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ACCORDO CINA-VATICANO

Il nemico dei cattolici cinesi sta a Roma

Il cardinale Zen, vescovo emerito di Hong Kong, stronca l'ultimo intervento del segretario di Stato vaticano, cardinale Pietro Parolin, con un lungo post sul suo blog personale.

Editoriali 09_10_2020 English Español
Cardinal Pietro Parolin

Per il cardinale Joseph Zen, vescovo emerito di Hong Kong, non ci sono dubbi: la massima responsabilità del famigerato accordo tra Cina e Santa Sede che, a meno di ripensamento del governo cinese, sarà rinnovato a giorni è del cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano. È quello che appare chiaro dal lungo scritto che il cardinale Zen ha postato sul suo blog per commentare l’intervento del cardinale Parolin sabato scorso a Milano, nel corso di un convegno sulla Cina organizzato dai missionari del Pime. «Stomachevole», definisce quel discorso il cardinale Zen, per le falsità dette per giustificare l’accordo con la Cina.

In realtà il cardinale Zen aveva già risposto ai punti più critici dell’intervento del cardinale Parolin, alla Giornata della Bussola (qui il video), svoltasi poche ore dopo, incalzato dalle nostre domande. Non ci soffermiamo quindi sui temi fondamentali che abbiamo già trattato. Riprendiamo però due aspetti che meritano ulteriore attenzione e che danno maggiormente l’idea delle gravi conseguenze che l’accordo ha e avrà per la Chiesa cinese e per la Chiesa universale.

Il primo riguarda la vicenda dei sette vescovi scomunicati che, grazie all’accordo entrato in vigore esattamente due anni fa, sono stati legittimati, cioè riconosciuti da Roma. È questo il principale risultato vantato dalla Santa Sede, in quanto sanerebbe una situazione scismatica. Ma il problema è che contrariamente al passato, quando altri vescovi nominati dal Partito comunista cinese, sono stati riammessi alla comunione con Roma, in questo caso nessuno di loro ha fatto richiesta né mostrato il desiderio di essere in comunione con il Papa. La loro legittimazione è stata soltanto una vittoria della Chiesa indipendente. Racconta il cardinale Zen:

«Se poi i sette scomunicati legittimati sono l’esempio di ciò che verrà, ci liberi il Signore. Hanno cambiato la loro condotta? Hanno dato alcun segno del loro ravvedimento? Gratitudine per il perdono concesso dal Papa? Promessa pubblica di rispettare la dottrina e la disciplina della Chiesa? Quello che si vede è che vanno in giro cantando trionfo: noi abbiamo fatto la scelta intelligente stando con il governo!

Particolarmente disgustoso il trattamento dei due vescovi legittimi obbligati a cedere il posto agli scomunicati. Il legittimato di Shantou, Huang Bingzhang, dopo la sua “vittoria” organizzò una grande celebrazione nella Chiesa del deposto Mons. Zhuang Jianjian. Su alcuni pulman il suo clero e molti fedeli vennero, il clero e fedeli del deposto invece non erano ammessi (la polizia teneva ordine). Volevano che il deposto venisse a concelebrare e così umiliarlo. Ma l’anziano vescovo ha ancora la mente chiara, disse: “Quando si sposa si festeggia, ma io sono stato forzato a divorziare dalla mia diocesi, che cosa c’è da festeggiare?” e si ritirò.

Il Vescovo Guo Xijin di Mindong, che pur aveva con sè la comunità non-ufficiale molto più numerosa di quella del suo contendente, ha obbedito al Vaticano cedendo il posto a quello scomunicato, diventando il suo ausiliare. Ma tutti hanno visto come gli hanno reso la vita impossibile, per cui non gli rimane che dare le dimissioni (ne abbiamo parlato sulla Bussola il 7 ottobre, ndr).

È questa la Chiesa finalmente unita? L’avvicinamento tra le due parti? La normalizzazione della vita della Chiesa, solo perché il Papa dà la sua benedizione su tutta questa miseria? Su questa vittoria del nemico?

Tutti vescovi legittimi, ma in una Chiesa che è oggettivamente scismatica, è un bene? È un progresso? È l’inizio di quale processo?».

Domande retoriche, l’accordo – anche solo considerando le nomine dei vescovi - «è stato semplicemente disastroso», ha scritto Zen.

C’è poi un secondo aspetto, decisamente inquietante: le menzogne che la Santa Sede dice – ovviamente supportata dalla stampa di regime - per giustificare la bontà dell’Accordo con la Cina. Non si tratta in questo caso di visioni diverse, ma di menzogne vere e proprie. Il discorso del cardinale Parolin ne è un campionario: l’attribuzione alla scomunica dei comunisti (Pio XII) l’inizio delle persecuzioni del regime cinese contro i cristiani e le espulsioni dei missionari; la presunta continuità di politica degli ultimi papi verso la Cina; l’altrettanto presunto consenso di Benedetto XVI all’accordo.

È vero che la diplomazia ha i suoi metodi, ma la menzogna sfacciata e reiterata va ben oltre le necessità diplomatiche. Viene usata nella consapevolezza che la maggior parte dei fedeli non ha conoscenza approfondita delle vicende cinesi, e perciò non ha gli strumenti per smascherarla; questo rende tutto ancora più grave.

Che fiducia si può avere in pastori del genere? Che stima è possibile per questi pastori che abbandonano le pecore in mano ai lupi, che lasciano i cattolici cinesi soli davanti al dilemma se tradire la Chiesa o prendere la via delle catacombe?