Il film su Barbarin, diffamazione di un innocente
Si intitola, in modo dissacrante, “Grazie a Dio” ed è uscito nelle sale nel 2019, prima ancora che si concludesse il processo contro Barbarin per presunta copertura di abusi su minori. Processo in cui il cardinale è stato assolto quest’anno. Ma per il film di Ozon, pieno di luoghi comuni, l’arcivescovo di Lione era colpevole a priori… E gli hanno dato pure l’Orso d’Argento.
Ma si può fare un film che accusa una persona mentre questa è ancora sotto processo? Evidentemente in Francia sì. Non sappiamo se il cardinale Barbarin di Lione abbia dato il suo consenso ad essere rappresentato. Sappiamo solo che a suo tempo presentò le dimissioni a papa Francesco e questi le rifiutò.
Barbarin, che volle affrontare il processo civile, è stato assolto nel 2020, mentre il film che lo riguarda è uscito nelle sale nel 2019. Nella mia città non era stato distribuito, c’era un unico cinema che lo proiettava. Sì, avete indovinato. Quello parrocchiale. D’essai. In effetti, l’idea di proporlo ai frequentatori di parrocchia è giusta e lodevole: la piaga dei preti pedofili è una realtà ed è bene che se ne parli anche, per così dire, in casa. Anche perché, come si è appena visto a proposito degli scout americani - laici, si badi - pedofilia e pederastia non sono monopolio del clero cattolico, anzi. Ma è inutile sventolare le statistiche di altre religioni e altre aggregazioni giovanili, da quelle sportive a quelle scolastiche: il clero cattolico è nel mirino, sia perché fa impressione (il clero cattolico è ormai il solo a difendere, almeno a parole, la castità), sia perché il mysterium iniquitatis vuole che sia sempre esso e solo esso sotto i riflettori.
È bene, dunque, dicevamo, mostrare un film che ne parli. Meno bene, però, dopo averlo visto. Infatti è praticamente a senso unico e la tesi è che il cardinale di Lione non solo abbia insabbiato il caso mostrato nel film, ma abbia rimesso il pedofilo a contatto con i bambini. La storia è presto detta: c’è uno che, al solito dopo trent’anni, vede in foto il prete che ha abusato di lui quand’era ragazzino ed entra in crisi. Si attiva e contatta gli altri abusati. Formano un comitato che protesta col cardinale. Ma, poiché il cardinale fa muro di gomma, si rivolgono alla polizia e parte una denuncia penale.
Alcuni luoghi comuni politicamente corretti finiscono nelle maglie della trama. Per esempio, nel burrascoso colloquio tra la prima vittima e il cardinale, quest’ultimo accenna all’omosessualità e la pedofilia di certi casi portati alla sua attenzione. Subito la vittima protesta: eh, no, l’omosessualità è un semplice orientamento - sottinteso, innocuo - mentre la pedofilia è cosa gravissima. Lo spettatore, tuttavia, è indotto a glissare sul fatto che le vittime del prete pedofilo di cui si chiede la testa sono tutti maschi.
E poi altri prevedibili luoghi comuni, come quello che perde la fede in Dio per l’abuso subito e nessuno che gli spieghi che tra gli Apostoli c’era anche Giuda. Un altro luogo comune, atto a quanto pare a colpire l’immaginario dell’utente medio, riguarda la «potenza» della Chiesa di Francia. Il comitato, infatti, viene più volte messo in guardia del fatto che rischia di finire come Don Chisciotte coi mulini a vento.
Certo che nel Paese più scristianizzato d’Europa, con un clero cattolico ridotto numericamente al lumicino, con la Massoneria più estesa e ramificata del continente, col maggior numero di attacchi e profanazioni a edifici sacri, con le periferie in cui i cattolici non entrano nemmeno, con la laïcité obbligatoria e imposta dallo Stato, parlare seriamente di «potenza» della Chiesa può venire in mente solo a un regista. Ah, dimenticavo: il film si intitola Grazie a Dio e il regista, nonché autore del soggetto, si chiama François Ozon. Orso d’Argento al Festival di Berlino. E te pareva…