Il gender, il Ddl Amorese e la sussidiarietà educativa
Alessandro Amorese (FdI) ha presentato una proposta di legge sul consenso informato dei genitori rispetto ai progetti scolastici rivolti ai figli minorenni. Un’iniziativa apprezzabile, ma che affronta la questione in modo insufficiente. Spieghiamo perché.

Alessandro Amorese, capogruppo di Fratelli d’Italia nella Commissione Cultura della Camera, ha presentato una proposta di legge per stabilire che tutti i progetti, sia curriculari che extracurriculari, diretti a minorenni e che trattano argomenti di affettività, sessualità ed etica devono avere il consenso dei genitori e, a questo fine, tutto il materiale deve essere loro comunicato secondo principi di trasparenza. Il proponente ritiene che in questo modo venga ristabilita la priorità della famiglia nel decidere in merito alle scelte educative dei figli. L’iniziativa tende a correggere i molti abusi che si sono visti attuati nei progetti LGBT ispirati alla cultura gender che l’articolo 1 della proposta di legge chiama «imposizioni culturali e indottrinamenti».
In prima battuta vien da pensare: “Finalmente!”. Lungi da me, quindi, non apprezzare questa iniziativa. Dato ad Amorese quanto gli compete, bisogna però notare che la questione è mal posta e affrontata in modo insufficiente. Lo dico perché alla lunga ci potranno essere ripercussioni negative di ritorno, dovute appunto a non essere partiti con il piede (completamente) giusto.
Un primo aspetto è il seguente: ammettiamo che in una classe scolastica la maggioranza dei genitori, o addirittura tutti i genitori, vogliano che sia le materie curricolari sia alcuni progetti affidati a varie cooperative ideologicamente ispirate trattino di omosessualità e transgenderismo, proponendoli come eticamente fondati e di valore morale equivalente all’eterosessualità. A quel punto la scuola – ossia lo Stato – dovrà dar corso a quelle iniziative volute dai genitori.
Si capisce quindi un secondo aspetto: lo Stato qui si propone come eticamente neutrale su questi argomenti, o meglio come eticamente indifferente. Intende sé stesso come una macchina che distribuisce merendine a seconda della richiesta di chi inserisce la monetina. L’unica differenza è che, invece delle merendine, lo Stato distribuisce insegnamenti. Li distribuisce non alla luce del bene degli alunni/studenti, ma prescindendo da ogni concezione del bene e assegnando ai soli genitori la facoltà di richiedere l’uno o l’altro, indifferentemente.
Ecco allora il terzo aspetto. È giusto riconoscere nei genitori i primi educatori dei loro figli. Però questo loro diritto procede da un dovere, dal dovere di educarli secondo il loro bene e non in modo assolutamente discrezionale. Non esistono diritti che non nascano da doveri. I diritti sono possibilità da esercitare per realizzare un dovere. Nemmeno i genitori, quindi, possono educare come vogliono i loro figli. Il bene non lo stabilisce lo Stato, né il dirigente scolastico o gli insegnanti… ma non lo stabiliscono nemmeno i genitori.
Infine, l’ultimo passaggio. Anche lo Stato ha dei doveri e, in questo caso, il suo primo dovere non è di delegare ai genitori una propria indifferenza etica, ma di aiutarli a portare avanti il loro dovere di educare i propri figli al bene. Non si tratta di riconoscere nei genitori un diritto assoluto, equiparando coloro che vogliono educare i figli all’eterosessualità con quelli che vogliono educarli al pluralismo LGBT e preparandosi a soddisfare ambedue queste richieste in modo indifferente, nella sola dipendenza da quale bottone del distributore viene schiacciato. Lo Stato è sussidiario rispetto ai genitori, deve favorire il loro protagonismo, anche ritirandosi per fare loro spazio, ma non perché esercitino diritti scriteriati, ma perché realizzino i loro doveri fondati sul bene naturale dei loro figli.
Quali le conseguenze negative di lungo periodo? Se lo Stato si dichiara – come succede anche in questo caso – indifferente all’etica, le ripercussioni sulla tenuta morale dell’intera società saranno sempre più precarie.
Stefano Fontana