Il Giovedì santo di chi deve decidere se dare la vita
Anche tra le nostre donne che devono decidere se dare la vita, ci sono persone di culture e tradizioni diverse, che tutte hanno bisogno dell’indispensabile per dire di sì. Possiamo decidere noi a chi dare il ‘pane’, il pane della Vita?
Questa mattina mi è capitato di passare davanti alla sede di un’associazione di volontariato denominata “Il pane quotidiano”. Una lunga fila fatta di persone, sicuramente povere, vi stazionava davanti. Ho pensato: quasi sicuramente fra tutte queste persone ci saranno mamme del nostro Centro di Aiuto alla Vita che spereranno di ricevere qualche aiuto per il cibo indispensabile.
Questa sera sono stata in chiesa: mi hanno dato un pane. Ho pensato che fosse il sostentamento indispensabile. “… Serve avere un catino, un asciugamano e un grembiule” indispensabili per servire, naturalmente.
Mi sono immaginata un lunghissimo tavolo con tante donne sofferenti per la mancanza dell’indispensabile. Tutte da servire perché possano scegliere la vita del figlio che aspettano. Vorrei poter offrire loro il ‘pane’.
Penso a una sala dove si possa mangiare, a tavola, insieme e la memoria va a una sala da approntare per una cena in una Gerusalemme di duemila anni fa. Là c’era qualcuno che sarebbe stato ‘il pane’ e che vuole essere il Signore della Vita.
Gerusalemme, vocìo di ragazzi durante l’intervallo tra le lezioni. Attraversando un dedalo di vie strette, sotto un sole cocente, con la concentrazione di chi sta per fare un’esperienza fondamentale per la sua vita, eravamo arrivati nei pressi del giardino di una scuola ebraica. Già, perché con le aspettative di visitare il Cenacolo, eravamo arrivati a quella che, secondo la tradizione degli israeliti, viene considerata la tomba di Davide, l’unto di Dio.
Da quel giardino parte la scala impervia che conduce alla stanza “Preparata per la Pasqua con i suoi”. In quella stanza non c’è nulla, il vuoto assoluto. Come impedire alla fantasia di arredare il vuoto con divani colorati, cuscini morbidi con nappe e frange, tavoli bassi su cui posare le erbe amare e gli azimi, che ricordino nei secoli l’incertezza e la fretta di coloro che partirono dalle comodità dell’Egitto per diventare uomini e popolo liberi?
L’agnello senza macchia lì rappresentato da un uomo, le coppe di vino che volevano significare il sangue che in quell’ora stava per essere versato, il piatto in cui Giuda aveva intinto il suo boccone, e il capo di Giovanni sulla spalla del Maestro? Il catino e l’asciugamano usati da Gesù per quei piedi impolverati dei suoi amici?
I miei occhi offuscati dalla commozione venivano chiamati a posarsi su un segno che stava in quel nulla, inciso su una parete, era un segno verso cui si prostravano i musulmani fedeli, durante la preghiera, in direzione della Mecca. Forse in quel momento mi sono sentita infastidita: volevo continuare a immaginare lì dentro ciò che poteva essere accaduto per poterlo collegare all’arte di Leonardo, là nel refettorio di Santa Maria delle Grazie, a Milano, la mia città.
Ricordo che per tutti gli anni della scuola superiore ho tenuto per segnalibro dell’antologia latina una cartolina del Cenacolo. In quel momento, però, venivo richiamata a pensare all’unicità del Dio delle tre grandi religioni monoteiste, i cui fedeli continuano a uccidersi tra loro. Eppure era disceso lo Spirito e le lingue diverse si erano intese. E oggi?
Anche tra le nostre donne che devono decidere se dare la vita, ci sono persone di culture e tradizioni diverse, che tutte hanno bisogno dell’indispensabile per dire di sì. Stare con loro, ascoltarle per un progetto, a qualcuno potrebbe sembrare cosa negativa. Possiamo decidere noi a chi dare il ‘pane’, il pane della Vita?
Annamaria, proprio oggi, era prenotata per interrompere la sua gravidanza. Nel colloquio mi racconta di tutte la sue fatiche. Che cosa può fare? Non ha nemmeno il pane. Si può pensare di far nascere senza l’indispensabile? No, credo proprio di no. Allora, al Centro di Aiuto alla Vita, ci mettiamo ‘il grembiule’ per poter servire la Vita. Le ho offerto accoglienza, ascolto, empatia ma, soprattutto, delle possibilità concrete. Perché l’indispensabile è anche un sostegno economico, la borsa della spesa, le ‘cose’ per il bambino che nascerà, … Abbiamo organizzato insieme un ‘progetto’ e quel progetto le ha dato la possibilità di scegliere.
Con un ‘grazie, non mi sento più così povera’, Annamaria ha stracciato il certificato che l’avrebbe autorizzata a negare la vita. Quel bambino nascerà e il desiderio è di poter sempre offrire il ‘pane indispensabile’.