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Il Gruppo D che voleva eliminare la Chiesa polacca

Un articolo di George Weigel rivela alcuni retroscena della lotta dei regimi comunisti per annullare la minaccia
rappresentata dal Papa slavo.

Attualità 27_01_2012
L'attentato a Giovanni Paolo II
L’elezione di un papa polacco nel 1978 mise in serio allarme l’impero sovietico, che attivò la SB (Suba Bezpieczestwa, la polizia segreta polacca) contro il pericolo destabilizzante rappresentato da uno che si qualificava apertamente «papa slavo». Il filosofo e politologo George Weigel rivela alcuni aspetti inediti dell’intricata vicenda sull’ultimo numero di «Vita e pensiero», la rivista dell’Università Cattolica milanese (n. 6, novembre-dicembre 2011).

Karol Wojtyla era seguito dall’SB fin dal suo ingresso nella vita ecclesiastica, vigilanza che si intensificò man mano che procedeva la sua carriera. Nel 1973 l’SB si dotò di un Gruppo D, il cui compito era specifico: disintegrare il cattolicesimo polacco. L’ormai cardinale Wojtyla a Cracovia ordinava clandestinamente sacerdoti per la Cecoslovacchia ma il Gruppo D non riuscì mai a coglierlo sul fatto. Si sfogò su monsignor Andrzej Bardecki, consigliere ecclesiastico del quotidiano cattolico «Tygodnik Powszechny», che fu pestato a sangue all’uscita di un incontro col cardinale.

Nel 1975 una riunione plenaria dei servizi segreti del Patto di Varsavia fece il punto su tutti gli agenti posizionati in Vaticano. Il premier sovietico Yuri Andropov, l’unico ex capo del Kgb arrivato al vertice dell’Urss, rinforzò con agenti speciali russi la SB, la quale arrivò a praticamente circondare il Vaticano appena eletto Giovanni Paolo II: «Più della metà dei diplomatici che lavoravano presso l’ambasciata polacca a Roma (…), come gli impiegati di stanza a Roma della linea aerea di stato polacca, delle agenzie di viaggio, i membri delle missioni commerciali» eccetera, coordinati dall’agente speciale «Pietro» (Edward Kotowski). Il papa, sapendo bene con chi aveva a che fare, cominciò a trattare le questioni più delicate all’interno dei suoi appartamenti, ogni sera, insieme al suo segretario Stanislaw Dziwisz. Il posto scelto era forse l’unico, in Vaticano, in cui si sapeva chi era che entrava e usciva, perché pochissime persone vi avevano accesso.

Nel giugno 1979 si svolse la storica visita del papa in Polonia e la SB chiese aiuto alla Stasi tedesca (che aveva un suo uomo in Vaticano: Eugen Brammertz –nome in codice Lichtblick - che lavorava all’edizione tedesca dell’«Osservatore Romano»). Solo a Cracovia furono impiegati ben 480 agenti, col compito di monitorare la situazione. Dopo il trionfo polacco del papa, il Comitato centrale sovietico stilò un piano («Decisione di operare contro le politiche del Vaticano nelle relazioni con gli Stati Socialisti») volto a presentare al mondo il papa slavo come una «minaccia alla pace». Ma, già l’anno seguente, la nascita del movimento di Solidarnosc gettò nel panico i vertici del Cremlino, che dovette constatare gli scarsi risultati ottenuti col metodo dell’infiltrazione.

Nel 1981 ebbe luogo il tentativo, fallito, di Mehmet Alì Agca per farla finita una volta per sempre col papa slavo. Nel 1983, seconda visita del papa in Polonia. E cambio di tattica. Fu composto un diario e lo si attribuì a un’impiegata, deceduta, dell’arcivescovato di Cracovia, Irina Kinaszewka. In questo diario l’autrice dichiarava di essere stata l’amante di Wojtyla. Il capitano Grzegor Piotrowski, del Gruppo D, ebbe l’incarico di piazzare il documento nella casa di un prelato, onde farlo saltar fuori a tempo debito. Ma il capitano, subito dopo l’impresa, si ubriacò di brutto e andò a sbattere con la sua macchina. Incapace di intendere e di volere, spiattellò tutto alla polizia stradale. Quando i fumi dell’alcool furono svaniti era ormai troppo tardi: la notizia era trapelata e il piano finì compromesso. Ma il capitano, anziché essere radiato, fu mantenuto in servizio. Fu lui, un anno e mezzo dopo, a rompere le ossa al giovane prete Jerzy Popieluszko e a gettarlo legato nella Vistola. Jerzy Popieluszko è stato recentemente dichiarato martire del comunismo e Beato.