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I BLITZ DEL FISCO

Il governo insegna l'evasione dalla responsabilità

I blitz dell'Agenzia delle Entrate – seguiti a quello di due anni fa a Cortina d'Ampezzo – dimostrano una sola cosa: il governo si muove con operazioni ridicole e demagogiche che non scardinano la vera evasione.

Economia 07_08_2013
Agenzia delle Entrate

Dopo il blitz a Cortina d’Ampezzo di due estati fa, gli ispettori dell’Agenzia delle Entrate hanno ripetuto l’exploit, questa volta ampliandolo da nord a sud, nelle maggiori stazioni turistiche, da Capri a Portofino, da Taormina e Cefalù a Porto Cervo e Porto Rotondo, da Santa Margherita a Jesolo, fino alla Puglia, dove sono state visitati ben 36 esercizi commerciali, “scoprendo” un fatto documentato in tutti gli studi sul tema: che nel Sud si concentra la percentuale più alta di idiosincrasia nei confronti dello scontrino fiscale. Nel totale, le operazioni hanno riguardato oltre 100 esercizi commerciali, tra discoteche, gioiellerie, ristoranti, bar e stabilimenti. Un’operazione ridicola, oltre che demagogica, se solo si ha il coraggio di metterla al confronto con i numeri dell’evasione fiscale. Quelli veri.

Dalla relazione di quest’anno della Corte dei Conti al Parlamento, emerge che l'economia sommersa in Italia pesa per il 18% del Pil. Nella graduatoria mondiale siamo secondi solo alla Grecia. Solo per quanto riguarda l’IVA – rispetto alla quale l’Italia, sulla base di un rapporto Ocse, si colloca al penultimo posto su 33 Paesi analizzati quanto a efficienza del sistema - e l’IRAP, il vuoto di gettito causato dall’evasione, stimato dall’Agenzia delle Entrate, ammonterebbe ad oltre 50 miliardi di euro. Stando a quanto affermato nel giugno scorso dal Presidente della Corte dei Conti, Luigi Giampaolino, nel corso di un’audizione alle Commissioni Bilancio e Finanze della Camera, la pressione fiscale effettiva «si è impennata fino al 53%, dieci punti percentuali più su rispetto a quella apparente». Un dato enorme, che oltre a impedire lo sviluppo del Paese genera di per sé evasione e che nessun Governo degli ultimi anni, nonostante promesse ripetute e mai attuate, ha inteso mettere in discussione.

Ma c’è di più. Dai dati ufficiali – le tabelle del Ministero dell’Economia, depositate qualche settimana fa presso la Commissione Finanze della Camera, in risposta ad un’interrogazione – risulta che i redditi evasi al fisco e non ancora incassati dallo Stato, nell’arco temporale che va dal 2000 al 2012, ammontano a 545,5 miliardi di euro (di cui fanno parte 107,2 miliardi che riguardano soggetti sottoposti a fallimento). La somma effettivamente riscossa in questi 13 anni dall’Agente della riscossione (Equitalia) è stata pari a 69,1 miliardi rispetto al totale e, sempre secondo il Ministero dell’Economia, si attesta strutturalmente attorno al 20%, considerando l’arco di un decennio. Nella risposta all’interrogazione, il viceministro dell'Economia, Luigi Casero, afferma: «Sulla base dei dati forniti da Agenzia delle Entrate ed Equitalia, posso stimare che i 545 miliardi di euro di ruoli non ancora riscossi dal 2000 al 2012 produrranno in concreto incassi per complessivi 55 miliardi di qui al 2024. Trovo molto significativo il fatto che, sui 545 miliardi di ruoli non ancora riscossi, ben 452 miliardi (l'80%) sono riferibili ad appena 121.409 grandi debitori iscritti a ruolo per importi complessivamente superiori a 500 mila euro».

Se quest’ultimo dato venisse ritenuto veritiero – e non c’è ragione per dubitarne, essendo la fonte ministeriale – appare evidente che il problema dell’evasione fiscale, nel nostro Paese, è concentrato, in misura superiore all’80%, su una percentuale piccolissima di cittadini. Non che gli altri non siano da perseguire o “perseguitare” – visto i tempi che corrono – ma è ragionevolmente sui primi che dev’essere operato il massimo sforzo, non solo in termini economicistici o ragioneristici, ma soprattutto in termini – osiamo dire - educativi e pedagogici. Il cittadino ricco deve essere posto nelle condizioni di compiere il suo dovere a beneficio dell’intera collettività. Non gli devono essere forniti alibi di sorta. Questo è l’obiettivo da raggiungere. Né occorre pensare a tassazioni particolari sul patrimonio immobiliare o sulla ricchezza in generale. E’ sufficiente che paghi le tasse, come fanno coloro che non si possono sottrarre, perché soggetti a ritenute alla fonte. Da questo punto di vista, le azioni “dimostrative” dell’Agenzia delle Entrate nelle località turistiche, non servono assolutamente a nulla. Creano fumo e basta, se lo Stato non diventa consapevole di questa priorità e non opera in termini di prevenzione e di dissuasione, di semplificazione e di chiarezza del sistema fiscale, di diminuzione significativa della pressione fiscale per i cittadini e le imprese (ci riferiamo all’IRAP, in particolare). Misure che si annunciano da decenni, ma non si attuano mai.