Il j'accuse di Tremonti: come l'Italia fu "suicidata" nel 2011
Tremonti torna sulle vicende che a fine 2011 portarono a quello che è stato definito il “golpe bianco” contro l’ultimo governo Berlusconi. Pressione ed effetto panico indotti da Francia e Germania perché non volevamo salvare le loro banche dalla crisi greca.
-L'INCIUCIO GIALLOROSSO E' SERVITO di Ruben Razzante
In una lettera al quotidiano Italia Oggi, Giulio Tremonti torna sulle vicende che a fine 2011 portarono a quello che in Italia e all’estero è stato definito il “golpe bianco” contro l’ultimo governo Berlusconi. Lo fa perché è a quel governo che viene attribuita l’adozione delle terribili “clausole di salvaguardia” che entro breve ci imporranno l’aumento automatico dell’IVA nel caso non si facciano ingenti tagli alla spesa pubblica. L’allora Ministro dell’economia a questa accusa non ci sta e con una chiarezza stringata che finora non si era sentita da parte di nessuno dei protagonisti di quel 2011 funesto per le sorti internazionali dell’Italia, e per le tasche degli italiani, scrive non solo che la clausola vincolante la deliberò il governo Monti, ma che l’Italia era sotto ricatto.
“Il 5 agosto del 2011 la Bce inviò al Governo della Repubblica Italiana una lettera Diktat - scrive Tremonti - “se non fate quello che vi «consigliamo» non compriamo titoli del debito pubblico italiano, causandone il default.”
Di quella lettera i giornali parlarono prima ancora che arrivasse, cominciando a generare un’ansia che fino ad allora non c’era stata in quanto dalla bufera della crisi economica mondiale l’Italia era rimasta ai margini e le banche italiane non erano particolarmente esposte verso la Grecia.
Da quel momento però tutti abbiamo imparato la parola “spread”, senza avere sentore di un ricatto da parte di Bruxelles bensì con l’impressione di un’azione inesorabile di generici e impersonali “mercati” per punire una qualche colpa di cui gli italiani si erano resi responsabili. La nota di Tremonti a Italia Oggi invece è la nitida denuncia di un sopruso a livello di nazioni. E dice anche molto di più: dice che il ricatto non era per il bene anche nostro, nell’ambito della necessità di “evitare il contagio” del nostro enorme debito pubblico. No: il professore di Pavia ci informa ufficialmente che il ricatto era finalizzato a scaricare sull’Italia i problemi altrui.
Del 2011 abbiamo tutti il ricordo di un Berlusconi debole, frastornato dagli eventi finanziari, dalla ridicolizzazione planetaria dovuta al “bunga bunga” e dall’attacco alla Libia, condotto facendo circolare la foto del suo baciamano al dittatore destinato ad essere ucciso nell’ottobre di quello stesso anno dall’attacco militare guidato da Sarkozy.
Invece dalle righe lapidarie di Tremonti si ricava che il problema non era la debolezza dell’Italia, bensì la risolutezza con cui, da terzo contribuente al Fondo salva-stati, l’Italia si era opposta alla pretesa franco-tedesca di salvare le proprie banche coi soldi di tutti. Ecco infatti “il movente della citata lettera del 5 agosto: in crisi non era l'Italia, ma erano le banche tedesche e francesi creditrici della Grecia.” E “quando il Governo italiano si oppose all'uso del «Fondo Salva Stati» per salvare quelle banche – scrive Tremonti - si scatenarono gli spread e poi l'azione che ha infine portato alle gesta della «Troika» in Grecia.”
Sono rivelazioni che sulla carta, per bocca di un politico italiano non si erano mai lette. Anche perché in altri tempi atteggiamenti del genere sarebbero equivalsi a dichiarazioni di guerra. Ma dall’estero osservavano con gli eventi con stupore. Negli anni successivi infatti sono arrivate dall’estero svariate testimonianze a favore dell’Italia da parte di personalità al di sopra di ogni sospetto di simpatia per il governo che l’asse franco-tedesco voleva costringere a prendere decisioni autolesioniste. L’ex Premier spagnolo José Luis Zapatero, nel suo libro El Dilema e in varie interviste a quotidiani italiani riferì delle pressioni fatte su Berlusconi e Tremonti al G20 del 2011, in cui Angela Merkel e “i sostenitori dell’austerità volevano decidere al posto dell’Italia, sostituirsi al suo governo” e nei corridoi già si sussurrava il nome di Mario Monti. Nel libro Stress Test: Reflections on Financial Crisis, l’ex segretario al Tesoro Usa, Timothy Geithner, ha scritto di essere stato avvicinato nell’autunno 2011 da alcuni dirigenti europei, poco prima del G20, con un piano per costringere il Presidente del Consiglio italiano Silvio Berlusconi a lasciare le leve del potere. Arrivati a Cannes, Obama “trascorse la maggior parte del tempo in incontri di retrobottega il cui tema principale erano le pressioni da fare su Berlusconi”.
