Il lento ritorno al nucleare. Nonostante il terrorismo mediatico
La guerra sta sdoganando il nucleare. Più di un Paese ha rinviato i suoi piani di dismissione delle centrali o addirittura incrementato i programmi di costruzione di nuovi reattori. Sempre, però, che la campagna mediatica non riprenda di nuovo a diffondere la paura dell'atomo con cronache di guerra gonfiate ad arte su Chernobyl e Zaporizhzhia.
La guerra impone all’Europa di ripensare alle sue politiche energetiche. Sta sdoganando il nucleare. Più di un Paese ha rinviato i suoi piani di dismissione delle centrali o addirittura incrementato i programmi di costruzione di nuovi reattori. Sempre, però, che la campagna mediatica non riprenda di nuovo a diffondere la paura per l’energia dell’atomo, come vediamo proprio in queste settimane di guerra.
In Belgio, il governo di coalizione guidato da Alexander De Croo aveva annunciato il completo abbandono del nucleare entro il 2025. Lo scoppio del conflitto in Ucraina e la conseguente instabilità nel mercato del gas, ha prodotto un’inversione a U. Il ministro dell’Energia, Tinne van der Straeten, proprio un’esponente del partito dei Verdi, ha annunciato una proroga per due reattori che rimarranno attivi ancora fino al 2035. Dieci anni in più di produzione elettrica con energia nucleare. La Francia, secondo quanto ha detto il presidente Emmanuel Macron poco prima dello scoppio del conflitto, costruirà atri 6 reattori nucleari per la produzione di energia elettrica. Al di fuori dell’Ue, il governo Johnson ha annunciato che nel Regno Unito verrà raddoppiata la capacità nucleare. Le centrali atomiche produrranno il 25% dell’energia totale, secondo il programma del governo conservatore.
Lo stesso tipo di dietrofront non si registra in Germania, dove già il governo Merkel aveva promesso una rapida denuclearizzazione. In gennaio avevano chiuso 3 delle 6 centrali rimaste. L’8 marzo, dopo una prima revisione del piano, il governo a guida socialdemocratica, in cui partecipano anche i Verdi in una posizione di forza, ha deciso che si deve procedere con il programma di chiusura anche degli ultimi impianti, senza proroghe. E in Italia? Per ora non si muove nulla, nonostante le aperture, almeno teoriche, del ministro Cingolani e il piccolo partito Azione (dell’ex ministro Calenda) che introduce il ritorno al programma nucleare civile nel suo programma.
La battaglia dei media contro il nucleare, però, sta intensificandosi e prendendo nuove forme. Torna sulle prime pagine il nome fatidico di Chernobyl, perché le truppe russe l’hanno occupata dal 24 febbraio, il primo giorno di guerra e si sono ritirate ieri. Praticamente solo la stampa italiana ha dato massimo risalto, da prima pagina, alla notizia di soldati russi ricoverati in Bielorussia con sintomi da sindrome acuta da radiazioni. Si tratta, per ora, solo di un’informazione non confermata, la fonte è una sola, il quotidiano Ukrainska Pravda, che a sua volta cita non ben precisate “fonti bielorusse”. L’Aiea (Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica) non ha mai lanciato alcun allarme per la sicurezza nell’area di Chernobyl. Un aumento di radioattività si è registrato nel momento in cui convogli militari russi hanno attraversato la “foresta rossa”, una zona considerata ancora pericolosa, sollevando polvere e di conseguenza disperdendo materiale ancora radioattivo. Ma la radioattività rilevata non era, neppure in quel caso, sufficiente a provocare una sindrome acuta da radiazioni. Ed è da escludere che vi siano le condizioni per una nuova catastrofe.
L’enfasi posta dai media, soprattutto italiani, su qualsiasi cosa riguardi Chernobyl e l’evidenza data ad una notizia tuttora non confermata fanno il paio con i toni catastrofistici con cui era stato descritto l'attacco russo all’impianto nucleare di Zaporizhzhia, la centrale più grande d’Europa. Cronache da panico parlavano di una “nuova Chernobyl” o anche peggio. Ma il bis della catastrofe del 1986 non era possibile, perché i reattori della centrale di Zaporizhzhia sono più sicuri rispetto agli Rbmk di Chernobyl e anche per il semplice motivo che i russi non avevano colpito i reattori.
Perché creare panico, ingigantendo i dettagli di questi episodi, mostrandoli sotto una luce ancor più sinistra? Non basta la guerra? Possiamo già leggere, dopo il conflitto, quando ci saranno da prendere decisioni sul futuro nucleare dell’Italia, gli argomenti degli anti-nuclearisti. Andranno a ripescare queste cronache per mostrare l’intrinseca pericolosità dell’energia dell’atomo. In una guerra che ha già provocato più di diecimila morti da entrambe le parti, le vittime per le radiazioni sono attualmente pari a zero. Ma la paura non conosce la matematica. E nemmeno gli interessi economici. Se anche queste notizie servissero a mettere in cattiva luce i russi, adesso, il loro effetto di lungo termine favorirà gli interessi di Gazprom. Stando all’inchiesta di Contrepoints, infatti, è proprio il Cremlino uno dei più generosi sponsor dei movimenti Verdi e anti-nuclearisti europei.