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ISLAM

Il fascino discreto dei Talebani

I talebani pakistani attaccano a Karachi. E allargando la visuale oltre il Pakistan vediamo altre azioni analoghe in Siria e in Nigeria. Mirano a catalizzare l'attenzione di popolazioni locali esasperate dalla corruzione dei loro governi.

Esteri 11_06_2014
Talebano

Con uno spettacolare raid suicida durato quasi 12 ore e che ha causato 37 morti e due dozzine di feriti, i talebani pachistani del Tehrek-e-Taliban Pakistan (TTP) hanno attaccato, domenica sera, l'aeroporto internazionale Jinnah di Karachi. Un attacco in puro “stile talebano”, che mirava cioè a conseguire un obiettivo mediatico e simbolico mostrando al mondo le capacità del movimento e sfidando apertamente le forze di sicurezza di Islamabad. Nessuna speranza di successo per i 12 terroristi, tutti morti, ma l’obiettivo di ridicolizzare le forze governative mostrandone l’incapacità di prevenire azioni del genere peraltro prevedibili, è stato certamente raggiunto. Nonostante i raid aerei di rappresaglia sui campi del TTP (cui ha risposto un  nuovo attacco contro un check-point ancora nei pressi dello scalo aereo di Karachi) il raid di domenica mette in imbarazzo il premier Nawaz Sharif, che in questi mesi ha cercato la strada del negoziato con il TTP, movimento che ha rivendicato l'operazione, in realtà riuscita solo a metà, dal momento che i militari hanno impedito a sei terroristi di sequestrare un aereo carico di passeggeri.

Nella sua rivendicazione il portavoce ufficiale del TTP, Shahidullah Shahid, ha detto che «abbiamo sferrato questo attacco per vendicare dell'uccisione di Hakimullah Mehsud (capo del TTP) e dei brutali assassinii dei nostri prigionieri in carcere». Lo stesso Shahid ha poi precisato che «gli attacchi continueranno fino a quando non vi sarà un accordo di pace reale con il governo» con un chiaro riferimento ai negoziati intrapresi e rivelatisi finora inconcludenti.  «Credo che dopo l'incidente all'aeroporto di Karachi - ha detto Waqas Shah, autorevole giornalista della tv Khyber Tv - difficilmente vi sarà una possibilità che il governo negozi ulteriormente con i talebani e non è da escludere che le forze di sicurezza realizzino presto una operazione anti-talebani nel Waziristan settentrionale».

Allargando la visuale al di fuori del Pakistan gli atti terroristici degli ultimi mesi evidenziano una crescente diffusione di azioni suicide effettuate da movimenti jihadisti o legati ad al-Qaeda con il chiaro obiettivo di catturare l’attenzione dei media globali e mettere in ridicolo governi e forze militari e di polizia, confermandone l’incapacità di fermare i commando terroristici islamisti prima che colpiscano. In Nigeria le numerose incursioni di Boko Haram sono culminate con il sequestro di quasi 300 ragazzine, la cui condizione ha mobilitato e commosso il mondo intero e fin troppi vip che hanno contribuito, con tweet ed interviste, a dare risalto e prestigio ai qaedisti dell’Africa Occidentale. Non a caso, ieri, i terroristi nigeriani hanno rapito altri 20 donne. Stesso percorso degli Shabab somali responsabili negli ultimi mesi del grande assalto kamikaze al Westgate Mall di Nairobi, di attentati in Uganda e in un locale frequentato da occidentali a Gibuti.

Anche in Iraq i qaedisti dello Stato islamico dell’Iraq e del Levante (ISIS) conducono da mesi azioni militari spettacolari occupando temporaneamente intere città (Fallujah, Ramadi, Samarra e in questi giorni Mosul) ed evidenziando così i limiti delle forze di Baghdad abbandonate troppo frettolosamente dagli statunitensi nel 2011.

Azioni che non faranno vincere la guerra ai terroristi, ma che consentono di “tenere alta la bandiera”, rinnovando e innalzando la minaccia, nella consapevolezza che spetta alle forze governative stroncare il fenomeno terroristico, mentre per i movimenti insurrezionali è sufficiente sopravvivere e colpire obiettivi ad elevata visibilità per dimostrare la propria forza. Una strategia applicata per anni anche dai talebani afghani e soprattutto dalla rete Haqqani, basata nel Waziristan pakistano (come il TTP) e responsabile di molte spettacolari incursioni a Kabul, Jalalabad, Khost e altre città dell’Est afghano. In vista dell’ormai imminente ritiro delle truppe della NATO i talebani hanno ridotto notevolmente queste incursioni e gli analisti si sono divisi tra chi sostiene che la forza degli insorti sia oggi fortemente ridotta e chi valuta che, al contrario, i talebani attendano la partenza degli ultimi militari alleati (dall’anno prossimo ne resteranno solo poche migliaia, con compiti di consulenza e addestramento per le truppe di Kabul) per riprendere l’offensiva su vasta scala e tornare a Kabul.

In ogni caso l’esame delle azioni terroristiche condotte in diverse aree del mondo dai movimenti islamisti, accomunati dall’obiettivo di istituire Stati (califfati) retti  dalla sharia, rivela anche l’obiettivo di catalizzare consensi tra l’opinione pubblica  interna ai singoli Paesi, al di là dei singoli gruppi etnici e delle regioni dove i gruppi armati godono già di un robusto supporto popolare. Afghanistan, Pakistan, Nigeria, Sahel, Yemen, Somalia non hanno in comune solo la presenza di gruppi jihadisti molto forti e radicati, ma anche alcuni fattori politici e sociali quali una diffusa miseria e un elevato tasso di corruzione a tutti i livelli dell’amministrazione pubblica. 

Proprio la corruzione viene percepita da milioni di diseredati come la causa principale della povertà e della mancanza di prospettive economiche, favorendo così la penetrazione ideologica del modello arcaico islamista basato sulla sharia. È una legge islamica proposta dai talebani, vista, non solo in termini di strumento di punizione, ma anche come legge superiore in grado di assicurare quel benessere e soprattutto quella giustizia sociale che regimi laici e pseudo democrazie non sono riusciti ad garantire neppure in Paesi resi potenzialmente ricchi dallo sfruttamento delle risorse energetiche (come la Nigeria) o che, come l’Afghanistan, hanno ricevuto decine di miliardi di dollari di aiuti dalla comunità internazionale senza ricadute proporzionali sulle condizioni di vita delle popolazioni.