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RENDITE CATASTALI

Il gioco di prestigio di Draghi sulle tasse

Benché Draghi prometta di non alzare le tasse, la rimodulazione delle rendite catastali potrebbe comportare automaticamente un loro aumento del 20%, sulla casa, di qui al 2026. E anche i rincari di luce e gas, che pesano su tutti gli altri prezzi, non sono altro che una tassazione occulta.

Politica 08_10_2021
Mario Draghi

La polemica Draghi-Salvini sulle tasse, al netto dei risvolti politici, è una questione che riguarda tutti i cittadini. C’è in ballo un possibile aumento del carico fiscale, che andrebbe ad appesantire i bilanci di tante famiglie già molto provate dalla pandemia e dal relativo peggioramento della qualità della vita. La vexata quaestio più rumorosa è quella delle tasse sulla casa, che potrebbero crescere a seguito della revisione degli estimi catastali annunciata dal governo e che comporterebbe una rivalutazione degli immobili, con conseguente incremento della tassazione.

Il premier continua a rassicurare gli italiani sul fatto che nessuno pagherà un euro in più sulla casa di proprietà, ma Matteo Salvini chiede che questo impegno venga formalizzato per iscritto. C’è chi sospetta, infatti, che la rimodulazione delle rendite catastali possa durare anni ma poi, una volta andata a regime, comportare un consistente aggravio in termini di tassazione per tutti i proprietari. Si parla del 2026 come data a partire dalla quale le abitazioni, forse anche le prime case, saranno gravate da un carico fiscale superiore di circa il 20% rispetto ai parametri odierni.

Il centrodestra, almeno a parole, fa muro contro questa ipotesi e su questa battaglia sembra compatto, ma non esistono al momento garanzie che la revisione del catasto lasci inalterata la tassazione sugli immobili. Se l’obiettivo è di far emergere il sommerso, cioè le tante proprietà immobiliari non dichiarate e quindi non tassate, l’effetto dell’operazione dovrebbe comunque essere quello di un generale rincaro, come peraltro si era letto giorni fa all’art.7 della delega fiscale tanto controversa. Mario Draghi non è un politico e lo ha indirettamente ribadito quando ha detto che «il governo va avanti e non segue il calendario elettorale». Difficilmente si candiderà mai alle elezioni e quindi non è prigioniero della logica del consenso. Potrebbe assumere anche decisioni impopolari pur di compiacere le cancellerie europee e quindi non è possibile prendere per oro colato le sue parole, in particolare le sue promesse sul carico fiscale inalterato.

D’altronde, ci sono recenti precedenti che non inducono all’ottimismo. E’ in arrivo in questo mese la stangata sulle bollette di luce e gas. La prima aumenterà del 29,8%, il secondo del 14,4%. Il governo è intervenuto mettendoci una pezza, e stanziando tre miliardi di euro per contenere gli aumenti, che altrimenti sarebbero stati del 45% per la luce e del 30% per il gas. Gli oneri di sistema e altre voci della bolletta sono stati abbattuti dall’intervento governativo, ma con effetti tenui sull’uragano che si sta comunque abbattendo sulle finanze degli italiani. L’energia, quindi, costa sempre di più e tutto questo sta già avendo un effetto devastante per le famiglie e, in generale, per i consumatori, che pagheranno di più beni e servizi.

Non è un caso che l’inflazione sia in netta crescita e abbia raggiunto, nel mese di agosto, il 2%, il livello più alto dal 2013. L’aumento medio delle bollette della luce in un anno è pari a 145 euro, per un totale di spesa finale di 631 euro. Per il gas si prevede, invece, un incremento di spesa annuo di 155 euro. Ovviamente l’impennata dei costi energetici non è un problema italiano bensì mondiale, quindi la colpa non è del Governo. ll problema, però, è che le risorse del nostro Paese per tamponare questa ondata di rincari sono inferiori a quelle degli altri Stati e dunque l’impatto da noi è maggiore. E si scarica sulle tariffe di beni e servizi, che salgono. Dal punto di vista macroeconomico questo potrebbe anche essere positivo, perchè l’inflazione alta rende più sostenibile il debito pubblico. La spesa pubblica straordinaria sostenuta dai governi, in particolare dal nostro, durante il Covid, si è aggiunta a quella già accumulata e ha generato altissimi livelli di debito, che potrà essere ripagato solo con un’inflazione alta. Al salire di prezzi e stipendi, infatti, aumenterebbero anche le tasse incassate, a valore nominale del debito invariato.

Appare dunque coraggioso e di incerta realizzabilità il disegno di Draghi di continuare a mettere soldi nelle tasche degli italiani anziché prenderne. Per una serie di ragioni, prima che i fondi europei possano generare una crescita complessiva del sistema Paese, milioni di cittadini-contribuenti dovranno fare i conti con un carico fiscale superiore al passato, un maggiore costo di beni e servizi e una contrazione dei guadagni. Il risultato finale sarà un ulteriore impoverimento del ceto medio e un peggioramento della qualità della vita. Gli incoraggianti numeri sul Pil non possono mascherare queste atroci realtà quotidiane.