Il genocidio dei polacchi in Volinia e gli errori di Zelensky
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Durante la Seconda guerra mondiale i nazionalisti ucraini compirono un genocidio in Volinia, massacrando oltre 100.000 polacchi. Le autorità ucraine non hanno mai permesso di dare degna sepoltura a quelle vittime e, celebrandone i carnefici, prestano il fianco al gioco di Putin. Lo scontro Zelensky-Nawrocki.

Il 15 gennaio 2025 il presidente dell'Ucraina, Volodymyr Zelensky, ha fatto una visita in Polonia. La sua visita si è svolta nel periodo della campagna elettorale per le prossime elezioni presidenziali. E proprio durante la sua permanenza a Varsavia, Zelensky ha criticato il candidato civico alla presidenza della Repubblica di Polonia, Karol Nawrocki, in relazione alla sua posizione sull'adesione dell'Ucraina alla Nato e all'Unione europea. Ha fatto ricorso addirittura alle minacce dicendo che se l'Ucraina non entrerà nella Nato e nell'Ue e non avrà garanzie di sicurezza, Nawrocki e tutti i polacchi dovranno iniziare ad esercitarsi per difendere il loro Paese, alludendo al ruolo della Russia. Parole inaccettabili per un presidente verso il Paese che lo ospitava.
Ma perché Zelensky ha attaccato così pesantemente il candidato nelle elezioni presidenziali? Va detto che Nawrocki è a capo dell’Istituto della Memoria Nazionale (IPN), che guarda agli attuali eventi politici anche dalla prospettiva storica. Perciò, da storico, ha sottolineato che l’Ucraina, prima di entrare nell’Ue, dovrebbe fare i conti con il suo passato che ha tanti punti oscuri. Tra questi, c’è anche il genocidio dei polacchi durante la Seconda guerra mondiale per mano dei nazionalisti ucraini nella Volinia (Wołyń), regione che prima della guerra faceva parte dello Stato polacco: fu una vera pulizia etnica perpetrata con lo scopo di creare uno Stato ucraino “puro” etnicamente. Purtroppo, il genocidio in Volinia è quasi completamente sconosciuto in Occidente.
Per capire che cosa è successo durante la guerra sui territori occidentali dell’odierna Ucraina bisogna ricordare un po’ la storia. Dalla fine del XVIII secolo i territori dell’odierna Ucraina facevano parte di due imperi: quello russo degli zar e quello austro-ungarico (la parte occidentale). Dopo la Prima guerra mondiale i territori appartenenti all’impero austro-ungarico furono assegnati al rinato Stato polacco; la parte orientale entrò nell’impero sovietico come Repubblica sovietica dell’Ucraina.
Nel 1929 gli esuli ucraini fondarono l'Organizzazione dei nazionalisti ucraini (Oun), un partito nazionalista, anticomunista con un marcato carattere fascista. Lo scopo dell'Oun era la creazione di uno Stato ucraino indipendente con metodi che includevano anche la lotta armata e il terrorismo sui territori dei Paesi dove abitavano gli ucraini cioè nell’allora Polonia, nella Cecoslovacchia e nell’Unione Sovietica.
La figura di spicco dell’Oun era il figlio di un sacerdote uniate di rito greco-cattolico, Stepan Bandera, che operava nei territori polacchi abitati in maggioranza dagli ucraini. Bandera fu uno degli organizzatori dell’attentato, nel 1934, al ministro dell’Interno polacco, Bronisław Pieracki. Fu condannato all’ergastolo ma venne liberato dai tedeschi che occuparono la Polonia. L’atteggiamento verso la Germania nazista divise i nazionalisti ucraini. Nel 1940 ci fu una spaccatura all'interno dell'Oun tra i sostenitori di Andriy Melnyk e Stepan Bandera. Il primo optò per una più stretta cooperazione con i tedeschi e in seguito creò la divisione SS Galizien (Hałyczyna) che agiva al loro fianco. Anche altri collaborarono con i nazisti, organizzando il battaglione Nachtigall, ma rimasero più indipendenti dai tedeschi. Il 30 giugno 1941 i seguaci di Bandera, all'insaputa di Berlino, annunciarono a Leopoli la creazione dello Stato ucraino indipendente. Questo atto provocò la rabbia di Hitler che fece internare Bandera in Germania. Nel 1942 fu creato in Volinia l’Esercito insurrezionale ucraino (Upa) che fu il braccio militare della fazione di Bandera dell’Oun.
