Il dramma dei profughi siriani
La guerra civile che da oltre due anni sconvolge la Siria si stima abbia prodotto oltre 100mila morti, al ritmo di 5mila al mese. Mentre la battaglia infuria, si consuma il dramma dei profughi, circa 2 milioni.
La guerra civile che da oltre due anni sconvolge la Siria si stima abbia prodotto oltre 100mila morti, al ritmo di 5mila morti al mese. Secondo i rapporti di Save the Children, all'interno della Siria 4 milioni di persone hanno bisogno di assistenza umanitaria, compresi i 3,6 milioni di sfollati interni, di cui più di un milione si sarebbe aggiunto negli ultimi due mesi.
Mentre infuria la battaglia, che molti analisti considerano decisiva, attorno all'aeroporto internazionale di Aleppo, la seconda città del Paese, per conquistare la quale i ribelli lanciarono un anno fa una massiccia offensiva e che le forze fedeli al presidente Bashar El Assad stanno cercando ora di riprendersi, continua il dramma dei profughi, che conosce dimensioni spaventose. Se ne contano 6mila al giorno, decine di migliaia al mese e secondo le Nazioni Unite hanno raggiunto il numero complessivo di circa 2 milioni – che potrebbero diventare 3 milioni entro la fine dell’anno - di cui 2/3 hanno abbandonato il Paese dall’inizio di quest’anno. Vivono nei campi d’accoglienza sorti ai confini con la Turchia, il Libano. l’Egitto e la Giordania. Più della metà sono bambini e molti di loro arrivano nei campi separati dai genitori. Sono oggetto di un’ondata di xenofobia molto grave, tanto che L’Agenzia per i rifugiati delle Nazioni Unite (Unhcr) ha espresso le sue preoccupazioni, denunciando perfino che tra gli arrestati e i detenuti in Egitto, sono inclusi diversi minorenni e siriani registrati presso l’Unhcr.
Issam Bishara, responsabile per la Siria dell'Agenzia papale per il sostegno umanitario e pastorale in Medio Oriente (Cnewa) – che è attiva lungo il confine libanese nel fornire sostegno alle famiglie cristiane sfollate, greche, siriane, ma soprattutto armene - ha spiegato nei giorni scorsi ad Asia News che "A differenza di Turchia e Giordania, il Governo libanese ha preferito non rendere ufficiali i campi profughi lungo il confine siriano. Si tratta piuttosto di accampamenti improvvisati dagli stessi rifugiati siriani, su aiuto di partiti locali o donatori arabi". Antonio Guterres, Alto commissario per i rifugiati presso le Nazioni Unite, ha reso noto, in un rapporto diffuso un mese fa, che il numero di profughi presenti in Libano ha raggiunto una cifra pari al 25% della stessa popolazione libanese. Secondo la Caritas libanese, nei campi, dove è assai difficile assicurare l’intervento umanitario, iniziano a scoppiare le prime epidemie, alle quali si aggiunge l’inasprimento degli scontri confessionali. L’ingresso in campo di Hezbollah (il ‘partito di Dio’ libanese) al fianco di Assad, ha infatti rovesciato le sorti del conflitto in Siria in favore del regime, ma ha riacceso un violento scontro confessionale tra sciiti e sunniti in Libano, dove i rifugiati vengono considerati un grave rischio socio-economico. In base ai dati di un sondaggio diffuso di recente, l’ 82% dei libanesi accusa i siriani di rubare lavoro e più del 54% dei libanesi ritiene che si dovrebbero chiudere del tutto le frontiere ai siriani.
In questo contesto, foriero di rischi incalcolabili per l’intera Regione, da un lato alcuni Governi europei si limitano a fare appelli ai loro cittadini, perché con la generosità delle donazioni aiutino la sopravvivenza dei profughi accolti nei campi, che in questa torrida estate devono affrontare la pericolosa mancanza di acqua e dall’altro sembra sempre più lontano l’inizio di una Conferenza di pace - i colloqui erano inizialmente previsti per maggio; in seguito a difficoltà nel concordare chi avrebbe preso parte ad essi, il calendario era scivolato a giugno, poi a luglio e adesso si dice che il mese buono sarà settembre – che da più parti viene ritenuto l’unico strumento in grado di dipanare la situazione siriana.
Un dato è certo: quello diffuso, nei giorni scorsi, dal vice- segretario generale dell’ONU per gli affari umanitari, Valerie Amos, la quale ha comunicato che circa sette milioni di siriani hanno bisogno di aiuto umanitario urgente e che per mantenere i siriani dentro il Paese e dare sostegno ai profughi occorrono 3,1 miliardi di dollari. Sulla promessa degli aiuti fatta dai Governi occidentali - insieme ad un’azione politica finalmente seria ed efficace - si gioca buona parte dell’esito della crisi Siriana e il futuro del Paese.