Il dovere dell'amore
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«Laura, che aveva trascorso la mattina a ricordare, dicendosi che nulla andava dimenticato, nulla di quel mostruoso Natale 2021, sentì che al dovere della memoria si deve affiancare il dovere dolce e leggero dell’amore».
La suoneria della sveglia - il canone in Re maggiore di Pachelbel - fece aprire dolcemente gli occhi a Laura. «È Natale» disse con un sorriso. Di lì a poco era già in cucina a mettere a bollire l’acqua per il tè. Mentre aspettava, cominciò a leggere i messaggi di auguri che erano arrivati. Rispose subito a quello di sua sorella, che diceva: «Sei proprio sicura di voler venire?».
Rispose con un «confermo» accompagnato da uno smile.
Poi fece scorrere gli altri messaggi: le amiche, che ogni mattino le inviavano messaggi infiorati di fiorellini e cuoricini, un paio di cugini, e poi, con una certa emozione, vide che le aveva scritto il don. Era il suo vecchio parroco, trasferito agli inizi del 2022 in una remota parrocchia di montagna. Si diceva che fosse stata la punizione per non aver rispettato a dovere le regole durante la pandemia. Il don era andato a portare l’Estrema Unzione (sì, diceva ancora così, all’uso antico) e in qualche omelia aveva espresso pacatamente ma fermamente il suo pensiero su tutto il baraccone mediatico sorto intorno alla pandemia. Il don aveva celebrato anche i funerali di sua mamma, quando era morta nella Rsa dove era ricoverata, senza che lei avesse potuto vederla, salutarla, stringerle la mano. La struttura era chiusa da diversi giorni, e non aveva potuto andare a trovarla. Aveva saputo della sua morte per telefono, una mattina. L’aveva vista due giorni prima, in una grottesca videochiamata, con la mamma che non riusciva nemmeno a capire quello che le diceva, e che l’educatrice sommariamente le spiegava. Non riuscì a dimenticare per molto tempo quegli occhi tristi dietro la mascherina, che le sembravano chiedere: perché non vieni a trovarmi?
Il don l’aveva aiutata molto a superare il senso di colpa per non averla potuta aiutare.
Mancavano pochi giorni al Natale, il triste Natale del 2021, il più triste nella sua vita, e in quella di tantissime persone.
Al lavoro era trattata male: la guardavano con ostilità, qualcuno con vero e proprio odio.
«Vedrai quando ti ammalerai, e finirai dritta in rianimazione» le disse una collega. E un altro aggiunse ad alta voce: «Quelli come voi, se le dovrebbero pagare le cure. Pagare!» accompagnando le parole col gesto un po’ lubrico che significa “sganciare” i soldi. Anche i vicini di casa la evitavano. Solo uno, un giorno, si era fermato a mostrarle un video che girava sui social: erano tre delle più famose virostar della televisione, che cantavano con voce stonata una parodia grottesca di Jingle Bells: “Sì sì vax, sì sì vax, vacciniamoci! Con la terza dose tu sicuro più sarai…” «Di certo morirai» fece eco Laura, modificando la rima e ricorrendo a tutto il suo senso dell’umorismo e al suo coraggio. Il vicino si allontanò imprecando contro di lei.
Il peggio tuttavia doveva ancora venire. L’antivigilia di Natale le telefonò sua sorella. «Non penserai certo di venire a pranzo il giorno di Natale? Non ci pensare nemmeno».
Laura replicò che stava bene, non aveva alcun sintomo febbrile o respiratorio, e che non era certo un’untrice.
«Il Mauro ha proposto che tu faccia un tampone per venire qui, ma io non sono per niente d’accordo. Io non mi voglio certo ammalare, non voglio morire per colpa tua!».
Laura si stupì della durezza di sua sorella, e di questo tono isterico. Non era mai stata così. Era cambiata. «Una terribile bruttezza è nata» le disse poi il don, parafrasando un celebre poeta irlandese. «La gente è impazzita» disse Laura. «È diventata cattiva, piena di odio».
Fu così che Laura passò il suo primo Natale da sola, messa al bando dai suoi parenti per motivi sanitari. Non nascose le lacrime, e il dolore. Ma il giorno di Natale lesse e rilesse il messaggio che le aveva mandato il suo amico sacerdote: «Sai provar gioia senza un motivo? Dimmi, sai aver fede senza una speranza?» Era una citazione di Chesterton, da un libretto, un poema, che il sacerdote le aveva regalato.
Ora, due anni dopo, in un più tranquillo Natale 2023, Laura lesse con sorpresa il messaggio che aveva ricevuto, che riportava la stessa frase. Ma il sacerdote aveva aggiunto: «È Cristo il motivo della nostra gioia. È Gesù che nasce la nostra speranza».
Laura pensò a lungo alla risposta da dare, ma alla fine scrisse solo «grazie». Con calma avrebbe elaborato una risposta, anche perché gli avrebbe scritto di quel pranzo di Natale che tra poco avrebbe fatto.
A mezzogiorno esatto Laura arrivò a casa di sua sorella. Suonò a fatica, con le braccia ingombre dei pacchi coi regali. Le aprì Mauro, con un sorriso stentato, che non riusciva a nascondere il dolore, e forse anche altri sentimenti.
«Vieni. Accomodati in salotto. La abbiamo messa lì».
«C’è qualche miglioramento?» chiese Laura.
«Nessuno» disse il marito. «Abbiamo fatto la settimana scorsa l’ennesima visita neurologica. Stavolta era un professorone. Non riescono a capire quale sia la causa. Mi ha fatto il nome di qualche strana sindrome. Poi ha allargato le braccia e mi ha detto che allo stato attuale non ci sono cure», disse l’uomo con gli occhi arrossati.
Laura si avvicinò alla sorella. Aveva gli arti superiori rigidi. Non riusciva più a camminare. Articolava a mala pena qualche parola. La sorella la guardò, con uno sguardo interrogativo, che sembrava urlare una domanda: perché? Guardava Laura sana, forte. Da qualche tempo sembrava perfino ringiovanita, e nel suo sguardo pieno di dolore si intravedeva anche un terribile, angosciante dubbio. Laura, che aveva trascorso la mattina a ricordare, dicendosi che nulla andava dimenticato, nulla di quel mostruoso Natale 2021, sentì che al dovere della memoria si deve affiancare il dovere dolce e leggero dell’amore. Si chinò sulla sorella, abbracciandola forte, con tutta la forza - ed era davvero tanta - che era dentro il suo cuore.