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EUROPEI/ L'ISLANDA

Il gol più bello gli ex vichinghi l'hanno già segnato

Dopo l’Italia, oggi agli Europei c’è un incontro pressoché inedito: Francia-Islanda. Quello scommettitore che avesse puntato un solo euro prima dell’apertura degli Europei sull’Islanda qualificata ai quarti, ora potrebbe comprarsi un’isoletta nel Pacifico. A sorpresa l'Islanda ha battuto l’Inghilterra e oggi ci prova con i Bleu.

Sport 03_07_2016
Giocatore della nazionale dell'Islanda

Secondo gli stereotipi giornalistici l’Islanda è squadra rivelazione. Ma gli stereotipi conservano in sé dei germi di verità, altrimenti non sarebbero tali. Infatti, l’Islanda non si è mai qualificata per i Mondiali e questo è il primo Europeo a cui partecipa. Nella classifica Fifa se la cavava malissimo fino al luglio dello scorso anno, quando dal 131° posto volò al 23°. Qualificata seconda nel proprio girone in questo Europeo, a sorpresa ha battuto 2-1 l’Inghilterra. E ora, ai quarti, incontrerà appunto i Bleu allenati da Deschamps.

La squadra islandese ha le carte in regola per catturare la simpatia di tutti. Intanto l’Islanda – terra giovanissima, dato che emerse grazie ai suoi numerosi vulcani solo qualche manciata di milioni di anni fa – nacque come Nazione grazie a degli evasori fiscali. Narra, infatti, la leggenda che un gruppo di vichinghi si rifiutò in patria di pagare le imposte e venne messo al confino. Gli evasori non trovarono altra soluzione che solcare il mare norvegese e approdare su questa enorme isola popolandola. Una Brexit ante litteram.

Si calcola che in Islanda ci siano solo una quarantina di calciatori professionisti, di cui la metà gioca in vari Stati europei. Ad esempio, il portiere della nazionale, Hannes ?ór Halldorsson, fino all’anno scorso giocava part-time. Infatti, smise di giocare a 15 anni per un infortunio, poi da giovane iniziò la carriera di regista di documentari e videoclip. Qualche anno fa decise di riprendere in mano i guantoni per poi diventare professionista solo tre anni fa. Halldorsson ha dichiarato che finiti gli europei tornerà a fare il regista. Storia simile per il vice allenatore Heimir Hallgrímsson che di professione fa il dentista e che in vista degli Europei ha ammesso con candore che «nell’ultimo anno non ho mai preso appuntamenti in anticipo». L’allenatore Lagerback ha invece annunciato che chiusa l’avventura francese si ritirerà dal (piccolo) mondo del calcio e tornerà nei boschi a spaccar legna.

Una squadra quella islandese che vale poco nel borsino dei giocatori: un decimo rispetto alla multimilionaria Inghilterra, ad esempio. Ma molto di più in quanto a talento calcistico. Nessuno dei giocatori è in realtà un fenomeno, ma è il gruppo che fa la differenza. E non è un modo di dire. I giocatori hanno, infatti, ammesso che si trovano facilmente in campo per la semplice ragione che si conoscono quasi tutti sin da quando erano ragazzini. Karl Arnason, difensore della Nazionale, in occasione della qualifica agli ottavi ha così commentato: «mi sono qualificato agli ottavi di finale dell’Europeo con i miei migliori amici. Siamo molto uniti, questo è meraviglioso». La spiegazione è facile da darsi. 

Lo sport nazionale in Islanda è la pallamano, non il calcio. Relativamente pochi lo praticano perché il clima non lo permette. Solo di recente hanno iniziato a costruire campi indoor e quindi gli appassionati stanno crescendo esponenzialmente. Oltre a questo c’è da tenere conto che la popolazione islandese ammonta a soli 321mila abitanti, meno di quelli che conta la città di Firenze. Togliete gli infanti e gli anziani, quei pochi che volevano giocare a calcio ed erano bravi, per forze di cose si sono conosciuti sin da quando avevano le braghette corte.

Non si conoscono solo i calciatori tra loro, ma persino i giocatori con i tifosi. Sempre Arnason: «diecimila persone sono venute dall’Islanda per sostenerci, questo è sorprendente. E come avere la famiglia nella partita. Conosco il 50% dei tifosi allo stadio». Un calcio familiare e amicale, un calcio di altri tempi. Si racconta che gli allenatori delle più importanti squadre del campionato islandese prima di scendere in campo vanno nei pub delle proprie tifoserie per discutere insieme a loro schemi e formazioni. E poi li abbiamo visti i giocatori quando finita la partita si mettono sotto la curva e iniziano una coreografia fatta di mani che battono mentre tutti intonano Geyser sound, coreografia subito imitata a specchio dai loro supporter. Questi ultimi erano poi numerosissimi: il 10% di tutta la popolazione islandese è andata a vedere i propri beniamini che se la giocavano contro gli inglesi. 

Un popolo in trasferta. Tanto per capirsi è come se 6 milioni italiani fossero volati in Francia per seguire le partite degli azzurri. In Patria 32 islandesi su 1000 vanno allo stadio, in Italia neanche 4 su 1000. Questo accade perché dal Duemila hanno iniziato a costruire campi riscaldati (prima di quella data c’era un solo campo indoor) e la passione per il pallone sta volando alle stelle. Circa 21mila i tesserati: pochi in senso assoluto, una cifra sbalorditiva se rammentiamo che gli islandesi sono poco più di 320mila. Una passione alimentata saggiamente dalla federazione che ha voluto diffondere il gioco del calcio per togliere i ragazzi dalla droga, dall’alcol e dal fumo, facendo allenare i pulcini solo da allenatori tesserati Fifa. 

Un calcio letteralmente familiare: al termine delle partite i figli dei giocatori vengono tenuti in braccio dai loro papà. E di figli in giro per l’Islanda ce ne sono assai: il tasso di fertilità è del 2,23 per coppia e in costante crescita, contro l’1,38 dell’Italia tanto per fare un paragone. Tra l’altro la fascia di popolazione più numerosa è quella tra i 20 e 24 anni. I legami familiari sono poi calcisticamente forti: nelle fila dell’Islanda gioca Gudjohnsen che nel 1996 in nazionale diede il cambio a suo padre in campo. Forse è un unicum nella storia del calcio. Il mediano Emil Hallfredsson spiega poi come avviene l’allenamento: «in ritiro è tutto molto easy. Regole ma anche libertà, tipo passare le ore libere in famiglia. Io sono vicino ai miei affetti. Pure mia mamma è qui in Francia».

Insomma gli ingredienti perché l’Islanda piaccia ci sono tutti: amor per la propria bandiera, famiglie numerose, spiccato senso dell’amicizia, tenacia da ex vichinghi in campo, calcio a dimensione d’uomo con introiti in scala bonsai, spirito di gruppo, molto sudore, zero gossip, nonché quel ruolo in questo campionato europeo di Davide contro Golia che conquista subito il cuore e non solo quello dei romantici. Dopo l’Italia, oggi tifiamo per un’altra maglia azzurra.