoli antichi. Invece è una storia molto attuale. «Dio non elimina i serpenti, ma offre un “antidoto”: attraverso quel serpente di bronzo, fatto da Mosè, Dio trasmette la sua forza di guarigione che è la sua misericordia, più forte del veleno del tentatore». Quando la famiglia si scoraggia apre la porta al tentatore, il Diavolo, che si presenta con il suo veleno. Dio non elimina la tentazione, non è questo il suo modo di procedere, ma offre un rimedio che permette di resistere al Diavolo: la sua grazia e la sua misericordia.

Il serpente di bronzo dell’Antico Testamento è figura di Gesù, che «si è identificato con questo simbolo: il Padre, infatti, per amore ha “dato” Lui, il Figlio Unigenito, agli uomini perché abbiano la vita (cfr Gv 3,13-17)». «Chi si affida a Gesù crocifisso riceve la misericordia di Dio che guarisce dal veleno mortale del peccato». Naturalmente, questa logica divina del Diavolo sconfitto dalla Croce vale per tutte le circostanze e le tentazioni della vita. Ma «vale anche, in particolare, per gli sposi che “non sopportano il cammino” e vengono morsi dalle tentazioni dello scoraggiamento, dell’infedeltà, della regressione, dell’abbandono...». Anche loro hanno un serpente di bronzo che li salva, «anche a loro Dio Padre dona il suo Figlio Gesù, non per condannarli, ma per salvarli: se si affidano a Lui, li guarisce con l’amore misericordioso che sgorga dalla sua Croce, con la forza di una grazia che rigenera e rimette in cammino sulla strada della vita coniugale e familiare».

Oggi tutto sembra difficile, talora impossibile, e la tentazione diabolica tende a ridurre il matrimonio a una «fiction». Ma «l’amore di Gesù, che ha benedetto e consacrato l’unione degli sposi, è in grado di mantenere il loro amore e di rinnovarlo quando umanamente si perde, si lacera, si esaurisce». Sì, «l’amore di Cristo può restituire agli sposi la gioia di camminare insieme; perché questo è il matrimonio: il cammino insieme di un uomo e di una donna, in cui l’uomo ha il compito di aiutare la moglie ad essere più donna, e la donna ha il compito di aiutare il marito ad essere più uomo». In Cristo ogni coniuge può dire di nuovo all’altro: «“Ti amo, e per questo ti faccio più donna” – “Ti amo, e per questo ti faccio più uomo”. È la reciprocità delle differenze», che conferma la natura del matrimonio fondata sulla differenza fra l’uomo e la donna, parte dalla creazione voluta da Dio come «cosa buona».

«Non è un cammino liscio, senza conflitti», ha ammesso il Papa, «no, non sarebbe umano. È un viaggio impegnativo, a volte difficile, a volte anche conflittuale, ma questa è la vita!». E il Papa ha concluso con «un piccolo consiglio», che ha già dato agli sposi altre volte. «È normale che gli sposi litighino, è normale. Sempre si fa. Ma vi consiglio: mai finire la giornata senza fare la pace. Mai. É sufficiente un piccolo gesto. E così si continua a camminare». Perché «il matrimonio è simbolo della vita, della vita reale, non è una “fiction”! E’ sacramento dell’amore di Cristo e della Chiesa, un amore che trova nella Croce la sua verifica e la sua garanzia».