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POLEMICHE

Il nuovo patriottismo dimentica le radici

Il Risorgimento e la Costituzione non hanno fondato la nostra identità. C'era già un'Italia prima dell'Italia. Ma anche il Colle sembra ignorarlo.

Attualità 25_03_2011
Napolitano

In un editoriale del Corriere della Sera (del 25-3-2011) Ernesto Galli della Loggia annuncia un nuovo patriottismo, legato alla figura del Presidente della Repubblica. In effetti, il protagonismo del Capo dello Stato in questi ultimi giorni (e notti) tricolori ha cercato di colmare un evidente distacco fra le istituzioni impegnate a celebrare il 150° della nascita dello Stato nazionale e la gente che si incontra nei numerosi convegni sul Risorgimento di queste settimane.

Come scrive Galli della Loggia, Napolitano ricorda e ripete quanto fece prima di lui il Presidente Ciampi ed entrambi sono la testimonianza di qualcosa di importante avvenuto nella storia d’Italia, cioè il passaggio della sinistra, o almeno di buona parte di essa, dall’internazionalismo al tricolore, dal comunismo all’amor di patria. Sembra che Palmiro Togliatti avesse detto, in occasione del XVI Congresso del Partito comunista sovietico, nel 1930: “È motivo di particolare orgoglio per me l'aver abbandonato la cittadinanza italiana per quella sovietica. Io non mi sento legato all'Italia come alla mia Patria, mi considero cittadino del mondo, di quel mondo che noi vogliamo vedere unito attorno a Mosca agli ordini del compagno Stalin”.

Indubbiamente è cambiato qualcosa. Un fatto positivo? Vediamo. Il 1989 ha sancito la fine dell’utopia rivoluzionaria legata al comunismo, alla vittoria della rivoluzione internazionalista. Il 1991, con la fine dell’Urss, ha segnato il venir meno della “grande madre” dei partiti comunisti della terza internazionale. Il Pci si trasformò in Partito democratico della sinistra (Pds) pochi mesi dopo, sotto la regia di Achille Occhetto. Fu proprio quest’ultimo a intuire per primo che ai comunisti era venuto a mancare l’ideale, la méta della Rivoluzione comunista che li aveva tenuti insieme per tanti decenni, e che dunque bisognava sostituirla con un altro scopo. Si cominciò a guardare alla Rivoluzione francese del 1789 e vennero “scoperti” i desideri dell’individuo, che fino ad allora erano stati considerati una cosa un po’ “borghese, e così il partito della sinistra si trasformò in un partito radicale di massa. Ma nella Rivoluzione francese c’erano pure il nazionalismo e il tricolore e il partito della sinistra cominciò ad accostarsi al Risorgimento italiano (che è simile alla Rivoluzione francese) con un atteggiamento sempre più benevolo.

Nel giro di vent’anni la scena politica italiana è così profondamente cambiata. Ancora negli anni Settanta, esibire il tricolore poteva costare caro e chi lo faceva veniva considerato fascista. Anche i cattolici subirono questa pressione psicologica e gli ultimi a esibire il tricolore con fierezza furono i militanti dei Comitati civici negli anni Cinquanta, prima dei governi di centro-sinistra.

Oggi il tricolore è utilizzato da tutte le forze politiche, ma che cosa esprime per ciascuna di esse? Anche l’editorialista del Corriere lega il neo-patriottismo al culto della Costituzione, cioè alla nuova “ideologia ufficiale della Presidenza della Repubblica”, alla quale fanno riferimento le diverse componenti della sinistra. Sembra quasi che Costituzione, Resistenza e Risorgimento siano i passaggi fondanti dell’identità italiana. Ma è possibile una cosa del genere? E’ possibile che un’identità si fondi soltanto su eventi storici, che questi ultimi siano il criterio di giudizio e non invece debbano essere giudicati alla luce di un’identità originaria?

Papa Benedetto XVI e il card. Bagnasco hanno parlato dell’esistenza di un’Italia prima dell’Italia, rispettivamente nel messaggio al capo dello Stato e nell’omelia durante la Messa, a Roma, alla presenza della classe dirigente italiana nella basilica degli Angeli, il 17 marzo scorso. Ossia, hanno ribadito che il fondamento di ogni identità sta nelle radici, nell’origine, in un mandato ricevuto e non costruito dall’uomo, che il credente chiama vocazione. Quello che viene dopo, e quindi anche il Risorgimento e il patriottismo costituzionale, vanno accolti se e nella misura in cui sono coerenti con l’origine. Nessuno vuole disfarsene, ma se continueremo a cercare i fondamenti dell’identità italiana dove non possono esserci, rimarremo sempre divisi.