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LA STORIA

Il nazista che salvò i tesori dell'abbazia di Montecassino

Nel 1944 le forze alleate bombardarono e distrussero l'abbazia di Montecassino, ma pochi sanno che nel frattempo una gran quantità di preziosi manoscritti, documenti, reliquie e dipinti erano stati messi in salvo dai nazisti. L'iniziativa era stata presa dal tenente colonnello Julius Schlegel, storico dell'arte e di religione cattolica, che riuscì a convincere l'abate Gregorio Diamare a fidarsi di lui.

Cultura 13_05_2019

Nel 75° anniversario della battaglia di Montecassino, val la pena raccontare una storia che non molti conoscono.

Tutti sanno che l’abbazia fondata da san Benedetto nel 529 d.C. fu completamente distrutta dai bombardieri americani nel 1944, con un clamoroso errore tattico, oltre che compiendo un vero e proprio crimine contro l’arte e la storia (i soldati tedeschi, infatti, che non avevano mai occupato il monastero integro, si arroccarono invece perfettamente tra le rovine, massacrando le fanterie alleate e tenendole bloccate sulla Linea Gustav per interi mesi).

Pochi sanno però che fine fecero i tesori artistici conservati nell’abbazia: 70.000 volumi della biblioteca, 1.200 manoscritti preziosissimi (incluse le opere di Cicerone, Orazio, Virgilio, Ovidio e Seneca), 80.000 documenti, oggetti di culto in metallo prezioso, il Tesoro di san Gennaro, le reliquie di san Benedetto da Norcia, di santa Scolastica, del S. Legno e preziosi dipinti, già provenienti dal Museo di Capodimonte che erano stati portati a Montecassino per motivi di sicurezza. Tra questi, opere di Leonardo da Vinci, Tintoretto, Domenico Ghirlandaio, Pieter Bruegel il Vecchio, Tiziano e Raffaello. 

Ebbene, questi tesori (incredibile dictu) furono salvati dai nazisti per iniziativa del tenente colonnello (Oberstleutnant) Julius Schlegel, in servizio presso la divisione “Hermann Göring” della Luftwaffe.

Il “monument’s man” con la svastica sul petto era nato a Vienna nel 1895 ed era uno storico dell’arte. Arruolatosi nel 1939 come ufficiale d’aeronautica, partecipò alla campagna di Francia, mentre dal 1941 al 1943 venne assegnato negli impianti di riparazione della Luftwaffe durante la guerra tedesco-sovietica, nella campagna del Nordafrica e nella campagna di Sicilia. Nel maggio 1943, fu trasferito alla Fallschirm-Panzer-Division 1 "Hermann Göring". Comandante del reparto riparazioni, mentre si evolveva la situazione bellica lungo la linea Gustav, Schlegel comprese che cresceva la minaccia per l'abbazia di Montecassino.

Le strade a grande percorrenza che dal Sud Italia portavano a Roma erano l’Adriatica e l’Appia. Entrambe, tuttavia, non erano utilizzabili dai grandi corazzati. L’unica arteria davvero pericolosa per la Capitale era la Casilina che, nel Lazio, doveva passare proprio attorno a Montecassino. Volendo creare un dispositivo difensivo, era normale che l’abbazia avrebbe fatto parte della Gustav, la linea fortificata e munita dai genieri del Reich, comandati dal generale Hans Bessel.

Il 14 ottobre 1943 il tenente colonnello Schlegel, cattolico, insieme al capitano medico Maximilian Becker, protestante, accompagnati da un interprete si presentarono all’abate di Montecassino, monsignor Gregorio Diamare: “Io vengo in nome della pace”, disse l’ufficiale e comunicò al religioso, con riservatezza, che il monastero si sarebbe venuto a trovare proprio sulla linea del fuoco. Lo invitava così a mettere in salvo tutto il patrimonio culturale e artistico della Badia: offriva i mezzi per lo sgombero di tali tesori e invitava anche i monaci a evacuare. Si congedò dicendo che sarebbe tornato il giorno dopo per apprendere la risposta del padre abate. Nel pomeriggio, Diamare ebbe un'agitatissima riunione con i confratelli: nessuno voleva convincersi della gravità della situazione e, in genere, si diffidava dei tedeschi.

Alla fine l’abate decise di consegnare l’Archivio e la Biblioteca Monumentale ai militari germanici dividendo il materiale in due categorie: la prima relativa agli oggetti appartenenti allo Stato italiano (di cui l’abate era il conservatore) e la seconda comprendente i beni privati del monastero. Quando due giorni dopo tornarono i tedeschi, proposero di portar via anche il coro, gli armadi della sacrestia, i quadri della basilica e i mobili più preziosi. Subito cominciarono ad arrivare soldati, camion e materiale per costruire casse di legno. Il 17 ottobre partirono i primi camion diretti a Spoleto, sede del comando divisionale della Hermann Göring. Quando l’alto comando tedesco venne a sapere dell’iniziativa del tenente colonnello Schlegel, ci fu un attimo di nervosismo e indecisione: perché quell’ufficiale sottraeva uomini e mezzi per una simile operazione? Quando però il feldmaresciallo Albert Kesselring fu relazionato da Schlegel, colse il valore culturale dell’operazione e ne intravide anche un buon “ritorno mediatico”. Il trasporto dei beni dell’abbazia, avvenuto con 43 camion, si concluse il 3 novembre. Secondo la testimonianza dei monaci Grossetti e Matronola “i militari germanici furono disciplinatissimi” e prima delle operazioni il colonnello Schlegel aveva dato ordini molto severi e aveva fatto loro un discorso appellandosi all’onore del soldato tedesco.

L’8 dicembre 1943", spiega lo storico e studioso della divisione Hermann Göring, Massimo Lucioli, "le casse contenenti parte dei beni giunsero a Roma Castel S. Angelo, mentre il 4 gennaio arrivarono le altre presso Palazzo Venezia. La riconsegna dei tesori all’Italia avvenne con una cerimonia pubblica che chiuse definitivamente la bocca alla propaganda alleata la quale spargeva da mesi la voce che i tedeschi stessero trafugando le opere d’arte di Montecassino. E’ pur vero che qualche cosa rimase appiccicata alle dita di Hermann Göring, grande appassionato d’arte, ma fu ritrovata alla fine della guerra presso la sua villa di Karinhalle e comunque restituita all’Italia”.

L’ufficiale tedesco ricevette dall’abate Diamare una pergamena miniata con parole di ringraziamento all’"illustri ac dilecto viro tribuno militum Julio Schlegel”.