Il doppio gioco dei sindacati sull'obbligo di Green Pass
Dopo la boutade di Confindustria, che aveva preannunciato un giro di vite sui dipendenti delle imprese, obbligandoli alla vaccinazione, i sindacati restano molto ambigui. Sì al Green Pass, ma che non diventi pretesto per licenziare o demansionare, dice Landini (contraddicendosi). Ambiguo Bombardieri su diritto alla salute e diritto al lavoro "senza forzature da una parte e dall'altra".
Il dibattito in corso sull’obbligo vaccinale si arricchisce ogni giorno di particolari surreali. Dopo la boutade di Confindustria, che aveva preannunciato un giro di vite sui dipendenti delle imprese, obbligandoli all’iniezione del siero in nome della tutela della salute, i sindacati anche questa volta hanno deciso di fare il doppio gioco.
Con sfumature diverse da sigla a sigla, anche per poter continuare a giustificare la loro già pallida esistenza agli occhi dei lavoratori, Cgil, Cisl e Uil si stanno arrampicando sugli specchi per salvare capra e cavoli e fare in modo di non perdere definitivamente la faccia con i loro iscritti, ma compiacendo al tempo stesso il governo e gli imprenditori.
Lunedì i leader sindacali hanno incontrato il premier a Palazzo Chigi e hanno praticamente ceduto su tutto. In sintesi, se già domani, quando è previsto un consiglio dei ministri, il Governo dovesse decidere di introdurre per legge l’obbligo di vaccinazione per alcune categorie di lavoratori, le organizzazioni di tutela dei lavoratori non si opporrebbero. E allora qualcuno direbbe: tutto chiarito, tutto risolto.
E invece qui casca l’asino: i sindacati avvertono di non voler fare sconti e quindi si dicono pronti ad accettare l’obbligo di green pass, magari facendo ricorso al lavoro da remoto, ma precisano che si opporranno con tutte le loro forze al licenziamento e al demansionamento di chi non vuole vaccinarsi. In altre parole, se ci fossero lavoratori contrari al vaccino e favorevoli a tamponi continui pur di ottemperare alle norme sul green pass, il Governo non dovrebbe discriminarli rispetto ai non vaccinati. Stesso obbligo dovrebbe ricadere su Confindustria, che invece continua a coltivare il sogno dell’obbligo vaccinale per tutti i lavoratori delle aziende private.
Il paradosso è che di fronte a questa disputa perfino gli opposti si attraggono. Tanto che la posizione espressa lunedì dal segretario generale della Cgil, Maurizio Landini sembra la fotocopia di quella di Carlo Bonomi, Presidente di Confindustria. «Non abbiamo nulla in contrario sul piano del principio all'estensione del green pass come strumento che certifica l'uso del vaccino – ha precisato Landini, di fatto aprendo all’obbligo vaccinale - Ma abbiamo ribadito che questo non può diventare uno strumento che le imprese possono utilizzare per licenziare, per demansionare o per discriminare i lavoratori o le lavoratrici». Ma se il vaccino diventasse obbligatorio quali sanzioni immagina il leader del sindacato per gli eventuali trasgressori? Non è dato saperlo.
Così come appaiono ancor più nebulose le dichiarazioni di Pierpaolo Bombardieri, segretario Uil: «Noi siamo vaccinati, sostenitori del green pass per il tempo libero, ma il diritto alla salute e al lavoro sono principi garantiti dalla Costituzione sui quali bisogna intervenire con grande delicatezza, senza forzature da una parte e dall'altra». Quindi secondo Bombardieri c’è un’antinomia tra obbligo vaccinale e garanzia del diritto al lavoro? Quindi lui si oppone all’obbligo vaccinale? Non è dato saperlo e non l’ha in ogni caso esplicitato.
Va peraltro ricordato che da venerdì diventerà obbligatorio il certificato verde per potersi sedere ai tavoli di bar e ristoranti al chiuso, e per poter entrare in cinema, teatri, palestre, piscine, centri termali, eventi sportivi, spettacoli anche all’aperto, fiere e congressi. L’estensione del green pass ai trasporti a lunga percorrenza – treni, aerei, navi, traghetti - divide le forze politiche, con la Lega contraria. Il Carroccio teme infatti che il turismo possa risentirne e che in ogni caso si tratti di una misura troppo penalizzante per la mobilità delle persone. Ma l’incognita maggiore riguarda la riapertura delle scuole con l’ipotesi di obbligo vaccinale per gli insegnanti e il personale scolastico e quella dell’applicazione del green pass anche a tutti i luoghi di lavoro.
Ancora una volta va sottolineato che la priorità dovrebbe essere potenziare i trasporti pubblici locali, che nell’estate scorsa furono ignorati e che in settembre, con la riapertura delle scuole, diventarono il principale serbatoio di assembramenti e conseguenti contagi. Il distanziamento sui mezzi pubblici non può essere garantito se non con particolari accorgimenti e quindi si dovrebbe partire da lì con gli interventi di prevenzione di nuove ondate, anziché concentrarsi su obblighi che rischiano di produrre fratture sociali senza risolvere comunque l’emergenza. I sindacati hanno scelto di dare un colpo al cerchio e uno alla botte, per salvare il rapporto con il Governo senza perdere la residua fiducia dei lavoratori. Anche a costo di distruggere le libertà di questi ultimi.