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LETTERE DI NATALE

Il miracolo di un nuovo inizio

Da Iacopone da Todi a Rilke,
da Ada Negri a Peguy:
così i poeti hanno cantato
il Bimbo di Betlemme
e la sua promessa di novità
per la nostra vita
e per la nostra felicità.

Cultura 24_12_2011
Giorgione - Natività
Forse, non c’è poesia sul Natale che meglio descriva la mancanza di attesa nel mondo contemporaneo di fronte alla nascita di Gesù di quella scritta dalla fondatrice del Monastero Mater ecclesiae dell’Isola di san Giulio Anna Maria Cànopi (1931) intitolata «Altro Natale». Recita così: «Altro Natale:/ culle insanguinate/ senza lacrime di madri,/ pianti sconsolati di fame/ senza latte, senza pace,/ senza ninne nanne.// Altro Natale/ non con il piccolo presepe/ tra gente semplice, fedele,/ ma su strade d’asfalto,/ tra l’urlo dei motori/ nel brivido della morte violenta.// Altro Natale/ senza compassione/ dove Tu, Dio,/ vuoi nascere ancora/ per amare con cuore d’uomo./ Vieni, non mancare,/ perché c’è sempre Lei ad aspettarti/ in mezzo a noi:/ la Povera,/ la Vergine,/ la Madre».

In mezzo a tanti falsi profeti che allettano con l’attrattiva di nuovi messaggi e scoperte, Gesù si propone come l’unica vera novità che il mondo abbia conosciuto. Gesù è rappresentato da san Giovanni nell’Apocalisse mentre dice di sé: «Ecco, io faccio nuove tutte le cose». Cristo è la possibilità di comprendere l’uomo e la realtà in maniera diversa, è la possibilità di un’umanità nuova già su questa terra, perché «svela pienamente l’uomo all’uomo. In Cristo Dio ha riconciliato a sé il mondo […]. È redento l’uomo, è redento il corpo umano, è redenta l’intera creazione, di cui San Paolo ha scritto che attende con impazienza la rivelazione dei figli di Dio (Romani 8, 19)» (Papa Giovanni Paolo II). Contro ogni ideologia che preannuncia l’instaurazione di un mondo nuovo e buono a partire da progetti umani e da rivoluzioni, Cristo si propone come la persona da accogliere perché si possa instaurare il suo Regno, perché possa venire la sua pace, non quella del mondo, ma una pace che include anche giustizia, misericordia e carità. Vediamo operare la sua straordinaria umanità nel modo in cui guarda il peccatore Zaccheo, la prostituta che sta per essere lapidata, l’amico Lazzaro resuscitato dal sepolcro. Di fronte alla vedova di Nain che ha appena perso il figlio, Gesù si commuove ed esclama: «Donna, non piangere».

Scrive sant’Agostino (354-430): «La follia di Dio è più sapiente degli uomini; e la debolezza di Dio è più forte degli uomini (Corinzi 1,23-25) […] Bello è Dio, Verbo presso Dio; bello nel seno della Vergine, dove non perdette la divinità e assunse l’umanità; bello il Verbo nato fanciullo […]. È bello dunque in cielo, bello in terra; bello nel seno, bello nelle braccia dei genitori: bello nei miracoli, bello nei supplizi; bello nell’invitare alla vita e bello nel riprenderla, bello nel non curarsi della morte, bello nell’abbandonare la vita e nel riprenderla; bello sulla croce, bello nel sepolcro, bello nel cielo […]. Suprema e vera bellezza è la giustizia; non lo vedrai bello, se lo considererai ingiusto; se ovunque è giusto, ovunque è bello. Venga a noi per farsi contemplare dagli occhi dello spirito».

Iacopone da Todi (1230/1236-1306) nella stupenda lauda, «Amor de caritate», ci illumina al riguardo: «En Cristo nata nova creatura,/ spogliato lo vecchio om, fatto novello!/ […] mente con senno tolle tal calura,/ Cristo si me trae tutto, tanto è bello!». Tanto è l’ardore che il poeta sente per Cristo, come un innamorato di fronte alla propria amata, che arriva a scrivere: «Abràcciome con ello e per amor sì clamo:/“Amor, cui tanto bramo, fan’me morir d'amore!”». Bellissimo è quest’ultimo verso in cui l’amore, divenuto «dono commosso di sé», desidera consumarsi tutto per amore. È una confessione di amore totale, imperitura, eterna: «Per te, Amor consumome languendo/ e vo stridenno per te abracciare».

