Il mistero (svelato) del debito pubblico
Malgrado le manovre e le riforme del governo il debito italiano è cresciuto e ha sfondato la soglia dei 2mila miliardi. Dalle misure che avranno effetto in futuro ai mancati tagli a sprechi e inefficienze, dalla struttura dei consumi ai tassi di fertilità, ecco una piccola guida per capire cosa sta accadendo. E una sfida per il futuro: fare crescere il Pil.
Il debito pubblico italiano ha sfondato in questi giorni la soglia dei 2mila miliardi, una cifra record che ha fatto immediatamente nascere delle domande sul senso dei sacrifici fatti nell’ultimo anno. Si era sempre detto che le diverse manovre del governo servivano anzitutto a riportare ordine nei conti pubblici, a ridurre il debito. Scopriamo invece che il debito continua tranquillamente a crescere. Come mai?
Dobbiamo anzitutto cercare di capire alcune questioni fondamentali riguardo il debito. Vedremo perciò di seguito: la spiegazione della interpretazione dinamica del debito pubblico, poi le ragioni storiche della sua crescita, infine il cosa si dovrebbe fare con tre domande agli aspiranti governanti il nostro paese.
Cerchiamo allora di spiegare la dinamica del debito pubblico italiano rapportato al PIL (Prodotto Interno Lordo, cioè la ricchezza creata nel paese). Per render accessibile a tutti la comprensione, lo faremo ponendoci alcune domande.
Primo: a cosa serve il rapporto debito pubblico/PIL? Serve a misurare quanto cresce o decresce il debito sovrano in rapporto a quanto cresce o decresce il PIL; in pratica serve a spiegare se la crescita del PIL è vera o no, poiché se è a debito, la crescita è vera se il debito viene pagato. E la storia anche recente ci spiega che anche il debito di Stato non sempre è pagato, seppure in vari modi (dal modello Argentina al modello inflazione).
Secondo: come si misura la crescita o decrescita del debito pubblico? Si misura attraverso la crescita o decrescita del disavanzo, cioè del deficit. Questo è misurato e spiegato dalla crescita delle entrate e delle uscite dello stato. In pratica dalle tasse e dalla spesa pubblica.
Terzo: cosa è successo nell’ultimo anno? E’ successo che:
- le uscite (spesa pubblica), anche se in modo più contenuto, sono continuate a crescere più del previsto. Ciò perché le benedette riforme miranti alla riduzione delle spese (si pensi alle pensioni) hanno una dinamica ed effetti a medio e lungo termine, non immediata. Altre si sono verificate esser semi-impossibili da realizzare (sprechi, inefficienze).
- Le entrate (tasse) sono aumentate (la pressione fiscale è cresciuta di un 2% circa), anche se meno del previsto a causa della recessione che ha ridotto consumi (IVA) e redditi.
- Il disavanzo è stato conseguentemente più contenuto, ma c’è stato (circa 4%). Così il debito, come valore assoluto, è cresciuto ed è arrivato ai 2mila miliardi di euro.
- Detto debito cresciuto, rapportato al PIL - che è diminuito nel frattempo in termini reali di circa un 2-2.5% - ha comportato il famoso peggioramento debito/PIL che è passato da un 123% a un 125%.
Cerchiamo ora di spiegare concettualmente perché abbiamo questo problema di grande debito pubblico. Continuiamo a porci alcune domande:
Primo: perché abbiamo un alto debito pubblico in Italia? Perché il nostro paese ha sostenuto la crescita economica ed il welfare con spesa pubblica e grazie a imprese pubbliche (che valgono il 50% circa del PIL). Altri paesi l’hanno fatto grazie al debito privato e imprese private (famiglie, imprese, banche), ma quando il privato non ha pagato i debiti questi debiti sono stati nazionalizzati diventando pubblici. Il caso USA è esemplare: prima del 2008 il debito pubblico era circa il 60% del PIL , dopo il crollo delle banche dovuto al default delle famiglie ha superato il 100-110%. Con le conseguenze che ben conosciamo sul suo collocamento che ha pregiudicato il collocamento del nostro debito pubblico.
Secondo: perché ciò è avvenuto in modo così grave? Perché le economie occidentali (USA, Europa) hanno pensato di poter far crescer il PIL praticamente solo spingendo i consumi individuali sempre più a debito. Ma ciò non lo si vuole riconoscere secondo logica economica che è semplicemente spiegata da una domanda: come può crescer il PIL di un paese se non cresce la popolazione? Se non si fanno figli? La risposta è semplice: facendo consumare di più individualmente (erodendo prima il risparmio e poi sostenendo l’indebitamento) e provocando una sempre maggior crescita dei costi fissi sociali dovuti all’invecchiamento della popolazione, assorbiti naturalmente da crescita delle tasse che peggiora il ciclo economico, poiché riduce il potere di acquisto e gli investimenti.
Terza domanda : ma perché l’Italia sta peggio di altri paesi? Risposta: non è vero, in Italia il debito è stato fatto soprattutto dallo Stato perché storicamente lo Stato era dominante in economia ed aveva adottato un assistenzialismo incontrollato. Ma il debito di un sistema economico non è fatto solo da quello sovrano, è fatto di quattro debiti: quello sovrano (di Stato), quello privato delle famiglie, delle imprese e delle banche. Se sommiamo questi quattro debiti (che come abbiam spiegato nel caso USA, alla fine se non son pagati son sostenuti dallo Stato), vediamo che l’Italia sta molto meglio di molti altri paesi europei, essendo seconda, e di poco, solo alla Germania.
Cerchiamo ora di dire sinteticamente cosa si dovrebbe fare per ridurre il debito. Nel 2014 ci siamo impegnati al pareggio di bilancio. Ciò significa ridurre le spese di circa un 2.5% del PIL. Quali spese si sapranno diminuire? Chi saprà farlo? In alternativa si aumenteranno le tasse? Impensabile. Si faranno patrimoniali? Possibilissimo, perché è la cosa più facile, populistica, ma anche disastrosa per il mercato: per la sfiducia che provocherebbe, per lo spreco conseguente di risorse meglio impiegabili e perché permetterebbe solo maggior nuova spesa pubblica. Allora che fare? Si può solo aumentare il PIL per ridurre il rapporto debito/PIL, ma per farlo ci vogliono idee, progetti e uomini. “Come fare crescere il PIL” dovrebbe esser il vero programma di chi vuole governare. Perciò in vista delle elezioni si dovrebbe chiedere con molta chiarezza ai vari candidati quali programmi hanno in proposito, ponendo anche tre domande ben precise: Volete più Stato o meno Stato? Volete promuovere più consumi o più risparmi? Volete più protezionismo o più mercato?