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EUROPA E MAGGIORANZA

Il governo è diviso dal Mes. Salvagente da Berlusconi

C'è sempre tensione nella maggioranza di governo. Non solo la divergenza fra Pd e Movimento 5 Stelle sull'accettazione del Mes, ma anche i grillini, al loro interno, si stanno dividendo, con Di Battista alla testa della fronda anti-governo. Conte, per blindare la maggioranza, sta chiedendo e ottenendo l'aiuto di Forza Italia

Politica 21_04_2020
Conte e Di Maio

Non è solo l’epidemia ad essere diventata una questione globale. Anche la ricostruzione socio-economica italiana è al centro della definizione di delicati equilibri sovranazionali destinati a incidere sulle sorti dell’attuale esecutivo.

La sortita del ribelle grillino Alessandro Di Battista, che taceva da tempo, non è casuale. Dentro il mondo pentastellato si sta consumando una vera e propria faida tra gruppi, divisi sulle scelte strategiche da fare in Italia ma anche sulle alleanze internazionali. Di Battista, supportato da una trentina di parlamentari distanti dalla linea ufficiale, cioè quella di Vito Crimi, reggente del Movimento, ha criticato l’atteggiamento arrendevole dei suoi sulle nomine delle società partecipate, chiedendo in particolare di non avallare la riconferma di Claudio Descalzi, amministratore delegato Eni, accusato di avere troppi precedenti giudiziari e quindi lontano dai canoni a lungo predicati dai grillini rispetto alle nomine pubbliche. Ma la sortita di Dibba prende probabilmente spunto da quello per rilanciare a tutto campo la battaglia per il controllo del Movimento e per rilanciare, qualora ve ne fosse bisogno, la linea filo-cinese dei suoi vertici, sempre più appiattiti su Pechino, come lamentano con crescente disagio molti esponenti dem. Dunque Descalzi è solo un pretesto per indebolire il governo (guarda caso nella fronda alimentata da Dibba non ci sono esponenti dell’esecutivo) e per rimettere in discussione l’alleanza con il Pd.

Il Premier Giuseppe Conte, in vista del decisivo Consiglio europeo di giovedì, che dovrà prendere una decisione sul piano di aiuti Ue, ha deciso di blindarsi e di non correre il rischio di essere travolto dalla tempesta in casa grillina e ha aperto a Forza Italia. Significativa la lunga intervista rilasciata dal premier al Giornale di Alessandro Sallusti domenica, nella quale tesseva gli elogi degli esponenti azzurri, riconoscendo loro di rappresentare un’opposizione responsabile, contrapposta a quella estremista di Matteo Salvini e Giorgia Meloni.

La battaglia sul Mes andrà avanti anche nelle prossime ore, senza esclusione di colpi e rischia di mettere in gioco gli equilibri politici attuali. Infatti, contro il fondo Salva Stati, grillini, leghisti e Fratelli d’Italia si ritrovano dalla stessa parte della barricata, ma con accenti e sfumature diverse. I 5 Stelle hanno dimostrato fin dalla loro ascesa al governo, nel giugno 2018 (primo governo Conte), la netta preferenza per un asse con Pechino, linea coltivata anche dall’attuale esecutivo. I leghisti sono stati accusati più volte di essere particolarmente vicini ai russi. Il partito della Meloni, invece, contesta semplicemente l’attuale Europa dei burocrati e punta a rafforzare il sovranismo nel Vecchio Continente. Si tratta, in ogni caso, di tre forze politiche contrarie all’accordo che si andrebbe profilando in sede europea, con un premier italiano alle corde, costretto probabilmente a ingoiare un Mes in versione light, cioè con minori condizionalità e maglie allentate (almeno apparentemente) e un fondo garantito dal bilancio Ue, che però non è esattamente ciò in cui sperava (Eurobond).

La concertazione tra i partner europei passa attraverso un accordo con i tedeschi e va letta in questa chiave la ritrovata sintonia tra Angela Merkel e Silvio Berlusconi, che non a caso si è più volte espresso in favore del Mes e della necessità che in Italia arrivino al più presto i 34 miliardi del Meccanismo europeo di stabilità. Significative in tal senso le parole pronunciate ieri dalla cancelliera tedesca, particolarmente apprezzata dai suoi cittadini, stando a sondaggi recentissimi che le attribuiscono l’80% del gradimento (a inizio 2020 era del 65%) e la proiettano a vele spiegate verso il suo quinto mandato. La Merkel ha chiaramente escluso la condivisione del debito e ha precisato che occorrono misure immediate nell’interesse di tutti gli Stati europei e non di uno solo, nel quadro degli attuali accordi europei «perché per discutere di nuovi trattati servono almeno 2-3 anni».

Conte continua a dire che il Mes è inadatto al contesto e non gode di particolare fama nel nostro Paese, pensando al disastro greco di qualche anno fa. Ma in caso di compromesso con gli altri partner europei non è detto che il premier riesca a tenere unita la pattuglia grillina. Il rischio scissione tra i pentastellati è concreto. Di qui la necessità di puntellare la maggioranza con i voti berlusconiani, che, va ricordato, in questo Parlamento sono ancora tanti. Si tratterebbe di un appoggio giustificato da esigenze di interesse nazionale e circoscritto a questo accordo con l’Europa, ma che consentirebbe all’attuale esecutivo di rimanere in sella evitando una crisi al buio e dagli esiti imprevedibili. Non esiste un altro governo pronto al posto di questo e non è possibile svolgere elezioni anticipate in un clima di emergenza come quello che stiamo vivendo. Non a caso il consiglio dei ministri ha appena rimandato all’autunno le elezioni amministrative in calendario in primavera. Di tutto ha bisogno il Paese in questo periodo fuorchè di campagne elettorali.