La poetessa Ada Negri (1870-1945) spesso racconta l’attesa dell’incontro con il grande amore, il grande dono della vita. Nella poesia «Ritorno per un dolce Natale» la madre attende il figlio soldato la notte di Natale, certa che ritornerà. Chiede di lasciare socchiusa la porta. L’arrivo del figlio è, ad un tempo, l’incontro con Cristo, con quel Dio che si è rivelato in fattezze umane e che si rende incontrabile nuovamente anche nel volto di ogni uomo. Scrive la poetessa: «Disse la madre: Lasciate socchiusa la porta, ch'egli verrà./Fu lasciata socchiusa la porta: egli entra, disceso dall'eternità./ Per strade di neve e di fango gli fu guida la stella in cammino/nei cieli sol quando rinasce, dentro una stalla, Gesù Bambino./Riaccosta l'uscio in silenzio, appende in silenzio il gancio al mantello». Il figlio allora siede in mezzo alla famiglia, tenendo sulla fronte l’elmo per non svelare quanto gli è accaduto. Allora il giovane interroga i familiari: «-Mamma, perché non ti vedo la veste di raso dal gaio colore?/-È in fondo all'armadio, è in fondo all'armadio:/domani la metto, mio dolce amore./- Babbo, perché così curvo, perché tante rughe intorno ai tuoi occhi?/- Son vecchio, ormai: vecchio e stanco; ma tutto passa, se tu mi tocchi:/ - Sorellina dal piede leggero, perché un nastro nero fra i riccioli biondi?/- T'inganni, ha il colore del cielo, ha il colore dei mari profondi». Rintoccano le campane della mezzanotte. Il figlio allora «dal capo l'elmetto, piamente, con gesto pacato./Scoperta arderà in mezzo alla fronte l'ampia stimmate sanguinosa:/corona di re consacrato, fiamma eterna, divina rosa». Nella sofferenza dell’uomo si compie nuovamente la sofferenza del Cristo, offerta per la nostra redenzione. Il mistero della nascita racchiude in sé il mistero della passione e della resurrezione.

Il Gesù bambino che attendiamo in questo Natale e che suscita un senso di tenerezza e di bontà nella mente dei più, ora che appare come un bimbo indifeso, è lo stesso che inizia la sua missione a trent’anni, dopo aver vissuto come figlio, falegname, ebreo. Amato fino a quel momento, a quello della missione, ma poi odiato dal momento in cui testimonia la verità, Lui che è la verità. Bene l’ha espresso Charles Peguy (1873-1914) ne Il mistero della carità di Giovanna d’Arco: «Era generalmente amato./ Tutti gli volevano bene./ Fino al giorno in cui aveva iniziato la sua missione./ […] Fino al giorno in cui lui si era disturbato./ E disturbandosi aveva disturbato il mondo./ Fino al giorno in cui si rivelò/ L’unico Governo del mondo. E in cui lui si rivelò a tutti./ In cui gli eguali videro bene./ Che non aveva nessun eguale./ Allora il mondo iniziò a trovare che lui era troppo grande./ E a fargli dei problemi». Gesù manda i discepoli a due a due perché in tutto il mondo ammaestrino e portino la buona novella. Da allora in poi i testimoni e martiri del Vangelo andranno ovunque, sfidando fatiche, ostilità e persecuzioni perché il nome di Cristo sia noto in tutto il mondo. La predicazione nel suo nome, ha anticipato Gesù, sarà accompagnata da tribolazioni e persecuzioni. Il «mondo», infatti, non accetta Cristo e quelli che sono suoi.

Occorre, invece, semplicità per riconoscere il miracolo dell’avvento di Gesù, come scrive ne «La nascita di Gesù» il poeta praghese Rainer Maria Rilke (1875-1926), uno dei più grandi poeti moderni in lingua tedesca: «Se in te semplicità non fosse, come/ t’accadrebbe il miracolo/di questa notte lucente? Quel Dio,/ vedi, che sopra i popoli tuonava/ si fa mansueto e viene al mondo in te./ Più grande forse lo avevi pensato?». Eppure quel Dio che si fa uomo e così piccolo, un bimbo, è lo stesso Dio eterno che ha creato il mondo e che rifugge da ogni misura: «Se mediti grandezza: ogni misura umana/ dritto attraversa ed annienta/ l’inflessibile fato di lui. Simili/ vie neppure le stelle/ hanno». A Lui si prostrano i Magi portando «tutta l’ambra imbarcata dalle terre più remote,/ i gioielli aurei, gli aromi/che penetrano i sensi conturbanti». La ricchezza dell’uomo è poca cosa di fronte al dono che Egli porta, il Regno di Dio, la sua persona. Rilke conclude così: «È gioia – vedrai – ciò che Egli dà». La bellezza del Cristo è testimoniata da questa promessa di novità per la nostra vita, da questa straordinaria corrispondenza con il nostro desiderio di felicità e di amore.