Queste notizie si ricavano anche da una serie di articoli di Peter Spiegel sul Financial Times e, in maniera più dettagliata, dal libro My Way di Alan Friedman, che mette il tutto anche in rapporto ai famosi sorrisini beffardi fra la Merkel e Sarkozy a spese di Berlusconi, per finire di lacerarne l’immagine, e ai contatti telefonici fra la Merkel e il Presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che quando My Way uscì nel 2015 dovette scrivere una lettera di precisazioni pubblicata dal Corriere della Sera, col che il clamore e la chiamata all’impeachment (in particolare di Beppe Grillo) non ebbero seguito.
Sul Telegraph Ambrose-Evans Pritchard sottolineò che l’Italia non aveva colpe: “A me questa vicenda era sempre sembrata bizzarra. L’Italia in precedenza veniva portata ad esempio di virtuosità, uno dei pochissimi stati dell’unione monetaria che all’epoca fosse vicina ad ottenere un surplus di bilancio primario. Non stava contravvenendo gravemente alle regole del deficit. Nell’autunno del 2011 era in crisi perché la Bce aveva alzato i tassi due volte, scatenando quella che sarebbe diventata una recessione molto profonda. Eppure la colpa di questo errore disastroso nelle politiche fu spostato e posto a carico del governo italiano.”
L’intento esplicitato era di costringere l’Italia ad accettare un qualunque prestito dell’FMI, che oltretutto doveva esserci rifiutato, facendo mancare l’appoggio Usa grazie a Geithner. In questo modo il Premier italiano, che intanto era alle prese con i suoi tanti processi, non avrebbe più avuto nessun residuo di credibilità politica e sarebbe stato costretto a dimettersi.
Adesso però il messaggio di Tremonti, alla conferma delle pressioni sull’Italia per ottenere che si “suicidasse” (termine riportato da Zapatero e riferito alla reazione dello stesso Tremonti), aggiunge anche che l’intento vero era di scaricare sull’Italia i guai delle banche tedesche e francesi creditrici della Grecia.
L’Italia, in altre parole, aveva ed ha il problema dell’enorme debito pubblico/Pil. Ma tutti gli altri indicatori nel 2011 erano a posto, i fondamentali erano sani e le banche italiane avevano una quantità modica di titoli “tossici” rispetto a quelle francesi e tedesche, per il semplice fatto che i rapporti commerciali con la Grecia li avevano soprattutto Germania e Francia, i quali alla Grecia avevano sconsideratamente venduto materiale bellico – stante il timore ellenico di conflitti con la Turchia – per un valore di miliardi.
Va messo a fuoco a questo punto come andò a finire. Sappiamo delle repentine e silenziose dimissioni di Berlusconi e dell’arrivo (improvviso agli occhi del pubblico) di Mario Monti, da Giorgio Napolitano fatto senatore a vita, con relativo stipendio, il mercoledì sera 9 novembre 2011, e subito dopo incaricato della Presidenza del Consiglio.
Nella moral suasion indirizzata agli italiani fu coinvolto, presumibilmente non su propria iniziativa, anche Papa Ratzinger, indotto a incontrare il nuovo Premier per ben otto volte nel corso del breve governo Monti, davanti a fotografi e cronisti, con ben udibili le parole pronunciate alla prima stretta di mano: “ha cominciato bene”, una leva ben più incisiva per l’opinione pubblica italiana delle lacrime della Fornero.
Ma alla fine del breve governo tecnocratico il nostro unico problema, il rapporto debito pubblico/Pil non solo si era alleggerito ma era peggiorato con una velocità record, mai registrata in precedenza.