L'Upa, diretto dal braccio destro di Bandera, Roman Shukhevych, fu responsabile della maggior parte dei crimini commessi durante la guerra: dopo aver sterminato, insieme ai tedeschi, la popolazione ebraica, nel 1943, realizzò il piano della pulizia etnica contro i polacchi. Nel 1939 i polacchi rappresentavano circa il 10-15% della popolazione della Volinia, ma c’erano anche ebrei, cechi e armeni. Nel febbraio del 1943, durante la terza conferenza dell’Organizzazione dei nazionalisti ucraini, fu deciso di “rimuovere” tutti i non-ucraini che abitavano le terre considerate ucraine. Durante l’estate del 1943, in Volinia, si ebbero due ondate di omicidi in 99 città: la domenica dell’11 luglio fu il culmine della carneficina. In totale, più di 100.000 polacchi furono massacrati: si trattava di intere famiglie, donne e bambini inclusi.
Questa pagina nera della storia getta un’ombra preoccupante anche sulla situazione odierna. Per tanti anni si è parlato poco dei crimini dell’Upa e di Bandera. La situazione è cambiata con la creazione nel 1991 dell’Ucraina indipendente che ha tentato d’individuare gli “eroi nazionali”. Ed è in quel contesto che è stata “ripescata” la figura di Bandera come padre della patria. All’inizio il culto di Bandera era apparso nella zona occidentale dell’Ucraina, culla dell’Upa. Tuttavia, con il passare del tempo è stato sfruttato anche dai politici nazionali. Nell’Ucraina “democratica” sono stati eretti monumenti di criminali di guerra come Dmytro Klyachkivsky, il comandante dell'Upa in Volinia, il principale responsabile dell’eccidio dei polacchi, e lo stesso Bandera. Anche i politici ucraini hanno cominciato a presentarli come patrioti tacendo sui loro crimini contro l’umanità. In questa situazione la propaganda russa ha avuto un gioco facile nel colpire gli ucraini parlando della «glorificazione dell'eredità nazista» a Leopoli e Kiev e per presentare l'Ucraina come un Paese che sta costruendo la propria identità su basi fasciste.
Il genocidio dei polacchi ha anche un altro terribile aspetto. I villaggi polacchi dove i nazionalisti ucraini perpetrarono la pulizia etnica furono spesso incendiati e sparirono dalla faccia della terra, ricoperti di boschi e campi. I polacchi assassinati furono sepolti principalmente in fosse comuni e sono sepolti ancora lì, senza essere identificati, senza avere una vera tomba. I pochi sopravvissuti ai massacri hanno sempre richiesto alle autorità ucraine di poter disseppellire dalle fosse comuni i loro cari per dare loro una degna sepoltura. Ma le autorità ucraine hanno sempre negato il permesso, anche quando le richieste sono state fatte dalle autorità polacche, compreso l’Istituto della Memoria Nazionale, oggi diretto da Nawrocki.
Qualche volta i politici ucraini si sono detti disposti a fare delle concessioni su alcune esumazioni di vittime polacche, chiedendo in cambio alla parte polacca di commemorare i soldati dell'Upa morti sul territorio polacco. Richiesta assurda e cinica, perché significa chiedere alla Polonia di commemorare gli autori degli eccidi dei polacchi. Come se le autorità slovene o croate pretendessero dall’Italia di commemorare gli aguzzini comunisti agli ordini di Tito per poter estrarre i corpi degli italiani dalle foibe.
L’errata politica storica ucraina che continua a richiamarsi alle tradizioni dei nazionalisti dell'Oun-Upa fa sì che i politici abbiano paura di ciò che potrebbe emergere durante i lavori di riesumazione. E la loro paura è giustificata, perché durante i lavori di riesumazione si scoprirebbe che gli aguzzini ucraini agirono con una crudeltà inimmaginabile. Allora ha ragione Nawrocki: se gli ucraini non risolveranno i problemi legati alle pagine nere del loro passato, se non ripudieranno certi loro “eroi nazionali”, difficilmente potranno essere accettati nell'Ue.