Il paese dei suicidi di carta
Sui giornali si dà ampio spazio ai suicidi per motivi economici, ma i dati mostrano che in Italia c'è una tendenza alla diminuzione e il tasso di mortalità per suicidio è tra i più bassi dei paesi Ocse: metà della Germania e un quarto della Finlandia.
Un uomo di 64 anni si dà fuoco dentro la sua casa, al fine di salvarla dallo sfratto esecutivo per un debito di diecimila euro che aveva con una banca. Il rogo coinvolge la moglie, la figlia e due agenti di polizia. Sono attualmente tutti gravemente ustionati.
Un atto di disperazione, che per l’ennesima volta viene usato dai mezzi d’informazione per dare l’idea che la crisi economica abbia provocato un’epidemia di gesti sconsiderati: suicidi o tentati suicidi. Non si vuole qui dire che la situazione non sia grave. Occorrerebbe, infatti, di fronte alle procedure di recupero crediti che si rivolgono a famiglie attualmente in difficoltà, prendere una decisione saggia e ragionevole: quella di una moratoria o per lo meno di una loro sospensione, in attesa che la crisi economica rallenti e s’intravveda una ripresa. Dati alla mano, non si può, però, affermare che i gesti di disperazione stiano dilagando, come si tenderebbe a credere, vista l’enfasi con la quale vengono raccontati e l’eco che se ne trae.
Se si prendono in considerazione gli ultimi dati a disposizione, si rileva che non esiste alcun trend di crescita nelle statistiche dei suicidi. I numeri dell'Istat dicono tre cose: che l'Italia ha i tassi mortalità per suicidio tra i più bassi nei Paesi OCSE e che dal 1993 al 2009 il numero di persone che si sono tolte la vita è calato da 8,3 a 6,7 per 100.000 abitanti; i motivi economici sono la ragione meno incidente sulle morti volontarie, sovrastata dai suicidi per malattia e da quelli per questioni affettive.
Di contro, la CGIA di Mestre, oltre a rilevare che i dati forniti dall’Istat non consentono di riconoscere la professione svolta dalle persone che si suicidono, sottolinea che tra il 2008 ed il 2010, i suicidi per motivi economici sono aumentati del 24,6%, mentre i tentativi di suicidio, sempre legati alle difficoltà economiche, sono cresciuti leggermente meno: + 20%. In termini assoluti, a fronte di 150 suicidi per ragioni economiche registrati nel 2008, nel 2010 (ultimo anno disponibile) i gesti estremi per motivi economici sono saliti a 187 (su un totale di 3.048), mentre i tentativi di suicidio sono passati da 204 a 245. Si basa per lo più su questi dati, l’allarme sociale dei suicidi connessi alla crisi economica. C’è anche chi ritiene – il Comitas (Comitato per le piccole e medie imprese) – che nell’86% dei casi il suicidio abbia tra i fattori scatenanti motivazioni di tipo economico, che portano poi a depressione o malattie mentali. Di questi: il 27% si suicida per la difficoltà di acquistare casa o il rischio di perdere la casa; il 21% per i ritardi dei pagamenti, soprattutto della pubblica Amministrazione; il 16% per le restrizioni del credito.
Questa realtà, però, non è provata. In un interessante articolo pubblicato qualche giorno fa da Wired.it, Daniela Cipolloni riporta su questo punto l’opinione di Stefano Marchetti, responsabile dell’ultima, recentissima, indagine dell’ Istituto nazionale di statistica (Istat) su suicidi e tentativi di suicidio in Italia, relativa all’anno 2010. Sostiene Marchetti: “Ogni anno in Italia si verificano circa tremila casi di suicidio, con punte di quasi quattromila casi nei primi anni novanta. Ogni gesto estremo, come quelli che le cronache recenti raccontano, nasconde una tragedia umana e impone il massimo rispetto. Ma è difficile affermare, a oggi, che vi sia un aumento statisticamente significativo dei suicidi dovuto alla crisi economica. Temo che si stiamo facendo affermazioni forti, senza robuste evidenze scientifiche”.
Secondo il rapporto dell’Eures Ricerche Economiche e Sociali, intitolato Il suicidio in Italia al tempo della crisi, sarebbero in aumento i suicidi tra i disoccupati (362 nel 2010, contro 357 nel 2009 e una media di 270 nel triennio precedente), con un +40% tra 2008 e 2010. I più a rischio sarebbero proprio loro, quelli che hanno perso il lavoro o non riescono a trovarlo, seguiti da imprenditori e liberi professionisti. Giustamente, però, nell’articolo sopra richiamato, si avverte che “in Germania, la cui economia tiene, il numero dei suicidi è quasi doppio rispetto all’Italia e in Finlandia, dove la qualità della vita è molto più alta, i suicidi sono quattro volte superiori ai nostri. Nella Grecia sull’orlo del collasso ci sono poco più della metà dei suicidi rispetto all’Italia e può sembrare paradossale, ma il paese nel quale la situazione economica è più drammatica è anche quello dove si verificano meno suicidi in tutta Europa”.
Di più. In una ricerca condotta da “Link Lab”, il laboratorio di ricerca socio-economica della Link Campus University di Roma, si legge: “Secondo i dati Istat, il numero maggiore dei suicidi alla cui base c’è il movente economico, si raggiunge nel 2009: sono 198 i suicidi accertati, contro i 150 registrati nel 2008 e i 118 del 2007. Nel 2010, invece, si contano 187 vittime di suicidi per ragioni economiche, segnalando un lieve calo rispetto all’anno precedente. Pertanto gli 89 suicidi per motivi economici individuati in Italia nel 2012, sembrano confermare un andamento opposto a quello registrato fino a due anni fa. È possibile affermare che, nonostante l’allerta sociale resti alta per un fenomeno così delicato e che rappresenta un dramma su cui richiamare costantemente l’attenzione delle Istituzioni, gli italiani sembrano reagire ad una indubbia fase di difficoltà e di profondi cambiamenti. Il significativo decremento dei suicidi per ragioni economiche registrato nel 2012 rispetto al 2009 – in cui la crisi dei mercati cominciava solo timidamente ad affacciarsi – segnala infatti un cambiamento di prospettiva degli italiani: la disperazione sembra lasciare posto alla determinazione che ha da sempre caratterizzato il nostro Paese”.
Una previsione forse ottimistica, ma certamente più “sana” rispetto alle prese di posizione di coloro che parlano di una “drammatica emergenza” legata alla crisi economica e non si pongono neanche per un momento il problema che il suicidio è un atto che ha in sé potenzialità enormi di emulazione, specialmente nei confronti di soggetti fragili e vulnerabili.