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EDITORIALE

Il matrimonio gay s'avvicina È ora di scendere in piazza

Il nuovo testo presentato al Senato sulle unioni civili (solo fra persone dello stesso sesso) è ancora peggiore del precedente, estendendo l'adozione, sempre più vista come diritto degli adulti ad avere il figlio. Una logica distruttiva della società che chiede una risposta urgente e forte.

Editoriali 23_03_2015
Nozze gay

Il 17 marzo, mentre l’attenzione mediatica era concentrata sul “divorzio breve”, in Commissione Giustizia al Senato la sen. Cirinnà ha depositato il nuovo testo base “regolamentazione delle unioni civili tra persone dello stesso sesso e disciplina delle convivenze”.

Nel resoconto della Commissione si legge che la ridefinizione dell’articolato è avvenuta “anche tenendo conto delle risultanze emerse nel corso delle audizioni”: esso è quindi il testo col quale confrontarsi, nonostante nelle stesse ore senatori di Forza Italia abbiano depositato un proprio testo alternativo (per il cui esame si rinvia a breve). Da una prima lettura del “nuovo Cirinnà” emerge che le audizioni di cui la relatrice sembra aver “tenuto conto” paiono essere solo quelle delle associazioni Lgbt: la stesura attuale è, se possibile, più propensa della precedente, risalente al luglio 2014, ad attribuire alle “unioni civili” un regime sovrapponibile a quello della famiglia fondata sul matrimonio. Resta infatti la distinzione fra la disciplina delle “unioni civili”, espressione che nel testo viene riferita esclusivamente alle unioni fra persone dello stesso sesso, e disciplina delle “convivenze”, che è invece un regime light fruibile indifferentemente fra persone dello stesso o di diverso sesso.

Confrontando il nuovo testo con il precedente, la novità sostanziale è costituita dalla estensione alla parte dell’“unione civile” della possibilità di adottare il minore che sia figlio adottivo dell’altro coniuge, oggi prevista solo per il nuovo coniuge. È, in qualche misura, la trasposizione in legge del principio stabilito nel giugno 2014 dal Tribunale per i Minorenni di Roma. È evidente che, nel momento in cui si legittima il convivente dello stesso sesso a diventare genitore adottivo del figlio in precedenza adottato dell’altro convivente non vi è più alcun ostacolo all’adozione per il convivente dello stesso sesso di un partner che ha avuto il figlio da fecondazione eterologa: era esattamente questo il caso previsto dalla sentenza di quel Tribunale. Se il nuovo testo diventasse legge, l’estensione della possibilità di adozione oltre la previsione del figlio adottivo del convivente non attenderebbe l’eventuale pronuncia della Corte costituzionale: avverrebbe per via giurisprudenziale, sulla base dell’identità di ratio.

Il resto risistema la precedente stesura, con passaggi di più accentuata equiparazione fra matrimonio e unione civile; per es., sono richiamati in esplicito gli articoli del codice civile, 143, 144 e 147, dei quali viene data lettura al momento della celebrazione del matrimonio, insieme ad altri finora applicati solo al matrimonio. È confermata la partecipazione alla quota di legittima nella successione e, se proprio va individuata una ulteriore novità, essa è costituita dalla norma (di delega) pro sindaci sulle trascrizioni delle nozze fra persone dello stesso sesso contratte all’estero: l’applicazione della disciplina delle “unioni civili” viene fatta derivare in automatico da tali nozze. 

Qualche rapida considerazione, di merito e politica:

1. l’affievolimento del regime matrimoniale prodotto dall’uno-due “divorzio facile- divorzio breve” è affiancato dal prospettato rafforzamento del vincolo fra persone dello stesso sesso. Il che conferma una manovra complessiva che, indebolendo il primo e strutturando il secondo, punta alla completa parificazione di entrambi;

2. l’inserimento dell’adozione fa saltare in aria la logica dell’adozione, per come finora – e da decenni – è stata disciplinata in Italia. Come già nella sentenza del Tribunale per i Minorenni di Roma, anche nel “nuovo Cirinnà” prevale la prospettiva adultocentrica, che dimentica il dato essenziale secondo il quale il sistema dell’adozione ha lo scopo di attribuire al minore una famiglia, non quello di attribuire un minore a una famiglia. Finora per il nostro ordinamento l’“interesse superiore del minore” non è coinciso con l’interesse degli adulti che lo reclamano: neanche le coppie coniugate hanno potuto avanzare il  "diritto" di avere un figlio in adozione. Le caratteristiche dell’essere una coppia, unita in matrimonio, con una differenza di età con l'adottando fra i 18 e i 45 anni sono ispirate al criterio dell'imitatio naturae, hanno costituiscono i requisiti di ammissibilitá della domanda di adozione, e sono condizioni necessarie ma non sufficienti per essere considerati idonei all'adozione. Non sufficienti perché devono poi seguire le valutazioni dei servizi sociali e del Tribunale. La coppia costituita da persone dello stesso sesso, con il suo duplicare talune caratteristiche soggettive dei genitori, priva il minore di una varietá di esperienze relazionali: discostandosi dal modello familiare prevalente in natura, costringe il minore a uscire, per così dire, dalla sua "zona di comfort" ;

3. questo inserimento, se contrasta con la logica della adozione, è invece in linea con quella della sentenza della Corte costituzionale, la n. 162/2014, in tema di fecondazione eterologa e con la legislazione abortista. La sentenza 162 ha sancito la “libertà di autodeterminarsi” in ordine alla formazione di una famiglia con figli, chiudendo il cerchio aperto col riconoscimento del “diritto” di aborto: infatti, se la “libertà di autodeterminarsi” ha un peso tale da avere la meglio sulla vita di un figlio che già esiste e ha il solo limite di essere troppo giovane, è ovvio che incida parallelamente sulla possibilità di avere un figlio con gameti estranei alla coppia, a prescindere, dalla “identità genetica”. Nella medesima logica la “nuova Cirinnà” estende la “libertà di autodeterminarsi” a poter avere il figlio in adozione a prescindere dai requisiti fino a questo momento richiesti. Il figlio in questo modo diventa un oggetto: un oggetto da rimuovere se ha avuto la cattiva idea di essere concepito in contrasto con un’autodeterminazione che andava nella direzione opposta; un oggetto da ottenere perfino col patrimonio genetico – e quindi con l’identità – di altri se l’autodeterminazione si volge al suo conseguimento; ovvero da ottenere in adozione anche da single o coppie dello stesso sesso.

Coglierà la portata di queste disposizioni chi fra Camera e Senato finora ha dichiarato di voler sostenere la famiglia, e poi ha votato con convinzione il divorzio facile e quello breve? Ci si rende conto fuori dal Palazzo della posta in gioco, e quindi della necessità di far finalmente sentire – nelle piazze e con tutte le forme di dissenso possibile – la propria voce a chi sta dentro il Palazzo?