LETTERE IN REDAZIONE
Il grido inascoltato degli studenti
“Abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti a trovare il senso del vivere e del morire, qualcuno che non censuri la nostra domanda di felicità e verità”. Così scrivevano 4 anni fa gli studenti di un liceo di Catania. E cosa è cambiato? Nulla....
LETTERE IN REDAZIONE
22_02_2012
Sono passati più di 4 anni dall’appello degli studenti del liceo di Catania dopo il barbaro assassinio dell’ispettore Raciti, un “grido” che esprime quel che c’è nel cuore di molti giovani: “Abbiamo bisogno che qualcuno ci aiuti a trovare il senso del vivere e del morire, qualcuno che non censuri la nostra domanda di felicità e verità”.
Nel frattempo nella scuola superiore è entrata in vigore la riforma Gelmini. Cosa è cambiato? Nulla! Andando a fare qualche supplenza nelle prime e nelle seconde, noto che la noia e il disinteresse sono aumentati. L’introduzione della programmazione per competenze, di un insegnamento basato sull’assimilazione di una serie di dati e informazioni, sul saper fare, sulla capacità di saper applicare e usare le conoscenze apprese, a scapito del significato, non ha portato un briciolo di novità e di entusiasmo, anzi ha distolto ancora di più l’attenzione dal problema drammatico della scuola: l’assenza di una reale esperienza educativa.
Quel “grido” è rimasto inascoltato. In Italia si riciclano riforme già fallite in altri Paesi, spacciando per innovativi vecchi schemi didattici, che presentano il solito difetto: non partono mai dal reale bisogno dei ragazzi, né dall’esperienza di chi è appassionato alla crescita dell’umanità delle persone che gli sono affidate, ma dall’applicazione di tecniche studiate a tavolino, frutto del lavoro di esperti che da anni non frequentano un’aula scolastica.
L’esperienza insegna che se non si fa una proposta educativa chiara ai ragazzi, se non si propone un percorso a partire da quel che sono io, dai miei ideali, dalle mie attese e domande, dalla mia umanità da giocare dentro tutto quello che insegno, non si va da nessuna parte. Questo io cerco di viverlo ogni giorno, purtroppo devo constatare che esperienze come la mia, tentativamente propositive del nuovo, che appassionano gli studenti alla scoperta del loro io, non costituiscono un punto di riferimento per l’istituzione e la politica scolastica, per il ministero della P.I. in modo da orientarne le scelte.
In questi anni mi sono sempre ripetuto: “La scuola non è morta perché tu vivi”, certo la scuola nuova nasce e vive del mio tentativo quotidiano, ma mi sembra sempre più urgente dire con chiarezza come stanno le cose, in modo che nessuno si illuda sul presente e sul futuro della scuola e si capisca che solo il tipo di esperienze a cui mi riferivo costituiscono una alternativa alla riforma
che non riforma nulla, al vuoto e alla noia che si respirano a scuola. In questi mesi si celebrano i riti degli “Open Day” che si limitano a presentare nuovi indirizzi di studio, curriculum, materie, laboratori, iniziative. ma non è di questo che hanno bisogno i giovani.
La scuola è un incontro con qualcuno che non censuri la domanda di felicità di un giovane e aiuti a trovare il senso della vita, dicevano gli studenti di Catania, è un mettersi insieme per scoprire la verità, tutto quello che si fa a scuola è per questo. Per capire quello di cui ha bisogno il giovane devi partire da te, devi rivivere i passaggi fondamentali della tua vita, gli incontri che ti hanno rigenerato, le ragioni e i giudizi che sostengono la tua esperienza umana, questo deve essere l’orizzonte dell’insegnamento, questa è la novità di cui la scuola ha un drammatico bisogno.
Franco Bruschi
Insegnante
Tradate (Va)