Il futuro di un Pdl responsabile
Già nel 2012 il Pdl si era diviso in "falchi" e "colombe". Allora aveva avuto la meglio Berlusconi, oggi, a causa dell'assenza di alternative al governo Letta, lo strappo del Cavaliere è fallito. Ora il Pdl deve adottare una linea unificante: valori non negoziabili, riduzione della spesa e delle tasse.
Quanto accaduto negli ultimi giorni fra Camera, palazzo Grazioli e Senato ha un precedente alla fine del 2012: allora, come ha ricordato in queste ore qualche commentatore, in prossimità delle elezioni politiche, un gruppo consistente di esponenti del Pdl provò a dare alla principale formazione del Centrodestra una configurazione meno “urlata” e di maggiore attenzione ai contenuti, nella prospettiva di uno schieramento che avrebbe potuto vedere insieme lo stesso Pdl e la squadra che l’allora premier Monti aveva deciso di allestire. Ci fu anche un affollato convegno, Italia popolare, in un teatro romano, durante il quale intervennero gran parte dei protagonisti delle vicende di oggi, da Quagliariello a Lorenzin, da Sacconi a Roccella, da Formigoni a Lupi, per ricordare solo alcuni nomi, che fu concluso da Alfano. Il tentativo non riuscì perché nel giro di pochi giorni Berlusconi riprese in mano la guida del Centrodestra imponendo la propria linea, grazie a un consenso popolare che, per quanto attenuato rispetto ad anni precedenti, era ancora forte; Alfano lasciò perdere, tutti gli altri si misero al seguito, tranne chi ritenne di lasciare la scena politica. Monti, consigliato da personaggi che guardavano solo a sinistra, si mostrò poco interessato a ricevere consensi dal Centrodestra e da chi avrebbe potuto, se pure in parte, attrarli.
Rispetto a dieci mesi fa è andata diversamente. Il Governo in carica, con i suoi limiti e le sue lentezze, si mostra senza alternative; questo stato dell’arte è percepito da larga parte degli italiani, a cominciare da chi vota per il Centrodestra; Berlusconi si è trovato per la prima volta in distonia con la maggioranza del suo elettorato, e ciò ha accentuato le sue già serie difficoltà sul fronte giudiziario; Alfano ha tenuto la posizione; chi lo ha affiancato lo ha attivamente sostenuto in questo sforzo. Quali scenari si aprono ora per il Centrodestra e – cosa che ci interessa in modo particolare – per la sorte di quei principi naturali cui sono sensibili fasce consistenti del suo elettorato?
È un dato obiettivo che, nella lacerazione che ha riguardato lo schieramento alternativo alla Sinistra, la parte che ha avuto la peggio è quella che è apparsa più vicina a Berlusconi, e che al tempo stesso negli ultimi mesi aveva accompagnato il dissenso sempre più marcato verso il governo Letta a un tratto radicale e libertario. Da Bondi a Galan, è l’ala del Pdl che ha spinto per la legge anti-omofobia, che si è espressa per il riconoscimento normativo delle coppie di fatto, che si è mostrata entusiasta nell’adesione ai referendum radicali, inclusi quelli che non trattano di giustizia. Non c’è da illudersi che costoro rinunceranno a proseguire su questo piano, ma conforta che fra coloro che nelle ultime ore hanno prevalso tanti abbiano già dato prova di generosità e di buon senso sui temi eticamente sensibili.
La partita in corso è delicata: corrisponde a logica politica non cercare la scissione dal Pdl, bensì convincersi che in ogni angolo del mondo civile lo schieramento conservatore vede convivere esponenti che hanno a cuore i fondamenti del diritto naturale ed esponenti liberal, sempre pronti a trasformare in diritti i desideri, con lo sforzo degli uni teso a mostrarsi dominanti verso gli altri. Chi oggi, Alfano in testa, ha vinto un round importante, è consapevole che avrà maggiore incidenza politica se sarà alla testa di tutto il partito, e quindi dell’intero schieramento alternativo alla Sinistra, per lo meno fino a quando questo sarà umanamente possibile. Per conseguire quest’obiettivo non vanno abbandonati i temi cavalcati da Berlusconi con maggiore foga nelle ultime settimane, da una riduzione effettiva del carico fiscale – non col mero passaggio di una imposta da una denominazione a un’altra – a un altrettanto effettivo riequilibrio dei rapporti fra amministrazione della giustizia e altri poteri dello Stato. Vanno affrontati con la decisione che meritano, ma aggiungendo qualcosa di più: il passaggio dal facile slogan alla difficile concretizzazione. Allo stesso modo va sciolto il nodo del “più società meno Stato”: se non per convinzione per necessità, visto che solo sul terreno di una reale de-statalizzazione – impegno finora nella sostanza disatteso – si trovano le risorse per diminuire le tasse senza aggiungerne altre.
È arduo il compito che attende ministri e parlamentari di Centrodestra che, a differenza di qualche mese fa, hanno mostrato di voler perseguire una prospettiva diversa dal “muoia Sansone con tutti i Filistei”. Proprio per questo merita attenzione. Banco di prova saranno da subito la sorte dell’Imu, che interessa gran parte delle famiglie italiane, e quella della legge antiomofobia, che interessa solo qualche intollerante lobby ideologica. Guardare con professionalità e con meno propaganda la complessità e la concretezza dei problemi quotidiani e far pesare nella coalizione la propria contrarietà a derive egemoniche relativiste può costituire la conferma che le scelte degli ultimi giorni non erano “contro” qualcuno, bensì “per” il bene comune.