Il Financial Times attacca la Meloni, come fece con Berlusconi
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Previsioni molto fosche del Financial Times, quotidiano della City londinese, per il governo Meloni. Ricordano molto la condanna dello stesso giornale al governo Berlusconi, nel 2011. Sono analisi imparziali o dettate da un'agenda politica? La seconda ipotesi non è campata per aria.
Novembre 2011, il cerchio internazionale si stringe attorno al Governo Berlusconi. La macchinazione dei poteri forti per farlo cadere ha quasi raggiunto il suo obiettivo. A dargli il colpo di grazia è il Financial Times, che in un editoriale esorta l’allora premier italiano a lasciare il potere: In nome di Dio, dell’Italia e dell’Europa, vattene!.
Sono passati 12 anni da quella spietata operazione a tavolino per disarcionare un governo figlio di una maggioranza eletta dai cittadini e affidare le sorti del Paese a un governo tecnico. Chi lo presiede chiede subito, in cambio del “sacrificio” di assumere la guida dell’esecutivo, la nomina a senatore a vita, dopo di che mette insieme una squadra assai eterogenea che ufficialmente salva l’Italia, in realtà sovverte la volontà popolare senza far risalire realmente l’economia.
Oggi la storia sembra ripetersi, o almeno ci sono avvisaglie che possa ripetersi. Delle manovre goffe e in malafede di una parte di Europa per mettere in difficoltà l’Italia su Pnrr, immigrati e patto di stabilità si è detto più volte. Ora ci si mette anche la grande stampa internazionale, che prende di mira Palazzo Chigi con critiche feroci e foschi presagi.
Il Financial Times, nel mettere in luce le difficoltà che attendono il governo italiano nei prossimi mesi, ricorda la revisione al ribasso delle stime di crescita dell’Italia, già molto contenute (1% quest’anno e 1,5% l’anno prossimo) e ora in ulteriore contrazione. “La luna di miele è finita e le imprese si stanno rivoltando contro il governo”, sentenzia il quotidiano economico-finanziario britannico parlando del nostro Paese e fotografando la sua situazione alla vigilia del varo della manovra finanziaria.
Per il Financial Times, quella che attende la coalizione di centrodestra è “la sua prova più grande”, ovvero “trovare un equilibrio tra le risorse” nazionali “in diminuzione e il rispetto di alcune delle sue promesse elettorali di tagliare le tasse e aiutare le famiglie in difficoltà”. Amy Kazmin, che firma l’articolo, scrive che gli investitori stanno “osservando attentamente per determinare se Meloni manterrà il suo impegno di disciplina fiscale – anche se l’economia italiana vacilla – o sarà tentata da una politica fiscale espansiva o da altre misure non ortodosse”.
Inoltre sottolinea che “mentre la crescita vacilla, gli investitori si chiedono se l’Italia possa ancora raggiungere l’obiettivo di ridurre il deficit fiscale al 4,5% del Pil nel 2023 e al 3,7% nel 2024, o se il governo Meloni aumenterà l’obiettivo del deficit questo mese”. Il tutto in una condizione in cui, prosegue il foglio della City londinese, “vi sono forze all’interno della coalizione che non sono realmente in sintonia con i mercati o con gli interessi degli investitori”.
In altri termini, la tesi sviluppata in quell’articolo è che la Meloni sarebbe tra l’incudine dell’austerità imposta dalla congiuntura internazionale e il martello delle promesse elettorali di riduzione delle tasse che potrebbe non riuscire a mantenere, il che finirebbe per erodere rapidamente il patrimonio di fiducia dei suoi elettori. Ciò potrebbe avere conseguenze nefaste anche in termini di riduzione dell’accesso dell’Italia ai fondi Ue.
Forse anche la tassa sugli extraprofitti delle banche potrebbe aver disturbato più di qualcuno a livello internazionale ed è forse anche per questo che l’incubo spread, che tolse il sonno 12 anni fa a Berlusconi e ai suoi, sta tornando a materializzarsi in queste ore. Il differenziale tra i titoli italiani e i titoli tedeschi, già in risalite, sempre secondo il Financial Times potrebbe schizzare oltre i 200 punti già fra qualche mese, con inevitabili conseguenze sulla tenuta sociale e sulla stabilità politica del nostro Paese.
Ma dietro il Financial Times c’è qualcuno che rema contro l’Italia o le valutazioni dell’autore dell’articolo riflettono semplicemente una sua convinzione? In realtà a ispirare quell’articolo sono due esponenti della sinistra, il che toglie molta credibilità all’articolo stesso. Filippo Taddei, economista di Goldman Sachs, che boccia la politica del governo Meloni e anticipa scenari cupi per il nostro Paese è lo stesso Filippo Taddei che dal 2013 al 2017 ha guidato il dipartimento economico nazionale del Partito Democratico. Con lui c’è un altro opinionista un po' sospetto. Si chiama Lorenzo Codogno, capo economista al Ministero dell’Economia fino al 2015, che solo qualche mese fa, al Festival dell’economia di Trento, esaltava l’economia italiana come “la più resiliente”.
A entrambi sarà arrivato un ordine di scuderia? Non possiamo saperlo ma crediamo non sia sbagliato immaginarlo. Eppure entrambi trascurano la crisi dell’economia tedesca, più grave di quella italiana, le turbolenze dei mercati internazionali, le manovre spericolate della Bce che certamente non aiutano la crescita. Nel mirino c’è sicuramente la Meloni, ma al di là delle critiche che le vengono rivolte non c’è alcuna traccia di rimedi o di soluzioni alternative. Sembra che l’obiettivo sia al momento solo quello di distruggerla per propiziare alternative che neppure s’intravvedono. Quadro nebuloso, che forse si chiarirà nei prossimi mesi, man mano che si avvicinerà la tornata elettorale europea.