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TERRORISMO

Il jihad torna negli stessi luoghi del Charlie Hebdo

Doppio accoltellamento nello stesso luogo in cui si trovava la redazione del Charlie Hebdo. Stavolta le vittime, ferite, sono giornalisti dell'agenzia Première Ligne, ma l'obiettivo simbolico è sempre il giornale satirico. E avviene quando è appena iniziato il processo ai suoi attentatori

Esteri 26_09_2020
Parigi, sul luogo dell'attentato

Era poco prima dell'ora di pranzo di venerdì 25 quando il terrore è tornato a Parigi. Due uomini muniti di coltello hanno aggredito due persone, ricoverate in terapia intensiva d'urgenza, a rue Nicolas Appert, nell'11° arrondissement. Per il tentato omicidio la procura di Parigi ha aperto immediatamente un'indagine affidata all'antiterrorismo. Mentre la prefettura blindava l'11°, il 3° e il 4° arrondissement e bloccando anche l'uscita dalle scuole, a Parigi ci si accorgeva dei troppi elementi sospetti nell'ennesimo attentato in Francia. Anzitutto i bersagli: due persone di un'agenzia di stampa - Première Ligne - che ha sede nello stesso luogo dove c'era la redazione di Charlie Hebdo, luogo simbolo per eccellenza per l'islam. E poi la contemporaneità con il processo proprio per i fatti di Charlie Hebdo. Nella giornata di ieri, in quelle stesse ore, si svolgeva l'interrogatorio delle vedove dei terroristi islamici uccisi dopo l'attentato al giornale satirico. 

Secondo il ministro dell'interno, Gèrald Darmanin, "ovviamente è un atto di terrorismo islamista", mentre ammetteva che avrebbero potuto fare di meglio per proteggere quel luogo e come prima misura chiedeva misure di protezione più rigide per le sinagoghe. Quasi subito è stato arrestato quello che è considerato il principale attentatore e che ha anche confessato. Uno, che sostiene di essere un diciottenne del Pakistan, e non ha documenti proprio come nell'ultimo accoltellamento islamico in Francia, quando il terrorista, rifugiato, ad aprile a Romans-sur-Isère uccise due persone e ne ferì cinque.
Poco dopo è stato fermato un trentenne algerino. I due sono stati sottoposti a interrogatorio per "tentato omicidio in relazione a un'impresa terroristica" e "associazione terroristica criminale". Il pakistano, dopo le prime indagini, è risultato anche un personaggio già noto alla polizia e già arrestato a luglio per possesso di arma da taglio e di armi da fuoco. E il dito contro la polizia è già stato puntato. In tarda serata sono stati arrestati altri uomini, tutti pakistani e che vivevano con il principale sospettato. 

Nessuno dei personaggi politici di Parigi, a cominciare dall'ex presidente Hollande, s'è risparmiato di accorrere sul posto o di commentare i fatti. Tranne Macron che non ha voluto commentare. C'è chi come Gèrard Larcher, presidente del Senato, ripete "mettiamo fine all'islamismo politico, opponiamoci a quest'odio omicida, difendiamo la libertà di stampa. Restiamo uniti di fronte alla barbarie". O chi come la Marine Le Pen si domanda "quante vittime dovremo ancora avere prima di controllare rigorosamente la politica dell'immigrazione, espellere gli immigrati illegali e dare la caccia all'islamismo?" 

La condanna unanime, però, di tutta la classe politica, dice semplicemente che la paura avanza e che nessuno sa cosa fare. Intanto i francesi, con il deputato Eric Ciotti in testa, chiedono che certe decisioni per combattere l'avanzata dell'islamismo non vengano più ritardate.
Con ogni probabilità gli attentatori di queste ore non appartengono a nessuna sigla terroristica, sono solo i complici degli islamisti, i lupi solitari di cui la Francia non riesce a liberarsi, e che evidentemente sono fuori controllo. 

Secondo il filosofo Rèmi Brague, intervistato da Le Figaro, "la Republique ha dei territori perduti - come denunciò l'ex ministro Collomb prima di dimettersi in polemica, per questo, con Macron - per via del cinismo e dell'incapacità di comprendere la divisione del mondo per l'islam in 'casa della guerra' e 'casa dell'islam'".

L'ennesimo attentato arriva appena dopo le plateali minacce che la redazione di Charlie Hebdo ha ricevuto ancora, avendo ripubblicato le famose vignette in occasione dell'inizio del processo. E dopo che oltre un centinaio di media francesi ha firmato una lettera aperta per invitare i francesi a mobilitarsi per difendere la libertà d'espressione. Un'iniziativa "eroica e solenne" in solidarietà con Charlie Hebdo. Ed è stata proprio la redazione del giornale satirico, dopo l'attentato di venerdì mattina, la prima a scrivere una breve missiva alla nazione in cui sostiene: "Lungi dal terrorizzarci, tali eventi dovrebbero renderci ancora più combattivi nella difesa dei nostri valori".