«Il Libano è ancora in mano alle milizie. E il governo è debole»
Ascolta la versione audio dell'articolo
Il problema del Libano? «Siamo tutti divisi e il nostro governo è debole e corrotto», mentre «le milizie continuano a governare il Paese». La Bussola intervista Kamal Kassis, vicepresidente di Aley, città dove cristiani e drusi vivono e lavorano insieme.

Niente di nuovo sotto il sole, titola il quotidiano francofono L'Orient - Le Jour riferendosi alla partenza dal Libano dell'inviato degli Stati Uniti, Tom Barrack. L'emissario non ha infatti concluso granché: ha però comunicato chiaramente alle istituzioni libanesi che gli Stati Uniti non possono assicurare al Paese la loro protezione ma allo stesso tempo «non rinunceranno al Libano». Niente di nuovo, e il sole non manca, mentre l'acqua fatica a scendere dai rubinetti, quest'anno ancor di più degli anni passati. A ben guardare, però, questa estate porta con sé la novità importante del cambio di regime nella vicina Siria, che suscita grande preoccupazione in Libano.
Ad Aley, città drusa sulle colline sopra Beirut, a 900 metri sul livello del mare, almeno cinquanta famiglie piangono altrettanti parenti uccisi nei giorni scorsi nella regione di Suwayda, Siria meridionale, negli scontri con le milizie del nuovo governo di Hayat Tahrir al-Sham. Per questo il Municipio di Aley, assieme alla locale Associazione Commercianti, ha decretato un giorno di lutto in onore dei caduti di Suwayda: il 22 luglio i negozi sono rimasti chiusi fino alle due del pomeriggio, mentre automobili con bandiere druse sfilavano per le strade deserte. In un'atmosfera resa surreale da una fitta nebbia (Aley è chiamata "la Londra del Libano" per il suo clima) La Nuova Bussola Quotidiana ha incontrato Kamal Kassis, cristiano greco-ortodosso, vicepresidente della Municipalità.
Signor Kassis, lei, cristiano, è vicepresidente della Municipalità di una città drusa?
Qui ad Aley viviamo insieme da sempre, cristiani e drusi; abitiamo queste montagne dall'inizio dei tempi e ne siamo orgogliosi. Solo in città, capoluogo del distretto, ci sono quattro chiese: greco-ortodossa, cattolica di rito latino, cattolica di rito maronita e protestante anglicana. In Municipalità lavoriamo insieme e siamo molto attivi; tra l'altro ogni anno ad Aley si tiene un festival estivo che richiama pubblico da tutto il Libano.
Cosa sta accadendo in Siria? Perché questo accanimento contro le minoranze?
Tutto si basa sull'interpretazione dell'islam. Com'è noto, i musulmani, oltre che al Corano, attingono alla Sunna, una raccolta di hadith, racconti basati su presunte vicende vissute da Maometto e scritti 200 anni dopo il Corano da non arabi. Mentre nel Corano non ce n'è traccia, negli hadith si parla dei quffar, infedeli, cioè chiunque non aderisce ad una presunta ortodossia islamica. Nel Novecento ha ripreso piede l'interpretazione integralista degli hadith, secondo la dottrina di Ibn Taymiyyah, giurista nato nel XIII secolo e considerato il padre del fondamentalismo islamico. Secondo questa dottrina i quffar devono essere eliminati.
Vuol dire che è nel Novecento che c'è stata una ripresa dell'integralismo islamico?
Esattamente a partire dalla metà degli anni Settanta, ed è questo il paradosso. L'islam contemporaneo attinge a piene mani dagli hadith e da Ibn Taymiyyah. Il Novecento è un secolo maledetto da questo punto di vista: con la creazione delle cellule fondamentaliste armate, al-Qaeda, Isis, Fratelli Musulmani, sono stati spazzati via secoli di convivenza tra comunità religiose. Al-Charaa è figlio di questa involuzione dell'islam contemporaneo, ma inoltre desta interrogativi inquietanti. Per tornare alla sua domanda, è difficile capire cosa stia accadendo. Cosa ha in mente al-Charaa? Chi c'è dietro di lui? Ha realmente potere? Non lo sappiamo. Israele e Turchia lo hanno creato e ora evidentemente lo stanno manipolando, ci stanno facendo alleanze per poterlo controllare. Non dobbiamo dimenticare che Israele fa solo i suoi interessi. L'unica certezza è che in Siria ora siamo davanti a un regime teocratico, e la situazione desta paura, non solo tra le minoranze. Se i fondamentalisti non avessero quffar da uccidere, si ucciderebbero comunque tra di loro, e infatti è ciò che è successo in moltissime circostanze della storia, ad esempio negli anni Novanta in Algeria. Ho vissuto alcuni anni nel Paese, dove i fondamentalisti del Fronte Islamico di Salvezza, radicalizzati in Afghanistan, hanno fatto 300.000 morti tra i loro stessi fratelli. Chi uccideva gridava "Allah akbar" (Allah è il più grande), chi moriva gridava "Allah akbar". Una follia.
Teme che un regime teocratico come quello siriano possa arrivare anche in Libano?
Qui è più difficile, perché il Libano è un Paese formato da minoranze, siamo tutti quffar; il problema è che siamo tutti divisi e che il nostro governo è debole e corrotto. Il presidente della Repubblica e il primo ministro sono persone ragguardevoli, il primo proviene dall'Esercito e il secondo è stato giudice e presidente del Tribunale internazionale dell'Aja, ma non possono fare nulla: il nostro Parlamento discende direttamente dalle milizie che la facevano da padrone durante la guerra civile. La verità è che le milizie continuano a governare il Paese, perseguendo i loro interessi. A causa di questa debolezza, di questa mancanza di amore per il bene comune, chiunque viene in Libano ci domina. Prenda gli accordi del Cairo del 1969, che dettero ai palestinesi il diritto di usare il sud del Libano come testa di ponte per liberare la Palestina: il risultato è stato lo scoppio della guerra civile e la distruzione di un Paese. Allo stesso tempo il mondo occidentale è stanco del Libano e dei suoi problemi: ha provato ad aiutarci ad ogni livello, economico, finanziario, politico, ma ora è stanco. In ogni caso, se arriveremo ad una persecuzione jihadista qui in Libano, ad Aley faremo fronte comune.
Eppure nel 1983 sulle montagne del Libano ci sono stati scontri terribili tra drusi e cristiani, che sono stati costretti a lasciare in massa i loro villaggi per non tornare più.
È stato un grande errore. Certamente tutto è nato dall'invasione israeliana del Libano del 1982, che ha aggravato la situazione di un Paese già attraversato dalla guerra civile; ciò nondimeno è stato un errore. Chieda a chiunque qui, drusi e cristiani, e tutti diranno la stessa cosa: è stato un grande errore.
Libano, una pace armata in attesa del peggio
Per paura di attentati tutte le chiese sono pattugliate dall'esercito. Intanto a distanza di sette mesi dall'accordo per il cessate il fuoco le truppe israeliane e di Hezbollah non hanno ancora lasciato il Sud del Libano e la mediazione americana appare impotente.
Siria, a Suwayda continuano i massacri e il mondo sta a guardare
L'accordo di Damasco con Israele sta lasciando libere le milizie jihadiste di attaccare le minoranze religiose: almeno mille morti in una settimana, testimonianze video raccapriccianti. Gli appelli dei leader cristiani e drusi.